Trota in carpione e Verdicchio dei Castelli di Jesi Brut
Se avete problemi di gastrite, reflusso laringo-faringeo, ulcera… evitate questo piatto. Diversamente potrete accompagnarlo con un’insalata di patate lesse, fagiolini (detti cornetti o bobi), pomodori, tutto tagliato a cubetti e condito con olio, aceto di mele, sale e, se vi piace, pepe oppure mezzo cucchiaino di zenzero fresco (prima di grattugiarlo, pelatelo) oppure aglio e peperoncino piccante.
La pietanza (per 4 persone):
● 2 trote di media grandezza NON salmonate;
● 2 carote medie;
● 2 gambi bianchi e teneri di sedano;
● 1 cipolla rossa (possibilmente di Tropea) piuttosto grande;
● 2 spicchi di aglio di Nubia o di Piacenza;
● 1 dozzina di foglie di salvia;
● 1 cucchiaio di pepe in grani rosa e verdi (se non li trovate vanno bene i grani di pepe bianco);
● 2 bicchieri di aceto bianco di qualità;
● 1 bicchiere e mezzo di vino bianco secco delicato (tipo Orvieto);
● 1 cucchiaino di zucchero;
● farina bianca 00 quanto basta;
● ½ bicchiere di olio di semi di girasole;
● ½ cucchiaino di sale e altrettanto di pepe;
Fatevi pulire e sfilettare i pesci dal pescivendolo, chiedendogli però di lasciare la pelle del pesce. Lavateli bene e lasciateli sgocciolare su un asse di legno che avrete l’accortezza di fare in modo che sia inclinata.
Con il pelapatate pulite le carote e tagliatele prima a metà e di seguito, nel senso della lunghezza, a fiammifero. Mettetele a bagno in un colapasta immerso a sufficienza in una pentola piena di acqua fredda, ma ben appoggiato sul suo bordo.
Togliete eventuali filamenti ai gambi bianchi del sedano e tagliatene via sia la parte più bassa, quella troppo larga, sia la parte con le foglie; suddividete ogni gambo in 3 parti che taglierete a fiammifero e aggiungerete alle carote.
Sbucciate aglio e cipolla, che taglierete a rondelle e unirete a sedano e carote. Togliete alle foglie di salvia il piccolo gambo che hanno e mettete anch’esse a bagno con il resto delle verdure.
Togliete il colapasta dall’acqua e, usando il getto forte del rubinetto, sciacquate “violentemente” le verdure e lasciatevele sgocciolare per una decina di minuti. Se avete fretta mettete le verdure in un canovaccio da cucina e tamponatele.
In una casseruola capiente mettete l’aceto, il vino, le verdure, lo zucchero, il pepe e portate a bollore. Quando bolle, abbassate la fiamma perché deve sobbollire fino a ridursi di un terzo.
Su di un piatto mettete la farina 00 che salerete e, se vi piace, aggiungete anche mezzo cucchiaino di pepe bianco macinato. Esiste in commercio un mix di 4 tipi diversi di pepe ( in realtà solo il pepe nero e bianco possono essere chiamati grani di pepe perché quello verde e rosa sono bacche di pepe raccolte non a piena maturazione e sono più profumate che saporite; ma usate contemporaneamente sono una delizia di aromi e di sapori). Se trovate il mix di pepe con il macinino incorporato alla confezione… meglio!
Mescolate bene farina, sale, pepe.
Scaldate in una padella capiente, l’olio di semi, infarinate i filetti di trota avendo l’accortezza, scuotendoli, di togliere la farina in eccesso.
Immergete uno stuzzicadenti nell’olio e se intorno si formano bollicine vuol dire che è alla temperatura giusta per friggere.
Cuocete i filetti nell’olio immergendoli prima dal lato con la pelle per 3 minuti (4 se particolarmente carnosi) poi girateli dall’altro lato aiutandovi con due palette per fare in modo che non si rompano; continuate la cottura per 2 minuti.
Mettete i filetti (uno alla volta) ad asciugare dal condimento su un piatto coperto con la carta da cucina e tamponate l’unto in eccesso con altra carta. Non girateli. Fateli scivolare uno a uno in un piatto con i bordi alti, meglio se in una pirofila di vetro con il suo coperchio e versate sul pesce la marinata ancora calda, quindi coprite subito (se necessario va bene anche la pellicola trasparente!)
Lasciate poi insaporire il pesce in frigo 2 giorni oppure 3 se è molto spesso!
Se siete così bravi e fortunati da trovare trote non di allevamento, quindi più piccole, aumentate la quantità di pesce (2 pesci in più) ma lasciando invariate le dosi della marinatura.
Variante per chi non vuole o non può mangiare “fritti”.
Tutta la preparazione rimane invariata fino alla cottura della marinata.
Quando l’aceto, il vino, le verdure, gli aromi e lo zucchero cuociono da 10 minuti, unite i filetti di trota e fateli sobbollire nella marinata per 10/15 minuti, a seconda dello spessore della polpa del pesce, appoggiando sulle verdure il pesce dal lato con la pelle.
Togliete il pesce aiutandovi con le palette per non romperlo; mettetelo nel piatto a bordi alti come prima, versateci sopra la marinatura, quindi copritelo come spiegato precedentemente.
Poiché è stato cotto nella marinatura potrete servirlo già dopo 24 ore!
Fulvia Clerici Bagozzi
Il vino Verdicchio dei Castelli di Jesi Cuvée Tradition Brut di Colonnara Viticultori in Cupramontana
Essendo nato bustocco, la trota in carpione non può che piacermi un casino! Anzi, due casini. Colgo perciò l’occasione per togliermi un sassolino dalle scarpe e demolire un tabù, quello che il pesce in carpione rifugge l’abbinamento con il vino. La letteratura enogastronomica, influenzata per troppo tempo e anche fin troppo dalla sommellerie francese, ha sempre sdegnosamente sconsigliato l’abbinamento del vino con caviale, carciofi, uova, torte di mele, agrumi e frutta particolarmente acida, sardèe in saòr, polenta e soppressa, pesce conservato sott’olio, ma soprattutto piatti con l’aceto.
I diktat, secondo me, valgono per chi non sa far altro che chinare il capo. Cosa che i partigiani non hanno mai fatto (e sono state proprio le loro mogli a fare le migliori trote in carpione nelle Alpi e nelle Prealpi). Esattamente come non ho mai considerato una regola fissa quella di abbinare solo il vino bianco al pesce, perché si possono trovare rosati e rossi giovani che esaltano meglio certi tipi di cottura e certi ingredienti, sono certo che anche per il carpione sarà magari più difficile trovare il vino adatto, ma non è impossibile.
De gustibus non (est) disputandum, quindi rispetto le opinioni degli altri, ma le sfide più ardue sono il mio pane quotidiano. E mi piace vincerle, queste sfide. Vorrei perciò approfittare del tema “vino e carpione” per dire che è solo l’acqua (prodotto della natura) che si beve, mentre il vino (prodotto della cultura) si degusta. Bere l’acqua giusta a tavola, per pulire bene la bocca magari sgranocchiando pure un boccone di pane per prepararla a gustare e a godere meglio il vino, oppure dopo averlo gustato e prima di passare a un altro appetitoso boccone; così lo stile di vita è sano, salubre, sereno e anche allegro. Può sembrare un paradosso, ma in questo modo migliora senz’alcun dubbio la qualità del pasto senza esagerare con il vino.
Un vino adatto alla trota in carpione, secondo il mio modesto parere, non può che essere il più versatile dei bianchi italiani, il Verdicchio dei Castelli di Jesi, un marchigiano di gran fama, anche se non quello tranquillo che berremmo con tanti altri manicaretti di pesce. Ho la sensazione che un lettore attento come Vignadelmar Luciano Lombardi a questo punto sia saltato su dalla sedia…
Mi piace sempre il classico superiore Cuprese della cantina cooperativa Colonnara Viticultori in Cupramontana, che è capace di lungo affinamento e miglioramento in bottiglia grazie a una longevità impensabile per altri bianchi del nostro Paese, ma non è questo che suggerirei con la trota in carpione. Preferisco il loro Cuvée Tradition Brut Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Personalizzata, un metodo Charmat-Martinotti che nel 1968 è stato il primo degli spumanti che questi artisti della vigna hanno messo al mondo.
Quello del 2014 è di colore giallo paglierino brillante con vivaci riflessi verdi. Nel calice sviluppa un perlage abbondante, fine e persistente. Aromi delicati di acacia e mimosa, con note fruttate di cedro e pesca su fondo di pane lievitato. In bocca è secco, abbastanza morbido, di notevole freschezza e leggera sapidità. Il finale gioca su un piacevole gusto di mandorla. Merita il secchiello con acqua e un po’ di ghiaccio, ma non troppo, per servirlo a 8-10 °C (d’estate a 6-8 °C) e la coppa di cristallo che non torturi il naso come fa invece la flûte.
È prodotto sulle dolci colline dei comuni di Cupramontana e Apiro ad altezze tra i 500 e i 600 metri s.l.m. su terreni di origine marina a medio impasto con argilla e sabbia. Le uve di verdicchio sono allevate a doppio capovolto, Silvoz e Guyot, con rese di 90 quintali per ettaro. La vendemmia, un po’ anticipata rispetto alle altre, è manuale. Dopo la pressatura soffice e la decantazione del mosto, la fermentazione avviene in vasche a temperatura controllata. La rifermentazione con presa di spuma si fa in grandi autoclavi secondo il metodo Martinotti (Charmat). Il tenore alcolico è del 12,5%. Se ne fanno all’incirca 20.000 bottiglie l’anno.
La cantina cooperativa Colonnara di Cupramontana è nata nel 1959 per iniziativa dei primi 19 soci agricoltori. Oggi riunisce 110 soci che praticano un’agricoltura eco-compatibile e si avvalgono di moderne tecnologie innovative nella produzione di vini e spumanti esportati in tutto il mondo. E comunque, dove mai andrebbe il mondo senza Verdicchio?
Mario Crosta
Colonnara Viticultori in Cupramontana
Via Mandriole 2, 60034 Cupramontana (AN)
tel 0731.780273, fax 0731.789610
sito www.colonnara.it
e-mail info@colonnara.it