Stella di Lemmen, una nuova realtà nel cuore delle Cinque Terre
Quando ho ricevuto da parte di Riccardo Gabriele di Pr Vino l’invito a un pranzo presso lo storico ristorante Al Ceppo di Roma, dove si sarebbe presentata l’azienda Stella di Lemmen, non ho esitato a dare la mia adesione.
Non solo per la sempre ottima cucina di questo locale di Via Panama, quasi ad angolo con Piazza Ungheria, nel quartiere Parioli, ma perché sapevo che la sede di questa piccola realtà è Riomaggiore, nelle Cinque Terre, un luogo che amo particolarmente e ho perlustrato almeno una dozzina di volte, tanto da essermi anche sposato nella vicina Vernazza.
Questo angolo di paradiso deve molto alla vita agricola dei secoli passati, che con il suo operato ha forgiato quelle colline prospicenti il mare ligure.
Agricoltori che, purtroppo, stanno scomparendo per mancanza di ricambio generazionale; qui la terra è dura per chiunque, non solo per fare vino, ma per qualsiasi attività agricola, poiché ci troviamo in una zona impervia, difficilissima da lavorare, interamente a mano (i più fortunati hanno la monorotaia con vagoncini aperti per il trasporto di piccole quantità di materiali), su suolo principalmente sabbioso, del resto l’arenaria è tipica delle zone vicine al mare. Sabbia che porta seri problemi nella realizzazione dei terrazzamenti vitati.
Ma Lucia Bruzzone e Diego Feola, lei di Bordighera e lui di Genova, si sono innamorati delle Cinque Terre, tanto da avere deciso di tornare dalla Germania dove lavoravano, per stabilirsi a Riomaggiore, in una casa faticosamente trovata in collina, a 400 metri di altitudine. L’idea di fare vino è arrivata in seguito e Lucia è stata subito chiara: “Se vogliamo investire in questa attività, dovremo farlo impattando il meno possibile, lavoreremo in biologico e biodinamico, ogni opera dovrà rispettarne il territorio e il paesaggio, questo insediamento agricolo abbandonato deve tornare a splendere in perfetta sinergia tra uomo e natura, altrimenti non se ne fa nulla”.
E così è stato, nel 2015 iniziano i primi passi, soprattutto sul piano burocratico, perché le Cinque Terre sono sotto la tutela dell’UNESCO, e per ottenere le autorizzazioni hanno dovuto superare numerose difficoltà, per non parlare dei tanti appezzamenti di terra abbandonati, tutti di proprietari diversi con i quali è stato molto faticoso ottenere la vendita. Con il 2016 iniziano i primi impianti di albarola, bosco e vermentino; nel 2018 si passa alle uve rosse: grenache e canaiolo, a cui successivamente si aggiungerà il syrah. La scelta di questi vitigni nasce dal fatto che, non c’è un’uva a bacca rossa tipica delle Cinque Terre, inoltre queste varietà, e in particolare la grenache, danno eccellenti risultati a queste altitudini, grazie alle correnti che nei periodi più caldi consentono alle uve di rinfrescarsi nelle ore notturne.
In tutto sono 5 ettari di proprietà, di cui 3,5 a vigneto. Non è un caso che quest’oasi è raggiungibile solo a piedi, attraverso il sentiero 593 del Parco Nazionale che collega Riomaggiore a Portovenere.
Nel cuore di Lucia c’è la passione per questa terra e la consapevolezza che va evitata la classica scelta monocolturale, così i vigneti sono affiancati da piccoli uliveti, orti, frutteti e giardini di erbe aromatiche e officinali, l’ecosistema è prioritario.
Nel 2020 prima annata in commercio, poche migliaia di bottiglie del Limen, che rappresenta l’emblema del percorso aziendale, ottenuto da Albarola, Bosco e Vermentino in percentuali variabili secondo l’annata; è ottenuto da una co-fermentazione spontanea, senza l’uso di lieviti selezionati, per esaltare la freschezza e la purezza del frutto, la macerazione può durare da 36 ore fino a 5 giorni e si svolge in acciaio, dove seguono 8 mesi di contatto con le fecce fini. Il suo nome, che richiama il toponimo latino del luogo, simboleggia il confine tra terra, mare e cielo.
L’112358 è ispirato alla sequenza di Fibonacci, simbolo di ancestralità e armonia, è ottenuto da albarola e vermentino in egual misura e viene vinificato in anfore dell’Impruneta, crude per avere il massimo contatto con il vino, 9 mesi con le fecce fini, ma sempre in anfora.
L’Astro è il terzo e ultimo vino bianco aziendale, ottenuto da bosco per il 60%, albarola e vermentino per la restante parte. Il bosco viene vinificato separatamente in anfora con macerazione di 5 mesi sulle bucce, mentre vermentino e albarola vengono vinificate in parte in tini di acciaio e in parte in barrique nuove di rovere francese.
Ultimo arrivato a Stella di Lemmen è l’unico rosso prodotto, il Caligo, ottenuto da grenache per il 90% e canaiolo per la restante parte, ma le future annate vedranno anche l’ingresso del syrah. Anche in questo caso la fermentazione è spontanea e si svolge in tini d’acciaio inox con macerazione di 5 giorni; una particolarità: il 25% della massa è stato lasciato con il raspo.
Il vino affina in damigiane di vetro da 54 litri per 12 mesi.
Dal 2021 l’attività in vigna e in cantina è seguita dall’enologo Konstantin Spinetti, che ha subito trovato un’ottima sintonia con la visione aziendale e sta contribuendo in modo evidente agli sviluppi della personalità dei vini.
LA DEGUSTAZIONE
Limen 2020 (vermentino 40%, bosco 40%, albarola 20%): colpisce subito per il colore oro caldo, l’impatto iniziale dei profumi è piuttosto maturo, il frutto è a tratti quasi candito (pesca, mango), ma sebbene la maturità sia un tratto che ritrovo anche al palato, i minuti lasciato nel calice ne hanno migliorato alcuni aspetti, dimostrando una maggiore vitalità e freschezza. Evidente la presenza sapida e minerale, anche all’assaggio.
Limen 2021: tra tutti i vini bianchi presentati questo è l’unico che si distingue già nel colore, paglierino medio con riflessi verdolini, premessa di una trama olfattiva giovane, agrumata, si sentono le erbe aromatiche, elicriso, salvia e rosmarino. Molto interessante anche al palato, coerente nella trama ancora giovane e molto fresca, poco mobile forse, ma è anche normale in questa fase, a mio avviso ha maggiori prospettive evolutive del precedente.
Limen 2022: oro vivace, più fine e centrato all’olfatto del 2020, mantiene sempre il tratto maturo ma meglio controllato, tanto più se pensiamo che è stata un’annata molto calda, la componente alcolica però emerge più evidente rendendolo al palato leggermente più carico, ciò nonostante il frutto è piacevole e le erbe aromatiche affiorano a tratti.
Limen 2023: oro profondo e luminoso, annata decisamente difficile, con la maturità delle uve che faticava ad arrivare; più contratto al naso, lascia trasparire la macchia mediterranea e un frutto integro. In bocca, al contrario del precedente, non si sente la spinta alcolica, c’è un buon equilibrio anche se è un vino meno leggibile per ora.
112358 2022: è il vino che mi ha maggiormente colpito, l’anfora gli ha donato una sincerità espressiva affascinante, equilibrato sia nei profumi che al palato, è il vino che ha trovato la migliore espressione e corrispondenza naso-bocca. Un vino che sorprende a ogni sorso, arricchito da un finale di arancia amara molto stimolante.
Astro 2022: la presenza del vitigno bosco è evidenziata da una percezione tannica al palato, tutt’altro che fastidiosa, il vino è equilibrato dal legno e questo lo rende coinvolgente, intenso, in crescita, segno di un lavoro meditato che sta già dando buoni frutti.
Caligo 2022: prima annata sorprendente, naso con un frutto intenso e avvolgente, tracce di fiori rossi, percezione salmastra; bocca ricca e al contempo misurata nel mostrarsi, non esagera mantenendo un profilo elegante e profondo, con finale balsamico.
Roberto Giuliani