Baga… ma come Dio comanda!

Il direttore del mensile Magazyn Wino di Varsavia, Tomasz Prange-Barczynski non è riuscito a scrivere che poche righe, quasi di straforo, sul Bairrada Vinha Pan 1998 di Luis Pato. Neanche una parola in più, perché sul posto non aveva preso le consuete note di degustazione, tanto era rimasto ammaliato, quasi in trance, come per incantesimo. La cosa mi ha lasciato di stucco, perché il mio Tomek non ha mai tirato il freno nel descrivere un vino.

Luis Pato è quel produttore portoghese che nel 1980, quando i vini rossi di Bairrada erano diventati di moda, ma con altri vitigni famosi (come gli autoctoni Touriga Nacional, Castelão, Bastardo e i soliti francesi trapiantati là con un certo successo), aveva provato a produrre il suo primo vino dal vitigno locale Baga in purezza. Luis è sempre stato un uomo dalla simpatia spontanea, esplosiva e si era indaffarato a sperimentare fuori dagli schemi locali, perché è sempre stato convinto che è un vantaggio uscire dalle regole in piena libertà e sperare in un colpo di fortuna per imbroccare qualcosa di geniale. È così che era riuscito a fare un ottimo Baga, cosa che in passato poteva capitare soltanto una volta o due in un decennio (a eccezione del famoso Frei João, che voleva però cinque anni di botte e quindici di affinamento…), ma molto più morbido e più pronto alla beva.

Il Baga, infatti, è il vitigno più diffuso in Bairrada, dov’è stato piantato nella seconda metà del XIX secolo per la sua elevata resistenza alle malattie fungine, ma è tristemente noto per la proverbiale difficoltà di coltivazione, in condizioni pedoclimatiche penalizzanti come queste. Soltanto chi cura molto il drenaggio del suolo e la selezione d’impianto può ottenere uve sane in questa zona che sovente supera 1.000 mm di precipitazioni l’anno, in gran parte proprio tra settembre e ottobre. È piuttosto tardivo in germogliatura, fioritura, colorazione e maturazione (vuole un paio di settimane in più del Castelão). Soffre perciò incredibilmente sotto le scroscianti piogge della fine dell’estate, tanto che le annate sfortunate superano sempre quelle buone, al punto tale che i produttori vendevano piuttosto le uve alla Sogrape per fare uno dei suoi Mateus rosé o estirpavano centinaia di ettari di vecchi vigneti grazie ai contributi dell’Unione Europea, già impegnati a decimare i vitigni Bical, Sercial, Piriquita, Fernão Piras e Maria Gomes. Un destino crudele per un’uva così ricca di tannino e con quella sua meravigliosa acidità. C’erano pure (ma si trovano ancora in giro) vini indecenti fatti da uve imputridite, oppure massacrati da eccessi di legno troppo piccolo, sovraestratti, con quel tenore alcolico che parte volentieri per la tangente e schizza oltre il 15%, a volte anche il 16%, senza una soddisfacente maturazione fenolica.

Si sa, però, che quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Chi avrebbe mai scommesso che proprio quel Baga di Pato fosse invece giudicato sorprendente ed eccellente in un’ormai famosa degustazione avvenuta a Londra nel 1984? E allora, appena tornato nel Paese lusitano, Luis ha codificato immediatamente le procedure sperimentate di coltivazione e di vinificazione delle uve di quel vitigno che nelle annate dal settembre più asciutto produce i vini più interessanti e di maggiore personalità del Portogallo, se coltivate curando il drenaggio dei suoli e vinificate con i metodi dei nonni e bisnonni: pigiatura soffice (con i piedi o con le presse orizzontali), fermentazione con i raspi e senza regolare la temperatura, almeno un paio d’anni di maturazione in botti grandi per domare quei cavalli selvaggi dei tannini e affinamento ancora un paio d’anni in vetro.
È soltanto in questo modo che riesce a vedere la luce un vino che è molto amato sul posto da un gruppo di produttori “enomaniaci” (come altro definirli con altrettanta simpatia?) proprio per il suo elevato contenuto di tannini e la buona acidità, che nel 2010 hanno impostato un progetto comune per preservare, migliorare e diffondere i vini Bairrada derivati dal vitigno Baga, ma come Dio comanda, senza quelle spiacevoli sorprese dovute alla fangosità di suoli non curati oppure all’abuso di legno: l’associazione Baga Friends, con Luis Pato, Mário Sérgio Alves Nuno, François Chasans, Dirk Niepoort, Filipa Pato, António Rocha, Paulo Sousa. Con i loro vini almeno si va sul sicuro, con minime variazioni naturali di qualità tra un’annata e l’altra, perché non spianate industrialmente. Va precisato che il loro sodalizio non è stato costituito a scopo commerciale, ma agrotecnico ed enologico, infatti collaborano attivamente fra loro per mettere a punto e condividere le migliori innovazioni che ciascuno sperimenta sul proprio terreno e nella propria cantina.

Non ho avuto la fortuna sfacciata di Tomek, devo ruscare ancora parecchio prima di lasciarmi incantare dai vini di Luis Pato, ma fra i capatosta della sua banda c’è senz’alcun dubbio il grande Mário Sérgio Alves Nuno, “enologo dell’anno 2004” e titolare dal 1989 di Quinta das Bágeiras, passata dai 12 ettari allora di proprietà della sua famiglia ai 28 di oggi. Lì si fa il vino ormai da quattro generazioni in modo tradizionale, da grappoli interi pigiati e fermentati nelle vasche di cemento chiamate lagares, i cui mosti vengono poi travasati in grandi tini di rovere da almeno 25 ettolitri. Non chiarifica e non filtra. Mi è piaciuto il suo Garrafeira Tinto 2010 (14% alc.), erbaceo come certi Cabernet Franc dei Colli Euganei, sanguigno e terroso, con note di amarena, di bosco, di corteccia. È complesso e levigato, con un finale un po’ selvatico, speziato, piccante.
Mi è piaciuto anche il Reserva Tinto 2009 della cantina Sidónio de Sousa, una cantina più piccola, soltanto 12 ettari, favorita da pendii ripidi esposti alle brezze del sud dove le vigne trovano anche un ottimo riparo da pini ed eucalipti, i cui aromi si avvertono anche nel vino. Selvatico sì, ma dai toni floreali e perciò sensuale come una focosa rubacuori, come una succosa amarena. Un vino senza compromessi che nel calice mostra un’anima tanto profonda che non si può spiegare, ma che si può sentire, che esalta d’incanto il primato del cuore sulla ragione, quello del fado vagabundo dei vicoli, con la voce melodica della straordinaria Amália Rodrigues.
Smetto, perché adesso ho capito come mai Tomek ha mollato la sua penna e si è arreso alla commozione.
Mario Crosta
Baga Friends Associação
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