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Vadiaperti: storica verticale di Greco di Tufo

Sabino VadiapertiPoco più di un anno fa, dopo una memorabile verticale di Fiano d’Avellino, Raffaele Trosi ci aveva congedato con la promessa di rivederci nel 2007 per ripetere la stessa incredibile esperienza con il suo Greco di Tufo. Ci siamo ritrovati a Vadiaperti tra colleghi ed amici: Ugo Baldassarre, sommelier e giornalista, la winewriter americana Carla Capalbo, Paolo De Cristofaro e Dario Cappelloni del Gambero Rosso, Giampaolo Gravina dell’Espresso, Maurizio Paolillo di Porthos ed Annibale Discepolo, con la presenza straordinaria dell’enologo Vincenzo Mercurio. A completare la squadra due mescitori d’eccezione: Raffaele del Franco, responsabile del Consorzio di Tutela Vini Irpini, e Sabino Loffredo (foto) vicino di vigna a  Pietracupa. A differenza del Fiano sul cui stato dell’arte e sul cui potenziale di invecchiamento  ci sono più sicurezze – grazie anche alle degustazioni di altre etichette e produttori storici – nel caso del Greco c’era maggiore incertezza nonostante le caratteristiche dell’uva lasciassero supporre una positiva evoluzione nel tempo.

La degustazioneSe da un lato la freschezza e l’acidità elevate sono indiscusse garanzie di longevità, dall’altro la buccia molto sottile ed il notevole rilascio di polifenoli, in fase di vinificazione, possono, alla lunga, creare problemi provocando ossidazioni precoci e minando la pulizia olfattiva. Il Greco, non è un luogo comune, può considerarsi un “rosso travestito da bianco”: 1) per la naturale ricchezza di estratti (27-29 gr/l); 2) dal punto di vista organolettico, come ha dimostrato l’assaggio delle due annate più recenti 2004 e 2005, in cui si potevano avvertire nitidamente sentori di frutti rossi; 3) in ultimo, nella sua inaspettata tradizionale inclinazione e versatilità negli abbinamenti, destinato, da sempre, alle carni sia d’agnello che di maiale. “Ancora 20 anni fa era l’unico vino rappresentativo della Campania, il Taurasi era poco più di una curiosità enologica ed il Fiano quasi non esisteva” (M.Paolillo). Prima di passare all’analisi delle singole annate ritengo necessario esprimere qualche considerazione di carattere generale sui vini degustati e sul vitigno.

DegustatoriInnanzitutto i diversi millesimi hanno mostrato, chi più chi meno, un’ottima tenuta nel tempo grazie ad una trama ed una tessitura importante sotto tutti i punti di vista. La natura montanara del vitigno, indomabile e scorbutico, sembra specchiarsi nello scollegato procedere di sensazioni olfattive e gustative, quella che da più parti è stata avvertita come una sorta di insanabile scissione tra naso e bocca. Personalmente, mi sono trovato, d’accordo, in linea con il mio sentire, con l’intervento di Maurizio Paolillo: “il carattere e la personalità del Greco si impongono al di là della coerenza naso-bocca”. Aggiungo, addirittura io, che proprio in questa sua apparente contraddizione si realizza una giusta corrispondenza caratteriale: le sensazioni forti di tipo minerale che emergono, col trascorrere degli anni, al naso si riflettono al palato in questa acidità scalpitante e scomposta, anche aggressiva, ed in quelle che sono state, giustamente, definite, da Giampaolo Gravina, “salinità estenuanti”.

Degustatori all'operaTratti ricorrenti che per, il giornalista del Mattino, Luciano Pignataro costituiscono il vero dna distintivo del Greco “un vino che si riconosce al palato più che al naso”. Questo è un altro punto sul quale vorrei soffermarmi: l’imprevedibilità di alcuni campioni è stata per alcuni motivo di forti perplessità (soprattutto in termini di comunicazione) e per altri fonte di stimolo e di curiosità. Maurizio Paolillo afferma che “risultati molto differenti tra loro proprio in quanto tali riescono a toccare sensibilità diverse”. Al di là degli appunti di degustazione personali io, invece, ho ritrovato nella mineralità e nella sapidità un chiaro filo conduttore (1992-1996-1994-1990-1993-2002-1995-1999). Le due annate più recenti (2004-2005) sono simili nella loro diversità con tutte le altre ed, alla fine, solo 2 (1989-2003) hanno presentato un profilo effettivamente più difficile da decifrare, del tutto spiazzante ed originale (entusiasmante fra l’altro). Illuminante al riguardo l’intervento di Vincenzo Mercurio.

CaliciIl giovane enologo ha confermato come il punto focale di discussione sul Greco sia costituito proprio dalla sua inequivocabile imprevedibilità olfattiva. Bisogna fare molta attenzione a “fotografare” l’annata per catturarlo nel momento giusto. Un ringraziamento doveroso a Raffaele Troisi per l’ospitalità ma soprattutto per aver voluto condividere con noi queste indescrivibili emozioni: Ci ha letteralmente “istruito” offrendoci questa possibilità unica ed irripetibile. I campioni sono stati degustati rigorosamente alla cieca ed in ordine sparso. Quest’ultima decisione che mi era parsa in un primo momento un limite, partendo dal presupposto vino più giovane=vino più acido (acidità spesso viperina), dunque, difficoltà nel valutare in sequenza vini con grande nerbo ed altri più evoluti, si è poi rivelata azzeccata una volta scoperte le annate che sono risultate determinanti in questo senso, con vini d’antan ancora dotati di generosa freschezza e taluni millesimi più recenti segnati dall’andamento climatico meno felice.

Etichetta Vadiaperti1992 @@@@@
Mineralità pura al naso di idrocarburi e gesso. Al palato avrà, forse, perso lo scatto da velocista (ed è questo l’unico segnale della sua età, dal colore e dal naso sarebbe impossibile arrivarci) ma continua a vibrare. L’acidità sembra in questo caso essersi perfettamente integrata. Equilibrato ed armonico.

1996 @@@@
Questo è stato uno dei campioni che più ha diviso la sala. Alcuni non gli hanno  perdonato la scissione naso-bocca. Io ho riscontrato al naso solo una certa chiusura: un bianco austero dalla mineralità vulcanica, Mollto tipico: varietale e territoriale. Al palato la spinta acida è impressionante, quasi astringente.

1994 @@@
C’è chi ha parlato di “gloriosità della decadenza”. Come dargli torto. Evoluto anche al palato dove sembra aver perso il piglio acido ed appare un po’ stanco e seduto.

Vdiaperti 19891990 @@@
L’iniziale chiusura lascia posto ad una complessità intrigante di agrumi e buccia d’uva (un biodinamico ante-litteram). Al palato è la sapidità a sopperire al nerbo poco prestante.

1993 @@@1/2
Idrocarburi e mineralità diffusa. Evoluzione ben supportata dalla verve acida.

2005 @@@
Naso di frutti rossi, leggermente fermentativo. Giovane e in divenire.

Vadiaperti etichetta2002 @@@@
Naso molto chiuso ed elegante. Al palato sfodera il carattere da Greco e riaccende le luci su un’annata ingiustamente e precocemente archiviata.
1989 @@@@@
Naso viscerale: umori animali (“valentiniano”) ritornano al palato nella loro selvaggia natura.

1995 @@@1/2
Nuovamente tipico nella sua veste matura e minerale. Sapido al palato.

2003 @@@@
Inizio entusiasmante al naso con note di idrocarburi. Fianesco più che greco con quella nota di castagna affumicata. La bocca lo ridimensiona bruscamente forse penalizzata dal calore dell’annata.

Etichetta Greco di Tufo2004 @@@
Il gemello diverso del 2005. Fragole con la panna. Rispetto al 2005 il frutto rosso sembrerebbe, però, più integro e maturo.

Riserva 1999 @@@1/2
Varietale e minerale. Leggermente più maturo dal punto di vista espressivo sospeso a metà strada tra il frutto e la roccia

La salaA bocce scoperte, Raffaele ci ha regalato anche una bottiglia di 1998 ancora una volta molto scontrosa ed un po’ verde, con il suo carattere acido ed il finale leggermente amarognolo. L’abbiamo bevuta con piacere su uno strepitoso capicollo che nel frattempo aveva fatto la sua comparsa in sala insieme ad una splendida zuppa di cipolle a riprova che certi vini, se nascono in un certo modo, non è per caso… Vino senza cibo è un amore incompleto, non ha significato parlare dell’uno senza l’altro. Non dimentichiamolo mai.
Potrebbe essere questo un motivo di più ed il momento giusto per un rilancio di questa denominazione adesso che si può considerare esaurita la sbornia dei vini da degustazione, dei bianchi “mangia&bevi”, tutto frutto e ciccia. E solo il lavoro di piccole cantine artigiane, come questa, svolto su un vitigno tanto singolare potrà valorizzarne le peculiarità, nel rispetto della diversità delle annate, andando incontro a  soddisfare la voglia di un consumatore sempre più evoluto ed esigente.

Fabio Cimmino

Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comincia a girovagare, senza sosta, per le cantine della sua Campania Felix. Diplomato sommelier ha iniziato una interminabile serie di degustazioni che lo hanno portato dapprima ad approfondire il panorama enologico nazionale quindi quello straniero. Ha partecipato alle più significative manifestazioni nazionali di settore iniziando, contemporaneamente, le sue prime collaborazioni su varie testate web. Ha esordito con alcuni reportage pubblicati da Winereport (Franco Ziliani). Ha curato la rubrica Visioni da Sud su Acquabuona.it e, ancora oggi, pubblica su LaVinium. Ha collaborato, per un periodo, al wineblog di Luciano Pignataro, con il quale ha preso parte per 2 anni alle degustazioni per la Guida ai Vini Buoni d'Italia del Touring. Nel frattempo è diventato giornalista pubblicista.

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