Valorizzare la diversità: l’architettura del vino come catalizzatore per l’enoturismo
Qualità, coerenza e sostenibilità sono tre elementi chiave per il prodotto vino, elemento che trova nella sua essenza un legame forte con la sua provenienza e il suo radicamento al luogo. In tale scenario si inserisce il suo involucro, o meglio lo spazio architettonico in cui prende vita: la cantina. Un excursus tra cantine e architettura che parte dall’Europa per arrivare in Toscana, prendendo in considerazione le cantine che hanno fatto la storia dell’architettura. Di questo si è parlato nel convegno: “L’architettura del vino nell’era dell’enoturismo” svoltosi il 14 febbraio scorso presso l’auditorium di Sant’Apollonia, un evento che ha fatto da pre-apertura ad “Anteprime di Toscana”, che è stato organizzato dalla rivista «Casabella» con ProViaggiArchitettura, in collaborazione con l’Assessorato all’agricoltura della Regione Toscana.
Da sempre le cantine e il vino hanno accompagnato la storia dell’uomo e delle sue architetture, dalla grotta del Ciclope Polifemo, alle Ville rustiche romane, dalle realtà produttive industriali fino ai progetti di maestri dell’architettura.
L’obiettivo del convegno è stato infatti quello di mettere in evidenza la complessità di questi manufatti; le cantine non sono semplici opere architettoniche, ma realtà agricole e come tali necessitano di unire la funzionalità con l’etica e l’estetica, sia per quanto riguarda il rispetto delle persone che ci lavorano, che per il rispetto dell’ambiente e del paesaggio.
Per parlare delle cantine vinicole contemporanee, si è quindi scelto di parlare della rete d’imprese Toscana Wine Architecture, primo esempio in Italia a valorizzare vino, architettura e turismo. Costituita nel 2017, riunisce 14 cantine di design (Cantina Antinori nel Chianti Classico, Caiarossa, Cantina di Montalcino, Castello di Fonterutoli, Colle Massari, Fattoria delle Ripalte, Il Borro, Le Mortelle, Petra, Podere di Pomaio, Rocca di Frassinello, Salcheto, Tenuta Ammiraglia – Frescobaldi, Tenuta Argentiera) che hanno deciso di puntare su una strategia comune, per attrarre turisti da tutto il mondo.
Il forte legame del vino con la cultura, inteso come espressione identitaria di luoghi e delle popolazioni, è stato uno dei punti su cui si è concentrato l’intervento di Francesco Dal Co, direttore di Casabella, che ha sottolineato come il vino e tutto ciò che ruota intorno a questa bevanda, ha legami forti con la cultura e come si estende e diventa parte integrante del comparto turistico.
Questa forte connessione tra “Vino, Cultura, Turismo”, è stata approfondita in modo puntuale e appassionato dall’Arch. Francesca Chiorino, che ha tracciato attraverso un percorso storico-geografico, l’evoluzione del progetto architettonico. Interessante vedere come si è partiti dai primi esempi di cantine, a cavallo del millennio, firmate da nomi importanti dell’architettura, che spesso risultano più autoreferenziali ed esterne alle logiche del paesaggio, rispetto a quelle più recenti, nelle quali la connessione al luogo è integrata con i caratteri storici, morfologici, culturali e topografici del terroir in cui sorgono.
Interessanti i progetti che caratterizzano l’Europa, in particolare gli esempi Spagnoli, più o meno riusciti. Si parte dalla Bodegas Ysios, progettata da Santiago Calatrava nel 2001 nella Rioja Alavesa, dove sicuramente c’è un tentativo di riprendere attraverso la copertura curva, le linee sinuose della Serra Cantabrica; o ancora le Bodegas Bell-LLoc del gruppo RCR Arquitectes, che nel 2007 dà vita in Catalogna a questo progetto parzialmente ipogeo, pertanto più integrato nel contesto circostante.

Di rilievo anche l’esempio svizzero, con l’ampliamento di una preesistenza rurale della proprietà del Weingut Gantenbein nei Grigioni, affidato nel 2007 allo studio Bearth & Deplazes, progetto che è stato affrontato in pieno rispetto e attenzione al paesaggio, con la definizione della facciata, in pannelli di laterizio la cui tessitura è stata elaborata da un sistema robotizzato.
Diverso l’approccio di Álvaro Siza che nel 2008 realizza la Quinta do Portal nella valle del Douro in Portogallo, esplicitando profonda consapevolezza del territorio, con il basamento dell’edificio in scisto e l’utilizzo del sughero per la parte superiore, facendo riferimento agli elementi geologici e botanici tipici di quest’area.
Un modello di riferimento fuori Europa, è senza dubbio la cantina Dominus Estate, in Napa Valley, progettata da Herzog & De Meuron, che, ha rappresentato il modello a cui guardare, con la sua lunga facciata scandita da gabbie metalliche contenenti pietre basaltiche, un segno tangibile di connessione al substrato geologico su cui poggia l’intera struttura.
Tornando al Portogallo, dopo l’interessante viaggio proposto dalla Chiorino, prende la parola l’architetto portoghese Francisco Vieira de Campos, del pluripremiato studio internazionale di architettura “Meno è mais arquitectos” che entra nello specifico della progettazione portando come esempi esperienze e progetti della regione del Douro. L’abilità di fare di più con meno è il motto dello studio, dove il ridurre è un mezzo per mettere in evidenza i concetti. L’architetto sottolinea come bisogna proiettarsi verso la difficile arte di semplificare a partire dalla complessità dei fattori, raccontando l’esperienza della cantina Quinta do Vallado e del Wine Hotel Quinta do Orgal (casa do rio). Francisco Vieira de Campos sottolinea inoltre l’importanza di lavorare con la topografia e nella Topografia: “Il luogo detta le regole, il paesaggio della valle del Douro è molto scosceso, diviene quindi prioritario saper lavorare con la topografia dei luoghi.”.
Quinta do Vallado è un valido esempio di una cantina pensata in dialogo con la storia e con il paesaggio circostante, si parte da un edificio risalente al XVII secolo, con l’obiettivo di costruire una struttura in cui si possa vinificare per gravità, tenendo conto dei vincoli paesaggistici locali, che impediscono di deviare i percorsi preesistenti e di scavare. La sfida creativa è alta, ma qui entra in gioco il ruolo dell’architetto che risolve il collegamento tra le varie infrastrutture della cantina attraverso un tunnel di connessione tra antico e nuovo, rispettando le cavità disponibili e adattando il suo lavoro alle pendenze del terreno.
Il progetto di una cantina di design è un lavoro complesso, che deve dunque tenere in conto e in equilibrio le esigenze di figure diverse, quelle della committenza, dell’architetto, dell’enologo, dell’agronomo, del paesaggista.
Dal Portogallo si torna quindi nelle realtà della Toscana per affrontare questi concetti. Diversi gli interventi di alcuni rappresentanti delle cantine di Toscana Wine Architecture, da Lamberto Frescobaldi di Frescobaldi a Edoardo Milesi per Colle Massari, da Renzo Cotarella di Marchesi Antinori, a Pier Mario Meletti Cavallari de la Tenuta delle Ripalte.
Punto in comune tra tutti è la visione del vino come prodotto culturale che lega territorio e storia, capace di coniugare le esigenze di marketing con la sostenibilità ambientale.
Lamberto Frescobaldi fa riferimento alla Tenuta Ammiraglia di Magliano, azienda realizzata su progetto di Piero Sartogo, il cui risultato è stato quello di rispettare l’efficienza del sito produttivo e al contempo costituire un biglietto da visita per il territorio lasciando una traccia di bellezza. “Il legame tra vino e territorio è assimilabile ad un attore su un palcoscenico, dove l’attore ha la possibilità di esprimersi in un bellissimo ambiente, dove la bottiglia fa da tramite e trasporta l’uomo nel luogo in cui il vino è stato prodotto anche a distanza di anni”.
L’architetto Edoardo Milesi, autore della cantina di Colle Massari a Cinigiano, sottolinea come è indispensabile da parte del progettista l’ascolto, non solo della committenza, ma del paesaggio e di chi dovrà poi vivere la cantina quotidianamente come luogo di lavoro. “Il valore del vino è nel territorio e nella tecnica; per un architetto è interessante risolvere i problemi della tecnologia attraverso tecniche antiche”.
Discorso simile quello affrontato da Renzo Cotarella, amministratore delegato di Marchesi Antinori, che porta come esempio il progetto della cantina Antinori realizzata a Bargino dallo studio di Marco Casamonti. “Il territorio va rispettato e valorizzato; dunque vino, territorio e storia si uniscono sotto la parola cultura che ne diventa elemento chiave. Equilibrio quindi come valore di quello che si racconta”.
Chiude Piermario Meletti Cavallari, proprietario della Tenuta delle Ripalte all’isola d’Elba, che ha affidato all’architetto Tobia Scarpa il progetto della sua piccola realtà isolana. L’architetto ha gestito in modo ottimale i vincoli propri del parco dell’Arcipelago Toscano, di cui l’Elba fa parte, che hanno suggerito di impiantare prima la vigna e costruire la cantina in un secondo momento. La cantina si impone con grande fascino, un’opera perfettamente calata nell’ambiente circostante in un dialogo continuo tra le pietre a secco di rivestimento e i giacimenti minerari dell’Isola, tra il terrazzo per essiccare le uve al sole e l’immensa distesa del Mar Tirreno con l’Isola di Montecristo di fronte. “La comunicazione del vino e il nostro lavoro in vigna e in cantina dovrebbe essere raccontato e valorizzato proprio attraverso il concetto di diversità, il nostro compito è quello di riuscire a dare un carattere al vino. Quindi valorizzare le diversità per far scoprire qualcosa di nuovo, suscitando curiosità”.
Si chiude il convegno ponendo l’accento sulla parola “Sostenibilità” sia dal punto di vista economico, ambientale sia per l’uomo, da qui il legame con la “nuova” vita delle cantine nell’era dell’enoturismo, ossia su come il turismo si lega al settore vino. Ben venga quindi l’apertura derivata dalla nuova legge sull’enoturismo, come illustra Gennaro Giliberti, dirigente della Regione Toscana, che delinea le possibilità aperte per l’enoturismo, a disposizione dei soggetti qualificati a metterle in pratica, nel quale sono stati definiti gli standard minimi da rispettare, in termini di qualità dei servizi offerti e sicurezza dei luoghi. Entrando nel vivo della dimensione turistica, Roberto Bosi, di ProViaggi Architettura sottolinea la necessità di comunicare l’importanza del tempo di sosta nei territori, per comprenderli e fruirli in modo attento per arricchire l’esperienza di chi visita. Quindi ben vengano le architetture del vino, concepite come polo attrattivo di un turismo che possa dare esperienza non solo dell’arte all’interno dei musei, ma anche della bellezza dei paesaggi rurali che accolgono queste architetture, che sono legate con tradizioni, emozioni e storia.
Ben vengano quindi le cantine di artisti e archistar, a patto che siano rispettose dell’ambiente, capaci di dialogare con la natura e il genius loci, atte a diventare catalizzatori di un turista curioso e desideroso di assaporare il tempo, proprio come merita di essere sorseggiato un buon calice di vino.
Fosca Tortorelli