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Un nuovo stile per il Brunello di Montalcino? Le singolari opinioni di Wine Spectator


 

Il castello di Montalcino…allora mi sono detto: di vino e del Brunello di Montalcino in particolare, non ci capisco proprio io e non ci capiscono un fico secco gli amici e colleghi esperti degustatori Juancho Asenjo, Giorgio Rinaldi, Roberto Giuliani, con i quali lo scorso febbraio a Montalcino ho condiviso la lunga ed impegnativa sessione di assaggi di Benvenuto Brunello (vedi qui), arrivando a conclusioni tutt’altro che esaltanti sulla qualità dei vini degustati, sulle pericolose derive stilistiche riscontrate, oppure ha ragione il responsabile dell’ufficio europeo di Wine Spectator mister James Suckling?

Avevo dunque torto ad annotare “che l’annata 2001 non ha confermato le aspettative, anzi, sembra essere molto inferiore alla, sempre più grande, annata 1999, i cui vini più si assaggiano oggi e più sembrano grandi (e superiori alla celebratissima – e sopravvalutata – annata 1997…)”, e avevo toppato nel sottolineare la presenza di “troppi vini deludenti o banali, vini oppressi e bloccati da tannini verdi e asciutti, duri, rustici, astringenti, da acidità taglienti non bilanciate dal frutto, oppure molli, pesanti e fiacchi al gusto, privi di nerbo e di carattere, carenti di eleganza, senza una precisa definizione aromatica. Vini che si fatica ad assaggiare, spesso anche per un eccesso di legno o per il ricorso a volgari pratiche di concentrazione, ma si fatica a credere possano raggiungere quella piacevolezza di beva che ogni buon Brunello deve avere”?
E ha invece visto giusto Suckling, quando in un articolo pubblicato su Wine Spectator del 15 maggio, articolo nel quale si chiede quali siano le future ambizioni del Brunello di Montalcino, parla, positivamente di “un nuovo stile per il nuovo millennio”? Naturalmente senza scandalizzarsi affatto, com’è capitato a Giorgio, Roberto, Juancho e a me, “che molti Brunello 2001 mostrino maggior colore, più frutto e più struttura tannica rispetto alle precedenti annate” e che questi rossi “baldanzosi stiano definendo una nuova immagine del Brunello e creando nuovi paradigmi e punti di riferimento per il Sangiovese, il più famoso vitigno regionale”?

Del resto l’avevo scritto tre mesi fa, e lo confermo, durante gli assaggi di circa 150 vini di Benvenuto Brunello, ci eravamo trovati di fronte a “vini, spudorati, in qualche caso assolutamente “senza vergogna”, dall’incredibile, totale, assoluta, atipicità, scuri come la pece, concentratissimi, potenti, pesanti, noiosi, che in taluni casi non potevano non far pensare alla presenza, accanto a quel Sangiovese che dovrebbe essere l’unica uva utilizzata, secondo quanto dicono il disciplinare ed il buon senso, anche di altre uve. I soliti Cabernet e Merlot, of course, ma anche uve provenienti da regioni molto più a sud della Toscana… Vini difficili da amare, ma che invece piacciono molto a certa influente critica born in Usa, il principale mercato estero del Brunello”.
Con il suo articolo, dalla implacabile, ineffabile prevedibilità, dalla scelta degli interlocutori scelti per suffragare le proprie tesi, da Vincenzo Abruzzese della Valdicava, autore di un vino al quale Wine Spectator ha assegnato un punteggio stratosferico di 98/100 (il punteggio più alto tra gli oltre 100 Brunello 2001 assaggiati da Suckling), all’enologo dell’americana Banfi, sino all’altrettanto “americano”, anche se toscano di nascita e di casata Lamberto Frescobaldi, per arrivare infine alle conclusioni, Suckling ci conferma che esiste un’insanabile, siderale, agghiacciante differenza tra il suo modo di giudicare i vini, con logiche che spesso sono più di marketing che stilistiche, e quello di ultimi dei mohicani come i quattro irriducibili sopra citati. Oppure quello di un connazionale di Suckling, l’editorialista del New York Times Eric Asimov, che lo scorso 15 febbraio sul celebre quotidiano aveva pubblicato uno splendido articolo evidenziando i rischi di trasformazione in un’indefinibile altra cosa che il Brunello sta correndo.

Per Suckling, e per i suoi interlocutori, come Abruzzese, “è tutto sotto controllo, ed il 2001 rappresenta una nuova definizione per il Brunello. Un vino migliore del 1999, con più equilibrio. Il 1999 aveva più tannini, ma il 2001 ha più frutto e struttura e molte altre cose”. Osserva Suckling che il 2001 di questo produttore è conforme alla descrizione che ne viene fatta, grazie “ad una favolosa intensità di frutto che comincia nella fase aromatica e continua minuti dopo grazie ad un lunghissimo finale”.
Per il giornalista di Wine Spectator “la maggior parte dei Brunello 2001 mostra un frutto succoso e tannini setosi”. Questo perché, secondo il punto di vista di un’altra importante azienda di Montalcino, ovvero la Banfi, che parla per voce del suo enologo Rudi Buratti, “il frutto del 2001 è meraviglioso perché erano i grappoli ad essere stupendi sin dall’inizio”. Un ruolo importante, in tal senso, avrebbe avuto la gelata dell’aprile 2001, che aveva ridotto naturalmente le rese e aveva portato alcuni vigneti a produrre il 70% di quello che viene normalmente prodotto.
Un terzo produttore, ed enologo, interpellato dalla rivista Usa, ovvero Lamberto Frescobaldi, si era spinto ancora più in là, arrivando a sostenere che “la natura riduce sempre le rese meglio di quanto riesca a fare l’uomo”, e definendo “benedetta” per i produttori la gelata di aprile, che sarebbe all’origine della qualità dei vini che ne sono derivati.
A parere di Suckling, per il quale concetti come finezza, eleganza, armonia, capacità di durare nel tempo, piacevolezza, equilibrio, continuano ad essere veri e propri “arcana misteri”, anche “l’alta qualità delle annate 1997 e 1999 (due grandi annate) può in qualche modo essere attribuita alle gelate primaverili. Questo perché se si hanno meno grappoli quelli che restano assumono una maggiore concentrazione. Difatti, secondo il proprietario della Valdicava, “c’è stata una massiccia evoluzione nelle tecniche in vigneto ed in cantina a Montalcino. E solo negli ultimi dieci anni molti produttori si sono messi a lavorare seriamente in vigna e questo spiega i grandi miglioramenti dei vini”.

Per quanto si possa facilmente replicare a questa perlomeno singolare osservazione, che può essere del resto contraddetta ricordando al simpatico Vincenzo gli ottimi vini prodotti in eccellenti annate come il 1975 ed il 1985 da più di un’azienda, (per non parlare dei vini prodotti anche nei decenni precedenti dal decano Biondi Santi o da aziende come Lisini, Il Poggione, e soprattutto Soldera Case Basse) quando ancora nessuno si sognava di parlare di “rivoluzioni in vigneto”, oppure di chiamare in causa i “nuovi cloni” di Sangiovese utilizzati per giustificare l’imbarazzante intensità e cupezza di colore di certi vini, resta il fatto che secondo Wine Spectator la qualità complessiva dei 2001 degustati è eccellente. E per Suckling, a differenza di quel che noi ignorantoni abbiamo riscontrato durante Benvenuto Brunello, “circa l’80% degli oltre 100 vini degustati ha ricevuto da 90 centesimi in su. Il consumatore può orientarsi a volontà e trovare innumerevoli esempi di eccellenti Brunello 2001 perché trovare un vino cattivo è quasi impossibile”. De gustibus…

Questo detto, pur celebrando il 2001, (si tratta dell’annata attualmente in commercio negli States e una mano alle vendite bisogna pur darla…), Suckling non è però dell’avviso che “quella 2001 sia un’annata migliore della leggendaria 1997, ma è superiore al 1999. Preferisco la qualità dei tannini nel 2001 che nel 1999, sono più fini e hanno più razza e carattere. I vini del 1997 avevano tutto, ma sono consapevole di spaccare il capello in due…”.
Quanto alle modalità di consumo del vino, James Suckling sostiene che molti 2001 potrebbero essere già bevuti piacevolmente ora, anche se suggerisce di aspettare ancora due o tre anni prima di stappare. Oggi, a suo avviso “è meglio bere i 2000, i 1998 ed innanzitutto il 1997”. 1997 che dice di bere ora, anche se la giudica un’annata stellare, dimostrando che lui il Brunello lo preferisce mediamente giovane e che non ama certo delibarlo, come può accadere con i grandi vini di grandi annate (do you know Case Basse Brunello mister Suckling? Do you understand its majesty?) dopo anni di paziente affinamento in bottiglia.

Tornando all’interrogativo con cui si apriva l’articolo, ovvero se il 2001 rappresenti o meno l’avvio di una nuova era per il classico vino di Montalcino, Suckling afferma di non essere “pienamente convinto che il 2001 rappresenti un nuovo stile per il Brunello. Credo piuttosto che testimoni il duro lavoro che una serie di produttori molto importanti della zona hanno fatto in vigna ed in cantina negli ultimi vent’anni. Un lavoro che oggi rappresenta il più importante sforzo collettivo fatto da enologi e viticoltori in Toscana”.
Un lavoro fatto però, in molti casi, con obiettivi che non possono che suscitare perplessità e inquietudini, se nello stesso articolo di Suckling si arriva a leggere, ed é Lamberto Frescobaldi e non un pinco qualsiasi a dirlo, che questo lavoro, dettato dall’esigenza di non dormire sugli allori, aveva come obiettivo “realizzare vini più ricchi e corposi”, e “di competere con i migliori Super Tuscan”.
Brunello di Montalcino in formato o stile Super Tuscan? O povero Brunello in che mani sei finito!

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