Taurasi 2007. L’importanza di esserci
Premessa
Prima di entrare nel merito delle considerazioni circa annata e vini, una doverosa premessa: Taurasi 2007, che di fatto ha nuovamente riaperto la stagione delle anteprime, è andata in onda senza l’intervento di finanziamenti pubblici o appoggi istituzionali. Dalla prospettiva della scomparsa definitiva di un evento fondamentale per uno dei vini più importanti del meridione, vale a dire Anteprima Taurasi, se n’è usciti con la passione, mista ad una buona dose di rischio e intraprendenza, da parte di alcuni attori ben precisi: Paolo De Cristofaro, giornalista del Gambero Rosso, Miriade & Partners (Diana Cataldo, Lello del Franco e Massimo Iannacone), la delegazione AIS di Avellino e, soprattutto, 33 produttori taurasini che hanno pensato fosse cosa buona e giusta continuare a presentare in anteprima il frutto del loro lavoro.
Ricominciare da qui, da tutto quello che si è visto e vissuto di positivo, è quanto di meglio si possa augurare a tutti coloro che hanno deciso di comunicare un territorio che ha bisogno di tutto, tranne che di scomparire dall’agenda delle degustazioni annuali.
Questione di aspettative
Pensare alla coppia aglianico-Taurasi, per molti, significa automaticamente posizionare pensieri e aspettative in un settore ben preciso della memoria enoica: quella dove siedono i grandi vini italiani. Di carattere, evocativi di un varietale ben preciso e di un terroir, quello irpino, ricco di diversità, sfaccettature e, perché no, contraddizioni. Non diversamente, quindi, dall’approccio e dalle risposte che ci si aspetta quando ci si trova in Langa piuttosto che nel Chianti Classico o a Montalcino. Viene, però, da farsi una domanda: i produttori di Taurasi sono consapevoli delle grandi aspettative con le quali giornalisti, degustatori e operatori di settore si avvicinano ai vini di questa denominazione?
Di fatto, dall’aglianico irpino ci si aspetta di trovare vini che avranno una longevità di grande spessore, tannini di razza, freschezze pimpanti, al netto delle annate ovviamente, ma comunque in grado di donare slancio e spina dorsale, aromaticità schiette e irruenti in gioventù, ma di carattere sin da subito, che lasciano intravedere la possibilità di evolvere in complessità con il passare degli anni.
Insomma, dal Taurasi ci si aspetta molto, come da un Barolo, da un Barbaresco, da un Brunello. Davanti al bicchiere le attenuanti di rito non trovano spazio: non importa se la vendita di un Taurasi è infinitamente più difficile rispetto a quella di un Barolo, sia in Italia che all’estero; non importa delle oggettive difficoltà ambientali del territorio irpino rispetto a quello ilcinese o chiantigiano. L’aglianico è uva che pretende di diventare un vino emozionante, coinvolgente. Durante la degustazione, tutto il resto può aspettare.
Prove tecniche di confronto
Tra i tanti aspetti positivi di Taurasi 2007, uno dei momenti più originali e significativi è andato in scena nel tardo pomeriggio di sabato 22 gennaio, dopo che le sessioni di degustazione erano terminate al mattino. Una sala del Castello Marchionale di Taurasi (la foto del castello è stata prelevata da L’Arcante, il blog del sommelier Angelo di Costanzo), tanti tavolini disposti come in un’osteria d’altri tempi, giornalisti e produttori seduti insieme coordinati da Paolo De Cristofaro.
La cifra di molti degli interventi della stampa è stata: ci aspettavamo di più. La declinazione delle motivazioni diversa a seconda degli interpellati. C’è chi ha sottolineato la presenza ancora troppo invasiva di un interventismo in cantina che limita ed imbriglia (Gianpaolo Gravina de l’Espresso), chi l’aumento della qualità media, ma l’assenza di eccellenze (Gianni Fabrizio de Il Gambero Rosso), chi la latitanza di un carattere territoriale ben preciso e vario tanto quanto lo sono i comuni che ospitano le viti di aglianico taurasino (Monica Coluccia di Bibenda) o la presenza, ancora, di lacune da colmare con una tecnica di base in cantina migliorabile(Gigi Brozzoni del Seminario Veronelli).
Quali le reazioni dei produttori? Delusione? Sorpresa? Scetticismo? La percezione che sembra trasparire è quella della mancanza di una diffusa consapevolezza da parte di molti attori della scena taurasina circa l’incredibile potenziale che hanno a disposizione. La risposta alla domanda iniziale con la quale abbiamo aperto la nostra breve analisi è, di fatto, negativa. Da una parte c’è una stampa di settore esigente e probabilmente poco disposta a indulgere quando ha davanti un Taurasi; dall’altra una base produttiva che cresce, qualitativamente e numericamente, di anno in anno, ma alla quale manca ancora una coscienza collettiva che si traduca in vini che osino, senza timori, verso quelle punte di eccellenza che da un territorio come questo ci si aspetta. In questo momento si esegue bene il compitino: per puntare alle vette, bisogna probabilmente rischiare di più.
L’annata 2007
È evidente, dopo i risultati emersi dal nuovo sistema di rating dell’annata, che è presente una certa distanza tra le considerazioni di enologi, agronomi e produttori da una parte e stampa dall’altra. Se inserissimo il giudizio dei consumatori finali, probabilmente, avremmo un ulteriore, differente, punto di vista. Tutto, quindi, come da copione.
Un’annata giudicata eccezionale quanto a sanità delle uve portate in cantina, si è poi scontrata con un giudizio meno entusiasta da parte dei giornalisti. Il risultato finale, di 16/20 (annata ottima) ha, però, un valore relativo al momento, considerando anche lo spirito con il quale gli organizzatori hanno deciso di rivedere il vecchio sistema di valutazione. Al di là del passaggio dalle stelle (da una a cinque) ai ventesimi, la non staticità del giudizio è l’aspetto probabilmente più innovativo. Ogni anno si presenterà l’opportunità di ritestare un campione significativo di vecchi millesimi: il giudizio, quindi, con la prova del tempo, potrà migliorare, così come peggiorare (eventualità che si è verificata proprio quest’anno dopo il tasting alla cieca di 12 campioni di Taurasi dell’annata 2001).
Annata calda e asciutta si è detto. I timori di una precoce maturazione delle uve non si sono tradotti in maturazioni fenoliche non complete: tannini verdi se ne sono sentiti pochi, per fortuna. L’acidità, secondo alcuni meno presente come si sarebbe dovuto, in realtà non è stata la vera grande assente. Ciò che è mancato, all’interno di un quadro generale più che soddisfacente quanto a qualità media, è stato il territorio. Complice l’annata calda, che probabilmente ha uniformato molte diversità, piuttosto che un uso ancora troppo disinvolto del legno, il dato che molti volevano che emergesse con chiarezza è stato quel carattere che solo vini dichiaratamente legati ai differenti areali di provenienza sanno donare.
I vini
Urciolo e Pietracupa, in questo momento, gli assaggi più convincenti. Del Taurasi dei fratelli Urciolo se ne apprezza il bel tannino grintoso e di razza, insieme ad una vena acida che rende la beva snella e di bella persistenza. Ancora più convincente il campione di Sabino Loffredi: qualche nota riduttiva iniziale lascia poi spazio ad una struttura di bello spessore, ad un’appagante freschezza e ad un’aromaticità di frutto e spezie, ma anche di lievi e intriganti note di erbe aromatiche. Da riprovare quando il rovere sarà completamente assorbito, ma già ora di grande prospettiva.
Interessante la prova di Antico Castello, una sorpresa: potente, sin quasi aggressivo nella trama tannica (non ci si aspetta d’altronde il contrario da un Taurasi in fasce) al naso mostra un bel campionario di spezie fini. Anche in questo, caso, ovviamente, il tempo non potrà che giovargli. Ottima la profondità olfattiva della Tenuta Cavalier Pepe: un naso decisamente intrigante e sfaccettato lascia spazio ad un impatto in bocca al momento decisamente irruento, a tratti ancora scomposto, ma bella trama e razza.
Il Taurasi di Luigi Tecce sconta ancora, al momento, l’assorbimento, probabilmente più deciso in quest’annata, dell’apporto del legno, ma le belle note di macchia mediterranea, tannini di ottima trama e allungo fresco finale lasciano ben sperare.
Roberto Giuliani