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Vadiaperti e la cenerentola irpina: la Coda di Volpe


PreparazioneEccoci giunti al terzo immancabile appuntamento con Vadiaperti e Raffaele Troisi. Dopo esserci confrontati con Fiano e Greco, è venuto il momento della Coda di Volpe. Con questa degustazione si è chiuso il ciclo delle verticali storiche offerte dall’azienda di Montefredane. Se con il Fiano, prima, e con il Greco poi, la sfida poteva già dirsi vinta in partenza, discorso molto diverso, invece, vale per la Coda di Volpe. Un vitigno impiegato in Irpinia quasi solo ed esclusivamente come uva da taglio per ammorbidire le spigolosità acide del Greco oppure, talvolta, per mediare l’intensa aromaticità del Fiano. Prima di addentrarmi nel dettaglio delle annate sento la necessità di una duplice premessa, una di carattere del tutto personale ed una seconda di tipo più generale. Ho attraversato in quest’ultimo periodo una serie di vicissitudini poco piacevoli per quanto riguarda il mio rapporto col mondo del vino campano. Mi sono visto chiudere porte in faccia, ho assistito allo “smarcamento” di colleghi che pensavo amici, per tacere di altre simili ed ancor più tristi bassezze. L’amarezza è stata, soprattutto, constatare l’assoluta “viltà ed ignavia” (per usar le parole di Dante Alighieri) di alcuni produttori che ritenevo amici o, quanto meno, persone serie. Raffaele Troisi con il suo invito ha confermato tutto quello che ho sempre pensato di lui. Non sarà certamente una persona facile, ha un carattere fiero, orgoglioso, apparentemente duro, decisamente ostinato, rigoroso come i suoi vini del resto, ma oltre ad essere un bravissimo produttore ha dimostrato, ancora una volta di più (qualora ce ne fosse stato bisogno), di essere anche un grande uomo. “Perché dietro un grande vino c’è sempre un grande uomo”. La mia stima rimane non solo immutata, bensì, notevolmente accresciuta da questo suo gesto, per lui scontato sia ben inteso, ma non per il sottoscritto.
bottiglie coperteCon la seconda considerazione voglio, invece, sottolineare l’atmosfera piacevolissima e disincantata in cui si è svolta la degustazione. Un’atmosfera assolutamente in linea con lo spirito della Coda di Volpe: leggera, disimpegnata, non di meno stimolante ed interessante. Trattandosi, infatti, di un vitigno e di un vino destinato ad un consumo più veloce e pronto rispetto ad altri il volerne testare la longevità è stato più che altro un “divertissement” senza eccessi di aspettative. Raffaele ha tenuto a chiarire che nei confronti della Coda di Volpe non nutre nessuna ansia da prestazione e che non si è trattato di un vano tentativo di esasperarne le ambizioni. Più semplicemente si è voluto riconoscere, da un lato, dignità ad un’uva e un vino troppo spesso scarsamente considerati e, dall’altro, il duro lavoro nonché il testardo impegno della sua azienda e della sua persona nel cercare in questi anni di valorizzarla (Raffaele racconta sempre della disputa che ebbe col padre per la sua insistenza a voler piantare e lavorare su questo vitigno in purezza). Il risultato è stato sorprendente e possiamo dire che alcuni millesimi hanno superato brillantemente la prova del tempo dimostrando che se la Coda di Volpe da il meglio di se nei primissimi anni di vita può tranquillamente continuarsi a bere con soddisfazione anche negli anni a venire quando viene coltivata e vinificata con la giusta cura ed attenzione. Nonostante la grande varietà di vini che ci siamo ritrovati nel bicchiere (dovuto anche ad una variabilità di bottiglie che ci tengo ad evidenziare, nel caso vi capiterà di leggere il report di qualche collega presente, per giustificare le eventuali dissonanze frutto, una volta tanto, non di diverse valutazioni soggettive ma di oggettive discordanze da bottiglia a bottiglia) è stato, comunque, possibile identificare con chiarezza alcuni tratti comuni ed almeno due gruppi ben distinti e omogenei rappresentati dai millesimi più giovani e quelli più datati. L’animo rustico è sicuramente la sua matrice distintiva. Filo conduttore organolettico è il timbro amarognolo che non segna il finale ma, come è stato prontamente da qualcuno appuntato, risulta subito percettibile nel momento stesso in cui il liquido invade la cavità orale. Lo stile del produttore è, infine, ultimo ma non meno importante, anzi fondamentale, elemento decisivo nella perfetta riuscita e caratterizzazione dei vini. In primis la ricerca della giusta maturazione delle uve preservando il necessario livello di acidità (fattore critico per la Coda di Volpe) in grado di garantire il giusto equilibrio e la capacità di evolvere.
La degustazione ha avuto luogo alla cieca e le annate sono state servite in ordine sparso. Le note di degustazione seguono, pertanto, lo stessa identica sequenza.

bottiglie in degustazioneCoda di Volpe 2006
Devo chiedere scusa (e forse non sono il solo) a Raffaele per il mio giudizio negativo espresso lo scorso anno a Bianchirpinia su questo vino. Questo a conferma del fatto (una mia vecchia teoria di cui vado sempre più convincendomi col tempo) che le degustazioni in anteprima sono rischiose e fuorvianti quando si giudicano campioni di vasca (o di botte). Ci siamo ritrovati nel bicchiere un bianco giovanissimo, fresco e pimpante. Al naso si avvertono le tipiche note di piccoli frutti rossi e le particolari sensazioni carnose che accomunano tutti i bianchi di Vadiaperti nel loro primo anno di vita. Sono certo che questo bianco molto buono e godibile adesso potrà solo crescere e dare ulteriori soddisfazioni nei prossimi mesi.
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Coda di Volpe 1994
E’ uno dei due campioni ai quali ho deciso di non assegnare alcuna valutazione. Il colore già presagiva uno stato evolutivo poco invitante. Il naso si confermava su note speziate decadenti e ossidate, il palato stanco e diluito. Raffaele ha ammesso con molta sincerità che il vino era ormai “andato”… (per la cronaca la bottiglia di un altro tavolo sembrava, invece, decisamente più interessante).
S.V.

Coda di Volpe 2004
Uno delle migliori bottiglie della serata. Frutta dolce e matura con una chiarissima venatura minerale. Una mineralità calda e solare. Un bianco che mi ha ricordato, con le sue splendide sfumature idrocarburiche, un riesling tedesco di razza. Al palato c’è perfetta corrispondenza di prestazioni. La sapidità è, in questo caso, straripante. Il finale lungo e vibrante.
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Coda di Volpe 2003
Un’interpretazione che mi ha sorpreso considerato l’annata calda e siccitosa. In realtà piuttosto che rischiare la surmaturazione ed un’eventuale perdita di freschezza sembrerebbe che si sia preferito lavorare in direzione opposta rinunciando al frutto e alla ciccia ed anticipando i tempi di vendemmia. Il vino rimane, così, su toni verdi e vegetali, comunque, molto piacevoli. Verticale, teso e sapido chiude in un finale secco ed asciutto quasi astringente, agguantando solo di un soffio le quattro chiocciole.
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Coda di Volpe 2002
Questo millesimo non mi ha entusiasmato come ad altri degustatori. Annatta piovosa conferamta da una certa diluizione di sensazioni. Il naso mi ha ricordato quello di uno metodo classico, con note di lieviti, gesso e crosta di pane. Una mineralità evoluta che non mi ha convinto fino in fondo. Senza ciò nulla togliere alla piacevolezza della beva.
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Coda di Volpe 2005
Sono stato tra i pochi ad apprezzare questa bottiglia. Non forse straordinaria come la ricordavo ma neanche così sottoperformante come alcuni l’hanno trovata (solito problema di bottiglie diverse?). Dolce, minerale, zuccherino. Un naso un po’ ruffiano e sfocato, il palato a tratti fin troppo compiacente, non possono a mio parere essere considerati punti deboli per un vino da Coda di Volpe in purezza che dovrebbe essere, di per sé, un inno alla spensieratezza e alla piacevolezza. Il vero limite è forse la mancanza di quella nitidezza espressiva che questo millesimo sembra aver in parte smarrito. Il sorpasso della 2004 era stato già notato qualche mese fa in questo articolo.
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Coda di Volpe 2001
In questo caso sia la prima bottiglia che la seconda hanno palesto evidenti problemi. Nel caso della prima il naso era sporco, con una nota di vegetale secco che qualcuno addirittura identificava come tappo. Nel caso della seconda, invece, il naso non andava oltre una poco piacevole nota cosmetico-medicinale.
S.V.

Coda di Volpe 1997
Profilo olfattivo molto evoluto ma positivamente. Ampiezza e complessità di sensazioni delineano un quadro di insospettabile austerità. Al palato c’è la giusta freschezza acida in grado di supportare ancora egregiamente la beva e condurre ad un finale pieno ed appagante. Il migliore insieme al 2003.
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E non finisce qui. Abbiamo, infatti, degustato, a seguire, la 2007, un’annata molto, molto promettente. Il gran finale ha, però, visto come assoluti protagonisti ancora una volta fiano e greco. Per festeggiare l’imminente arrivo della prima figlia di Raffaele abbiamo goduto e brindato insieme con uno straordinario Greco di Tufo del 1995 ed un altrettanto eccezionale Fiano d’Avellino del 1992. Insomma avrete capito che quando si tratta di Vadiaperti se vi capita di incontrare sul vostro cammino delle vecchie bottiglie ben conservate non fatevi scappare l’occasione per assaggiarle. Allo stesso modo considerate i vini di Raffaele Trosi un riferimento imprscindibile se volete dei bianchi campani affidabili da poter invecchiare nella vostra cantina. Sono certo che non ne rimarrete delusi.

Fabio Cimmino

Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comincia a girovagare, senza sosta, per le cantine della sua Campania Felix. Diplomato sommelier ha iniziato una interminabile serie di degustazioni che lo hanno portato dapprima ad approfondire il panorama enologico nazionale quindi quello straniero. Ha partecipato alle più significative manifestazioni nazionali di settore iniziando, contemporaneamente, le sue prime collaborazioni su varie testate web. Ha esordito con alcuni reportage pubblicati da Winereport (Franco Ziliani). Ha curato la rubrica Visioni da Sud su Acquabuona.it e, ancora oggi, pubblica su LaVinium. Ha collaborato, per un periodo, al wineblog di Luciano Pignataro, con il quale ha preso parte per 2 anni alle degustazioni per la Guida ai Vini Buoni d'Italia del Touring. Nel frattempo è diventato giornalista pubblicista.

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