Vallée d’Aoste Pinot Noir 2016 Cave des Onze Communes
Immersa nel cuore delle Alpi, ai piedi dell’imponente Monte Bianco, nasce nel 1990 la Cave des Onze Communes, azienda vitivinicola situata ad Aymaville, in Valle d’Aosta, a pochi chilometri dal capoluogo di provincia, al timone oggi troviamo il presidente Dino Darensod. Questa solida realtà vanta una produzione di vini ottenuti perlopiù con impiego di uve autoctone, si parla di 60 ettari di vigna parcellizzata e distribuita su undici comuni: Quart, Saint-Christophe, Aosta, Sarre, Saint Pierre, Villeneuve, Introd, Aymavilles, Jovençan, Gressan, Charvensod, ad altitudini comprese tra i 550 e i 900 metri sul livello del mare. Nel corso di quasi trent’anni d’attività i soci conferitori sono rapidamente cresciuti passando da 80 a 220. Un lavoro incessante, corale, attento alla salute del consumatore, che si pone l’obiettivo di limitare al massimo l’utilizzo di antiparassitari, grazie all’utilizzo della lotta integrata e ai principi dell’agricoltura biologica. L’azienda etichetta 18 tipologie di vini DOC, 2 vini da tavola e una produzione che si assesta sulle 450.000 bottiglie annue.
Conosco questa realtà da anni e ho da poco assaggiato diverse etichette dell’annata 2018 , ancora in fasce per certi versi. Il vino che non smetterà mai di stupirmi, perché assaggiato più volte in questi ultimi due anni, è il Vallée d’Aoste DOC Pinot Noir 2016. L’azienda, su alcuni vitigni a bacca rossa come ad esempio pinot noir, fumin e petit rouge, propone due differenti linee, una con affinamento in legno, l’altra solo acciaio. È proprio quest’ultima a conquistarmi letteralmente. Le uve sono il frutto di vigneti situati sulla destra e sinistra orografica della Dora Baltea, nei comuni di Sarre, Aosta, Saint-Christophe, Villeneuve, Aymavilles, Jovençan, Gressan, Charvensod, ad altitudine compresa tra i 650 e gli 800 metri s.l.m., su terreni sciolti di natura morenica. L’acidità si assesta da 5 a 5,5 gr. per litro, l’alcol è 13% Vol.
Rubino intenso e vivace, riflessi granato, consistente e di media trasparenza. Un naso davvero incantevole, finezza data dai frutti rossi leggermente maturi ed eleganza che risponde ad un floreale nitido ed incessante, dunque viola, acqua di rose, ribes e ciliegia croccante. Il pepe nero non tarda ad arrivare, ma la spezia con l’ossigenazione si fa via via più dolce: chiodo di garofano, noce moscata, cannella, chiude una complessa percezione minerale di grafite ed incenso che ricorda alcuni climat borgognoni. Il palato è la vera arma vincente, sorso snello ma al contempo pieno di energia e profondità, un vino dotato di buon estratto, la freschezza ne invoglia la beva che a tratti, soprattutto a tavola, risulta compulsiva. Come non pensarlo abbinato a un tagliere di salumi e formaggi tipici valdostani, dal più classico Jambon de Bosses DOP alla mitica motzetta, in quanto ai formaggi la parola d’ordine è solo una: “Fontina DOP”, ma come se piovesse, resta ben inteso.
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Andrea Li Calzi