Trippa ai funghi e San Colombano Riserva
Questa pietanza è molto leggera, perché la trippa non è assolutamente grassa (100 calorie in 100 grammi) e anche i funghi non lo sono. Per trippa bovina s’intende l’insieme dei tre pre-stomaci (rumine, reticolo, omaso) e dello stomaco (abomaso). La trippa si trova in commercio già pulita e parzialmente lessata, ma bisogna fare molta attenzione al colore perché a volte si trova addirittura sbiancata e già tagliata, che richiede una cottura più breve, ma che avrà anche poco o nessun sapore. Meglio comprare quella più scura e a pezzi interi, ciascuno dal colore leggermente diverso, che cuocerà più a lungo, ma che avrà dei sapori davvero molto più piacevoli.
Ingredienti per 4 persone:
- 1 kg di trippa bovina
- sale grosso quanto basta
- 2 di grani di pepe
- 1 gambo di sedano
- 1 cipolla e mezza
- 1 carota e mezza
- 6 gambetti interi di prezzemolo
- 4 etti di funghi freschi (porcini o chiodini o ferule)
- 3 cucchiai di olio extravergine di oliva
- 2 spicchi d’aglio
- 1 litro di brodo di carne
- 2 foglie di alloro fresco
- 1 cucchiaino di paprika dolce in polvere
- 1 peperoncino secco spezzettato finemente
- 3 cucchiaini di maggiorana
- 1 pizzico di noce moscata
- sale fino quanto basta
- 2 cucchiaini di concentrato di pomodoro
- 1 cucchiaio di farina 00
Anche se la trippa è già stata parzialmente lessata, prima di cucinarla datele un’ulteriore bollitura in una pentola con abbondante acqua salata, aggiungendo a freddo una cipolla sbucciata, un gambo di sedano, una carota e tre gambetti di prezzemolo, tutto quanto intero e ben lavato. Quando l’acqua bolle, metteteci i pezzi interi di trippa (il nonno li chiamava in dialetto busecca, ciapa, foiolo e riccia) e fateli cuocere a fuoco dolce per due ore, poi levateli, scolateli e lasciateli intiepidire in un piattone.
Intanto pulite bene con un panno pulito inumidito i funghi, asciugateli e tagliateli a strisce. Sbucciate la mezza cipolla, raschiate la mezza carota, lavatele, asciugatele e tritatele alla brunoise (a cubetti di un paio di millimetri). Tritate separatamente i due spicchi di aglio e le foglie dei tre rametti rimanenti di prezzemolo e deponeteli in due tazzine diverse. Appena i quattro pezzi interi di trippa non scottano le dita, ma sono ancora tiepidi, tagliateli a strisce della grandezza desiderata.
A questo punto ungete con tre cucchiai di olio extravergine di oliva il fondo di una casseruola capiente dai bordi alti, fateci rosolare delicatamente l’aglio tritato, quindi aggiungete i funghi puliti e tagliati a pezzetti a soffriggere per due o tre minuti. Alzate la fiamma, versate il brodo e portatelo a ebollizione, aggiungendo la cipolla a cubetti, le foglie di alloro, la paprika dolce, il peperoncino, il pizzico di noce moscata e infine la trippa. Regolate il sale e continuate a cuocere a fuoco moderato e sotto coperchio per un quarto d’ora.
Aggiungeteci infine la maggiorana e il concentrato di pomodoro, stemperateci la farina, rimescolate bene con un cucchiaio di legno e continuate a cuocere, sempre rimescolando, per un altro quarto d’ora. Versate la trippa ancora bollente con il suo brodo in zuppiera, spolverandoci sopra il prezzemolo tritato e servite in tavola con fette di pane casareccio da inzuppare. Buon appetito!
Il vino San Colombano Vigna Roverone Riserva Mombrione 2015 di Nettare dei Santi
Il vino per me ideale da abbinare a questa pietanza di trippa dev’essere rosso, fruttato, di buona persistenza, equilibrato e adeguatamente tannico per dare una bella sensazione di freschezza nell’accompagnare questo piatto dal sapore semplice, ma deciso, di una cucina che non chiamerei proprio ”povera”. Quando abitavo a Milano andavo apposta ogni tanto a San Colombano a rifornirmi dal salumaio Panigada (campagnoli, cacciatori, cresponi, filzette e filzettoni) e a pranzare alla trattoria Righini, una cucina semplice e casalinga, porzioni abbondanti ma di specialità di alto livello, come il coniglio all’aceto. Qui trovavo da bere il San Colombano prima ancora che diventasse DOC e non tornavo mai a mani vuote, ma sempre con qualche bottiglia locale nel bagagliaio. La collina di San Colombano al Lambro, infatti, è da sempre una piccola, ma vocata, zona vitivinicola che svetta dalla pianura circostante.
Si trova nel bel mezzo della Pianura Padana, 40 km a sud di Milano, dove i terreni si alternano da zone sabbiose ad altre calcaree dai suoli permeabili e ricchi di minerali che si affacciano sul fiume Lambro. Mi sono sempre piaciuti, sia i vini rossi vivaci che quelli fermi, in particolare quelli della famiglia Riccardi che li produce dal 1792, quando le uve coltivate nei vigneti di proprietà venivano vinificate nella vecchia tinaia dell’oratorio di San Rocco annessa al palazzo della loro residenza estiva. Nel secondo dopoguerra, Franco Riccardi (tre medaglie d’oro olimpiche di spada a squadre: ad Amsterdam nel 1928, Los Angeles nel 1932 e Berlino nel 1936, dove si guadagnò l’oro anche nell’individuale) aveva deciso di lasciare l’attività sportiva per trasformare quella che fino ad allora era stata una passione di famiglia in un’attività imprenditoriale ambiziosa, imbottigliando il vino in proprio e facendolo conoscere sulle tavole dei milanesi già con l’annata 1950 con l’etichetta di “Nettare dei Santi”.
Nel 1968, dopo la sua scomparsa, il figlio Enrico ha deciso di lasciare il lavoro di agente di cambio a Milano e di abbandonare anche la facoltà di legge a Ferrara per estendere la piccola azienda di due ettari che produceva meno di 30.000 bottiglie vendute quasi tutte in alcuni circoli milanesi di scherma e l’anno dopo le bottiglie prodotte erano già il doppio per arrivare a 150.000 nel 1970. Nel 1980 Enrico Riccardi ha trasferito la cantina dal centro del paese fin sulla cima della collina e insieme con la moglie Giovanna vi ha investito tutte le energie fino ad arrivare, con l’aiuto del capo cantiniere Federico Carenzi, intorno alle 900 mila annuali da 30 ettari vitati, tra cui la decina del podere Roverone, esposti a sud e con caratteristiche particolari del terreno, da cui viene un vino rosso dal profumo fruttato intenso e con una struttura importante. Oggi è suo figlio, il perito agrario Gianenrico, che crea nei vigneti, prima ancora che in cantina, vini di qualità nel rispetto dell’ambiente, ma attento alle innovazioni.
Il “Vigna Roverone” San Colombano riserva ”Mombrione” 2015 deriva da un uvaggio di uve croatina (45%), barbera (35%), merlot (12%) e uva rara (8%) di un vigneto coltivato a Guyot in parcelle di densità tra 4.000 e 5.000 piante per ettaro. Poca concimazione, inerbimento, lotta alle malattie con interventi mirati, tutto per produrre uve sane e ben mature. Questo vino si fa soltanto nelle annate favorevoli, quando si raggiunge un’ottima maturazione e le uve sono selezionate e raccolte manualmente in piccole ceste, trasportate con piccoli carri alla cantina e diraspate delicatamente. La fermentazione avviene in vinificatori di acciaio da 150 hl dotati di tecnologie che esaltano le scelte legate alla tradizione e permettono di effettuare mirati rimontaggi in ambiente protetto e di portare ripetutamente a contatto le bucce con il mosto per almeno una quindicina di giorni. La maturazione si fa in botti di legno da 25 hl per 18 mesi e rimane ad affinarsi a lungo in bottiglia. Tenore alcolico del 14%, acidità totale di 5,8 g/l.
Il colore è rosso rubino intenso come l’attacco fruttato e speziato, che non si mostra però aggressivo e apre un bouquet ricco di aromi di piccoli frutti di bosco e marasca matura tra sfumature di pepe bianco, caramella di liquirizia e toni confettati. In bocca conferma il fruttato generoso, ricco, deciso e austero, ma vellutato e di ottima struttura con tannini scalpitanti e piacevoli. Con le pietanze ai funghi ci fa l’amore, ma strizza l’occhiolino a quelle di carni arrostite, cacciagione di pelo e formaggi di media e lunga stagionatura.
Consiglierei di servirlo a una temperatura di 18 °C, non oltre, in calici ampi sicuramente per le signore, ma sinceramente io me lo gusto di più nei comuni bicchieri di vetro spesso da osteria, proprio come le prime volte che l’ho apprezzato, perché nel bicchiere non c’è soltanto il vino, ma anche il sogno.
Mario Crosta
Azienda Agricola Nettare dei Santi
Via della Capra 17, 20078 San Colombano al Lambro (MI)
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