Un anno memorabile per Barolo
Sono veramente molti i motivi per cui Barolo e l’intero territorio di Langa ricorderanno a lungo il 2014, un anno che ha regalato molte soddisfazioni agli uomini di queste terre del Piemonte ma che ha anche richiesto una gran mole di lavoro, vendemmia lunga e laboriosa in primis a causa di un andamento climatico a dir poco critico, con poco sole e caldo e troppa umidità e nuvolosità.
L’evento che senza ombra di dubbia rimarrà nella mente di tutti è stato il riconoscimento del territorio di Langhe, Roero e Monferrato di Patrimonio Mondiale dell’Umanità, con l’inserimento nella lista Unesco dei territori vitivinicoli, attribuito per la prima volta all’Italia, non ancora alla “rivale d’eccellenza” Francia e soltanto in altre sette circostanze in tutto il mondo: le altre “sette meraviglie” del vino sono infatti l’isola Pico nelle Azzorre e l’Alto Douro in Portogallo, la zona del Tokaj in Ungheria, di Saint Émilion in Francia, di Wachau in Austria, di Lavaux in Svizzera e di Dubrovnik in Croazia.
Al verdetto di giugno nel corso del Comitato del Patrimonio Mondiale dell’Unesco di Doha, in Qatar, si è giunti al termine di un laborioso lavoro durato parecchi anni, costellato di bocciature, promozioni con riserva, ritocchi e inevitabilmente qualche rinuncia.
Un paio d’anni fa il tentativo era andato parzialmente a vuoto, causa un dossier che cercava di promuovere un’area giudicata troppo estesa, 30 mila ettari suddivisa in nove zone, ognuna corrispondente a un vino differente: Freisa, Asti spumante, Barbaresco, Barolo, Dolcetto di Dogliani, Grignolino, Barbera, Moscato e Loazzolo.
Gli ispettori dell’Unesco avevano infatti espresso perplessità di fronte a zone di fondovalle costellate di capannoni industriali (e come dargli torto…), consigliando ai promotori di valorizzare in primo luogo le zone coltivate a Nebbiolo e a rivedere i confini territoriali.
Un attento e abbastanza drastico lavoro di cesello ha quindi portato a un nuovo documento, che riduceva a sei le aree (Langa del Barolo, Castello Grinzane Cavour, colline del Barbaresco, Nizza Monferrato, Canelli, Monferrato degli Infernot) e coinvolgendo 29 comuni e 10.789 ettari (ben 20.000 in meno rispetto al primo prospetto), incontrando in questo caso l’approvazione da parte della commissione dell’Unesco.
Purtroppo manca a questo punto all’appello il Roero, che temo abbia pagato lo scotto dei famigerati capannoni (purtroppo non del tutto assenti anche in vicinanza di vigneti di Barolo e Barbaresco), Roero che figura tuttavia nel riconoscimento finale grazie alla dicitura del “Consorzio di Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero”.
Al di là degli aspetti puramente economici di questo riconoscimento che, come più volte ribadito nel documento conclusivo, è stato assegnato per tutelare e salvaguardare un territorio naturale, storico e artistico e non un determinato prodotto (e quindi il bollino Unesco non è spendibile in etichetta, mentre è allo studio possibilità e modo utilizzarlo a livello di cantina), ciò che deve creare soddisfazione e compiacimento tra gli enoturisti sono i vincoli e le limitazioni sull’allargamento delle aree urbane e di quelle industriali, così come nell’utilizzo di colori e materiali che rispettino l’ambiente.
A conferma della severità di questo organismo, ogni cinque anni dovrà essere stilato un nuovo dossier che dimostri il lavoro e la tutela svolti del territorio.
Altro evento mediatico che negli ultimi anni ha ulteriormente rafforzato il nome di Barolo a livello internazionale, Collisioni, il festival rock di letteratura e musica, a luglio per quattro giorni ha nuovamente radunato nel piccolo paese nel cuore delle Langhe migliaia di persone, attratte da un incredibile programma ricco di scrittori internazionali, star della tv, della musica e del cinema. Band del calibro dei Deep Purple, leggendaria band inglese capitanata da Ian Gillan, e dell’inossidabile icona del rock Neil Young, entrambi nella loro unica data italiana del 2014, di Mario Biondi, di Elisa e di Caparezza, tanto per citarne alcuni, si sono esibiti in concerto nella piazza principale del paese, un anfiteatro naturale circondato dalle vigne storiche dei grandi “cru” del vino Barolo.
L’edizione 2014 è stata battezzata “Harvest“, prendendo a prestito il nome dalla canzone più celebre del poeta del rock canadese Neil Young, un termine che in inglese indica “Raccolto”, rivolto in primo luogo ai beni materiali della terra, di ciò che si semina, ma anche delle buone idee, dei giusti investimenti umani e materiali. A Barolo il significato più appropriato probabilmente era “Vendemmia“, il momento tanto desiderato e altrettanto temuto da ogni vignaiolo, da salutare con una festa comunitaria proprio come si faceva per tradizione con i vendemmiatori al termine della raccolta e della pigiatura, un momento di meritato relax scandito dal bollire del mosto in cantina.
In occasione di Collisioni, l’Enoteca Regionale del Barolo, che trova sede proprio nel cuore dell’abitato di Barolo, nelle Antiche Cantine dei Marchesi Falletti all’interno del Castello Comunale, lo stesso edificio che dal settembre 2010 ospita l’innovativo Wi.Mu.-Museo del Vino, ha inaugurato il nuovo ed accogliente allestimento, che prevede tra l’altro un innovativo sistema Enomatic di “wine tasting”, tramite carta prepagata, con una gamma di ben 32 bottiglie differenti in degustazione di varie annate suddivisi per zona di produzione e caratteristiche organolettiche: una novità veramente ghiotta e interessante a disposizione degli enoturisti!
Altro momento tanto atteso da Barolo e dai tanti appassionati, operatori e giornalisti del settore la presentazione dell’annata del “vino dei Re” prossima a venire commercializzata.
Quest’anno è stata la volta del 2010, “tipicamente piemontese”, che per certi versi ricorda il 2005 considerata la notevole acidità e la buona maturazione fenolica che ne garantiranno la longevità, tannino fitto e intenso ancora un po’ spigoloso da maturare e amalgamarsi, alcool non eccedente, frutta rossa leggermente asprigna e croccante: insomma vini che inizieremo ad apprezzare maggiormente almeno tra un paio d’anni.
La crescente importanza del Barolo, inteso come vino, si evince anche dai dati forniti dall’Albeisa, che rilevano un costante aumento di produzione, dovuto al costante aumento degli ettari vitati negli undici comuni che delimitano questa Docg, passati dai 1.886 del 2010 ai quasi 2.000 del 2013, con il conseguente cospicuo aumento di bottiglie da 12.147.000 (2010) alle stimate quasi 14 milioni (2013).
Degustazioni
L’esordio ufficiale dell’annata 2010 di Barolo è avvenuta in maggio in occasione di Nebbiolo Prima, la tradizionale anteprima internazionale organizzata proprio dall’Albeisa, l’associazione di promozione e valorizzazione dei vini del territorio di Langhe e Roero, in collaborazione con la società di comunicazione trevigiana Gheusis ed i sommelier dell’AIS della sezione di Cuneo.
Come tutte le anteprime, i vini hanno avuto nella maggioranza dei casi positive evoluzioni con il trascorrere dei mesi e il maggior affinamento in bottiglia, confermando però le buone sensazioni e i giudizi assegnati fin dalla prima degustazione.
Barolo – Iniziando un breve excursus tra i Barolo 2010 che mi hanno piacevolmente colpito nel corso delle varie degustazioni effettuate quest’anno, nel “capoluogo” il famoso, conteso e dibattuto cru “Cannubi”, tra i molti produttori che hanno interpretato al meglio l’annata da segnalare Cascina Adelaide, i Fratelli Serio e Battista Borgogno, l’affidabilità di Damilano e dei Marchesi di Barolo, di Giacomo Fenocchio e Michele Chiarlo.
Proseguendo sul filone dell’affidabilità non possono mancare Giacomo Brezza e Figli e i suoi “Sarmassa”e “Castellero” e Vajra con il suo “Bricco delle Viole” (ottimi anche quelli prodotti da Mario Marengo e da 460 Cascina Bric).
Giuseppe Rinaldi e Francesco Rinaldi & figli convincono con il loro “Brunate”, così come Bric Cenciurio con il suo “Costa di Rose”, Giacomo Grimaldi con il “Coste” e Le Strette per il “Bergeisa”.
Spicca inoltre anche quest’anno per complessità, eleganza, e persistenza l'”Essenze” di Terre da Vino.
Verduno – Un piccolo comune ai margini della zona della Docg che secondo me sta producendo alcuni dei migliori Barolo in commercio. Ristretto il gruppetto di produttori, circa una dozzina, con vini di assoluto rispetto, in particolare i “Monvigliero” splendidamente creati da Paolo Scavino, Fratelli Alessandria e Pietro Rinaldi.
Tra i pochissimi a vinificarlo in purezza, il “Neirane” di Bosco Agostino ha tannini decisi ed eleganti, un quadro aromatico alquanto accattivante grazie a particolari note speziate.
Di buona fattura anche il “Riva Rocca” di Michele Reverdito, così come i Barolo di aziende storiche come Burlotto Gian Carlo (Cascina Massara) e Bel Colle a fianco di volti nuovi di origini roerine come Pelassa.
La Morra – Uno dei comuni in cui ho riscontrato più evidenti i sentori di frutta fresca, un po’ asprigna, unito a un tannino croccante, spesso da smussarsi, in alcuni casi piacevoli note balsamiche, una beva nel complesso piacevole.
Analizzando i vari cru presenti in questo comune, uno dei migliori dell’annata per sentori di frutta rossa, tannino fresco e piacevole fin d’ora e senz’altro il “Bricco Luciani”, ottimamente interpretato da Silvio Grasso, da Mauro Molino e da Cascina del Monastero.
Del “Rocche dell’Annunziata”, apprezzato per la sua apparente immediatezza e facilità di beva normalmente supportata però da una buona longevità, ho apprezzato i Barolo prodotti da Mario Gagliasso, Mauro Veglio, Rocche Costamagna e Trediberri.
Dell’elegante ma più austero “Brunate” da segnalare Vietti, Ceretto e la storica Poderi e Cantine Oddero, così per lo stesso motivo il “Fossati” di Cascina Adelaide, il “La Serra” di Bosco Agostino, piccolo produttore che si conferma molto attento ad interpretare con precisione le varie sfumature dell’annata e del vigneto. Discorso analogo per il “Bricco Rocca” di Cascina Ballarin e per “Ascheri” dell’omonima azienda.
L’elenco è completato dal “Conca” di Mauro Molino, dal “Cerequio” di Michele Chiarlo, “Monfalletto” di Cordero di Montezemolo e dal “Mirau” dell’azienda agricola Negretti, altra giovane realtà in continua crescita grazie alla grande dedizione dei fratelli Ezio e Massimo.
Novello – Ristretto il numero di produttori che rivendicano in etichetta cru di questo comune. A mio avviso spiccano per pulizia, speziatura e leggera austerità il “Ravera” di Elvio Cogno e di Mario Giribaldi, il “Bergera-Pezzole” di Le Strette e il “Terlo Ravera” di Marziano Abbona.
Castiglione Falletto – In questo comune non è difficile riscontrare notevoli differenze tra uno stile di produzione e l’altro. Dell’annata 2010 finora personalmente segnalo i fruttati ed eleganti “Rocche di Castiglione” di Fratelli Monchiero, di Cantine e Poderi Oddero e di Giovanni Sordo, il “Villero” di Boroli e di Giacomo Fenocchio, il “Ciabot Tanasio” di Sobrero, il “Bric del Fiasc” di Paolo Scavino e il “Scarrone” di Bava.
Serralunga d’Alba – Una delle patrie per eccellenza dei Barolo rigorosi, severi, che necessitano di “un’adeguata permanenza sul trono” per esprimersi, vini apprezzati oltre che per la loro longevità anche per il tannino fresco, i sentori fruttati e minerali, la sapidità ed eleganza in bocca.
Rispondono pienamente a queste caratteristiche il “Parafada” della Cantina Palladino, produttrice anche di un ottimo “Ornato” al pari dello storico Pio Cesare, il “Margheria” dell’azienda Gabutti e i “Meriame” di Paolo Manzone e della giovane rivelazione Riikka Sukula.
Altra azienda che sta diventando un riferimento per questo comune, di Giovanni Rosso ho degustato eccellenti “Serra” e “Cerretta”, così come di Germano Ettore il suo “Prapò” e di Guido Porro i “Vigna Lazzairasco” e “Vigna Santa Caterina”.
Non tradiscono le attese il “Leon del Comune di Serralunga” di Cascina Luisin e il “Coste&Bricco” di Ascheri, così come il “Vigna La Rosa” di Fontanafredda.
Da segnalare ancora il “Colarej” di Gemma, il “Sorì Paradiso” di Villadoria e il “Gabutti” dell’omonima azienda di Franco Boasso.
Monforte d’Alba – Altra patria famosa per i vini austeri, molto longevi, di non facile e pronta beva, che però con il passare degli anni si è “ingentilita”.
Anche nel 2010 sono stati prodotti vini caratterizzati da un tannino fresco, denso e avvolgente, piacevoli fin d’ora, come il “Rocche di Castelletto” di Cascina Chicco e per il “Sorì Ginestra” di Conterno Fantino, cosi come per il “Perno” di Rocche dei Manzoni, per il “Castelletto” di Giovanni Manzone e per il “Ginestra” del giovane Diego Conterno.
Piacevolezza e immediatezza si riscontrano anche nel “Chirlet” di Simone Scaletta, nel “La Villa” dei Fratelli Seghesio e nel “Pietrin” di Franco Conterno.
Discorso un po’ a parte per il celebre e vasto cru “Bussia”, dove non è difficile riscontrare notevoli discordanze tra un vino e l’altro causa la variabile versante, esposizione e composizione del terreno.
Relativamente al 2010 a me finora hanno destato un’impressione molto positiva il “Bussia Dardi le Rose” dei Poderi Colla, il “Corsini Bussia” del Podere Ruggeri Corsini, il “Mondoca di Bussia” di Angelo Germano e i “Bussia” di Fratelli Barale e della Tenuta Arnolfo-Costa di Bussia.
Luciano Pavesio