“Rome Edition” 2018: la longevità dei vini dell’Alto Piemonte

Un vero successo l’evento Taste Alto Piemonte che si è svolto lo scorso 14 gennaio a Roma presso le sale del Radisson Blu, organizzato da Riserva Grande in collaborazione con Percorsi di Vino, che ha visto la partecipazione di ben 24 aziende aderenti al Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte.
Un’area vitivinicola che si sta sempre più facendo conoscere e riconoscere sia dal pubblico degli appassionati di vino, sia ancor di più dagli operatori del settore.

Come è stato ricordato dai tanti produttori presenti e da Andrea Petrini durante il seminario dedicato alle capacità evolutive del nebbiolo dell’Alto Piemonte, questo territorio, prima del secondo dopoguerra era senza dubbio tra le aree più vitate d’Italia. Poco a poco, con la crescita industriale le campagne si sono spopolate e c’è stato un netto calo nelle superfici vitate, tanto che alcune denominazioni più piccole hanno rischiato di scomparire.
Andiamo per ordine e cerchiamo prima di tutto di dare una maggiore indicazione geografica sulle aree che afferiscono a questo territorio e a quelle che sono le varietà presenti, oltre al Nebbiolo, qui noto con il nome di Spanna, che è sicuramente tra i protagonisti indiscussi.
L’Alto Piemonte è la più storica zona di produzione del Piemonte, comprende 1300 ettari complessivi, l’area Vitivinicola dell’Alto Piemonte si distribuisce intorno alle province di Biella, Novara, Vercelli e Verbania, all’interno di queste quattro province troviamo ben 8 DOC (Boca, Bramaterra, Colline Novaresi, Coste della Sesia, Fara, Lessona, Sizzano, Valli Ossolane) e 2 DOCG (Gattinara, Ghemme). I Nebbioli dell’Alto Piemonte godono di una notevole longevità nel tempo, date da freschezza, mineralità e trama tannica.
L’Alto Piemonte era un supervulcano, che appena cessata la sua attività è collassato e con la formazione delle Alpi, tutto ciò che era sotto la bocca di fuoco è emerso.
Territorio dove il fattore distintivo e di forte riferimento è senza dubbio il Monte Rosa che d’inverno protegge le viti dai venti freddi del nord e d’estate contribuisce ad abbassare le temperature, ma non vanno dimenticate le risaie, che apportano calore e umidità.
Ci troviamo di fronte a un’area caratterizzata da terroir profondamente differenti, con suoli di origine diversa che donano caratteristiche uniche ai vini qui prodotti. Basti pensare come il terreno cambi anche a distanza di pochi chilometri, come accade nei due comuni Gattinara (Vercelli) e Ghemme (Novara), divisi dal fiume Sesia che ne segna il confine o come a Boca dove troviamo ciottoli, sabbia e limo e porfidi quarziferi. Se pensiamo invece alla DOC Lessona ci sono suoli composti da sabbie con conchiglie, mentre a Bramaterra si trovano ben tre tipi di suoli a distanza di pochissimi chilometri, dai calcarei a suoli alluvionali, che danno vini completamente diversi. A Gattinara l’origine vulcanica dei suoli conferisce ai vini grande sapidità, mentre a Ghemme, dove i terreni sono di formazione fluvio-glaciale, si ottengono vini senza dubbio più strutturati.
Questo insieme di fattori naturali in primis e la voglia degli abitanti di queste aree di preservare le varietà da sempre legate a questo territorio, costituiscono l’unicità del luogo e garantiscono risultati esemplari, dando vita a vini di grande qualità e finezza.
Stanno tutti insieme lavorando su quelli che sono i loro vitigni, credono in quelli che da sempre sono stati i vitigni legati a questo territorio.
Tra le varietà autoctone ritroviamo, oltre al nebbiolo, l’uva rara, la vespolina e la croatina, è interessante constatare come ogni singola varietà riesca a dimostrare il proprio spessore e la propria identità e come il nebbiolo trovi favore nell’allearsi con la vespolina, che in maturazione diventa molto dolce e quindi attrattiva per le vespe, l’uva rara e la croatina. Quasi tutti i vini in assaggio sono prodotti da nebbiolo in compartecipazione con una o più di queste altre varietà.
Come primi vini sono stati serviti due Fara, denominazione storica legata alla provincia del 1969, zona che è caratterizzata da terreni fluvio glaciali, che hanno lasciato ciottoli, limo e un poco di argilla. Denominazione prodotta da disciplinare con una percentuale minima di nebbiolo del 70% che può essere coadiuvata dalla vespolina o dall’uva rara.
Sono stati serviti il Fara Ciada Riserva 2011 Vigneti Valle Roncati, composto 20% vespolina e 10% uva rara, dove si ritrovano profumi di piccoli fiori e frutti a bacca rossa, dove si apprezza l’aspetto salino gustativo. Il tannino si fa sentire, ma è accompagnato da una dolcezza di sottofondo che gli conferisce una sincera gradevolezza.
In successione il Fara 2010 Francesca Castaldi, leggermente più evoluto del precedente all’olfatto, caratterizzato anche qui da piccoli frutti rossi, come ribes e fragola matura, leggermente più terroso e con leggere note ematiche. Al palato il tannino si rivela e mostra la sua potenza, lasciando un finale di liquirizia amara. Si passa poi al Ghemme, che da disciplinare prevede minimo l’85% di nebbiolo e un massimo di vespolina e uva rara pari al 15%; anche qui siamo in presenza di terreni alluvionali composti da limo e argilla, ma ci troviamo a una quota altimetrica più alta rispetto al Fara.
Come terzo vino ci viene quindi servito il Ghemme “Ai Livelli” 2009 di Tiziano Mazzoni, il suo cru, composto da 100% nebbiolo, il cui impianto è del 1978 e per la cui produzione vengono utilizzati lieviti indigeni. Si rivela un vino di grande importanza e personalità, profilo olfattivo austero e con sentori di frutta scura, come prugna e ciliegia, china, che al palato si allarga e dimostra la sua grande sapidità e persistenza. Senza dubbio un vino di grande complessità e profondità, che a tavola dà il meglio di sé.
Passiamo poi al Bramaterra, zona, che come detto in precedenza, porta ad avere anche a distanza di pochi chilometri o addirittura in vigne dello stesso produttore, una varietà di suoli. Il Bramaterra Riserva 2008 La Palazzina è composto per l’80% da nebbiolo, 10% da croatina e un 5% rispettivamente di vespolina e uva rara. Ha un profilo olfattivo davvero complesso, con note floreali, cenere, frutti di bosco, liquirizia, che si confermano al palato, dimostrando ancora freschezza, tannicità e sapidità e tutta la sua giovinezza.
Si torna poi al Ghemme con il Ghemme 2007 Ca’ Nova, anche questo un 100% nebbiolo, che propone all’olfatto eleganti note di prugna, tabacco e richiami balsamici. Il sorso è corposo, dinamico e di lunga persistenza.
Segue il Lessona San Sebastiano Allo Zoppo 2005 Tenute Sella, composto dall’85% di nebbiolo e il restante 15% da vespolina, che proviene da un vigneto posto sull’omonima collina di Lessona. La fermentazione avviene in vasche di acciaio, affina in botti di rovere di Slavonia per 25 mesi e 12 mesi in tonneaux di Allier. Una leggera chiusura e introversione olfattiva iniziale, che pian piano si dirada, esprimendo toni di frutti rossi maturi, mentolato, speziato, con un soffio di grafite in sottofondo. Al palato si distingue la grande concentrazione, una trama tannica decisa e delicata allo stesso tempo e di buona lunghezza.
Adesso è la volta della seconda DOCG presente in questo areale, parliamo di Gattinara, area in cui i terreni sono caratterizzati dall’abbondante presenza di rocce porfidiche di origine vulcanica, ricche di minerali ferrosi, che contribuiscono a dare il caratteristico colore rosso alla terra.
Per la degustazione è stato scelto il Gattinara Osso San Grato 2005 di Antoniolo, una delle aziende più rappresentative dell’areale. La vigna Osso San Grato è uno dei Cru maggiormente stimati dagli appassionati, scarsi 5 ettari coltivati totalmente a nebbiolo, con viti di circa 60 anni di età.
All’olfatto si evidenziano profumi di grande eleganza che virano tra toni floreali di violetta, china e un fruttato di arancia candita. Al palato la sua personalità emerge caratterizzata da un tannino deciso e asciugante, profondo e masticabile.
Si torna poi al Ghemme, con il 2000 di Torraccia del Piantavigna e con il Ghemme Vigna Ronco al Maso 1997 Platinetti. Piantavigna era il nome del nonno materno dell’attuale proprietario Francoli, anche qui siamo in presenza di un nebbiolo in purezza, un vino dotato di grande personalità, dove si evidenziano all’olfatto toni di frutta piuttosto matura e si avverte una componente balsamica di rabarbaro piuttosto netta, si spinge poi su registri di sottobosco e tabacco, con sottofondo di pepe nero e liquirizia. Al palato ha una bella persistenza e intensità. Il Ghemme Vigna Ronco al Maso 1997 Platinetti è segnato da toni olfattivi di rosa, goudron e composta di mirtillo. Chiude il seminario il Boca, altra denominazione che si identifica con l’omonimo comune del novarese, a pochi passi dalla più famosa Gattinara.
La Doc 1996 di Vallana, evidenzia all’olfatto note piuttosto cupe, in prima battuta sentori di caffè, torrefazione, poi poco a poco emergono sbuffi floreali.
Un vino che si disvela con lentezza, senza dubbio interessante come espressione della longevità di questa denominazione.
Valutazione: da @ a @@@@@
Fara Riserva Ciada 2011 – Vigneti Valle Roncati @@@@
Fara 2010 – Francesca Castaldi @@@+
Ghemme Ai Livelli 2009 – Mazzoni @@@@@
Bramaterra Riserva 2008 – La Palazzina @@@
Ghemme 2007 – Ca’ Nova @@@@@
Lessona San Sebastiano allo Zoppo 2005 – Tenute Sella @@@
Gattinara Osso San Grato 2005 – Antoniolo @@@@
Ghemme 2000 – Torraccia del Piantavigna @@@@+
Ghemme Vigna Ronco al Maso 1997 – Platinetti @@@@
Boca 1996 – Vallana @@@+
Fosca Tortorelli