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Il vitigno misterioso


Valle d'ItriaChe il mondo non sia suddiviso in comparti ermetici è cosa ormai ovvia, e che sia normale trovare notizie contrastanti su un argomento nel corso di una ricerca, anche questa è cosa abbastanza comune, soprattutto quando questa scende fin nelle più recondite profondità della memoria umana. Accade così anche per le origini di questo antico vitigno, su cui ancora sono da dirimere alcuni interrogativi prima di giungere alla conclusione delle ricerche. Come se le ricerche potessero avere conclusione. Ad ogni modo, le notizie riferite a questo misterioso vitigno provengono per lo più dal gentilissimo dott. Lino Carparelli, che mi ha fiabescamente raccontato la storia delle migrazioni e delle peripezie del ceppo in terra di Puglia nel corso del tempo, con grande aiuto da parte degli studi scientifici del dott. Calò ed infine delle pubblicazioni del bollettino dell’OIV dell’Aprile 2005.

Comincerò quindi a “raccontare” il vitigno così come lo ha fatto il dott. Carparelli. La cosa, forse, più misteriosa e difficile da rintracciare, nonostante gli accuratissimi studi effettuati, resta comunque la certa riferibilità delle sue origini ad un territorio preciso. Si hanno in merito notizie frammentarie e contrastanti che rendono la storia davvero misteriosa e molto affascinante. Si legge che Carlo II d’Angiò avesse ordinato dei ceppi di Fiano da Cava dei Tirreni per essere impiantati a Manfredonia nelle vigne reali, ma “pare”, di contro, che Federico II avesse ordinato un secolo prima una spedizione con direzione contraria da Foggia verso la Campania dello stesso vitigno (entrambe documentate negli studi di Calò). Con la crisi della fillossera si perde traccia dei vitigni, specialmente degli autoctoni, ma si hanno notizie di un particolare tipo di fiano dalle caratteristiche spiccatamente aromatiche coltivato in Puglia, che nella zona di Bitonto trova la sua maggiore area di allevamento.
Con le migrazioni e gli spostamenti delle genti, la pianta giunge fino alla Valle d’Itria dove trova un habitat ideale, ricco di escursioni termiche e con una composizione del terreno ideale (vedi scheda vitigno), dove migliora la sua produttività, mostrando un certo intensificarsi del bouquet aromatico. Qui dilaga e si sviluppa, entrando a far parte degli uvaggi “classici” di quella che successivamente sarà la DOC Locorotondo. Col tempo purtroppo se ne abbandona la coltivazione a vantaggio degli altri due vitigni della DOC, Bianco d’Alessano e Verdeca, più redditizi e vigorosi. Viene riscoperto e rivalutato solo di recente come vitigno prezioso e tipico, proprio dal dott. Carparelli che con un’equipe di studiosi suoi amici “… nell’estate del 2000 insieme a loro iniziammo a girare per i vecchi vigneti della Valle d’Itria, individuando le viti di Fiano Minutolo “sopravvissute”…così furono contrassegnate viti vecchissime…” mi racconta.
Questi appassionati ricercarono, quindi, minuziosamente le piante sopravvissute su tutto il territorio segnando d’estate i ceppi da cui poi avrebbero recuperato le gemme per il successivo innesto.

Dopo due anni di fervido lavoro di ricerca riuscirono a raccogliere le gemme, innestarle e dare vita ad un vero e proprio vigneto di Fiano Minutolo, con l’intento di riproporre un Locorotondo DOC di stile antico. Ma non solo questo lavoro ha permesso il ritrovamento e la rivalutazione di un vitigno antichissimo e quasi perduto, pare altresì, che ne siano addirittura state classificate 6 varietà differenti, non differenti nomi per la stessa pianta, problema nato a causa delle sue peregrinazioni, come già era venuto fuori dalle svariate ricerche. Vi sono state infatti, nel tempo, delle sovrapposizioni (come si legge negli studi del dott. Calò) del Fiano con vitigni che hanno nome “Greco“, quindi come era prevedibile, nel tempo, c’è stata una certa confusione fra nome e pianta che ormai oggi sembra essere chiarita. Quello che noi chiamiamo Fiano Minutolo (Minutola) o Fiano Aromatico è la stessa pianta che altrove è chiamata Greco Aromatico o Greco Bianco. Di Fiano si parla, quindi, seppur chiamato con diversi nomi a seconda della zona in cui si ritrova; la certezza è, in ogni modo, che ci si riferisce ad esso come vitigno pugliese e aromatico. Ormai è stato chiarito che le accentuate caratteristiche aromatiche differenziano questo vitigno in modo inequivocabile dal Fiano di Avellino, vitigno neutro, come cita testualmente lo stesso studio di Calò “….sono due genotipi chiaramente distinti… il Fiano di Puglia dovrebbe essere iscritto nel Registro delle Varietà Italiane col nome di Fiano Aromatico come varietà distinta dal Fiano di Avellino.” Per ora altro non so di questo vitigno affascinante, sia dal punto di vista viticolo che dal punto di vista sensoriale (vedi scheda vino Rampone), spero però che la sua già strana e intricata storia non finisca qui. Chissà, magari domani ci riserverà altre sorprese.

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