Allegretto del Farneto 2006

Allegretto del Farneto 2006 MissiroliDegustatore: Alessio Atti
Valutazione: @@@@@
Data degustazione: 10/2023


Tipologia: IGT Rosso
Vitigni: sangiovese
Titolo alcolometrico: 14%
Produttore: MISSIROLI
Bottiglia: 750 ml
Prezzo enoteca: da 23 a 28 euro


E soprattutto, guardate con occhi scintillanti tutto il mondo intorno a voi, perché i più grandi segreti sono sempre nascosti nei posti più improbabili. Coloro che non credono nella magia non potranno mai trovarla.
(Roald Dahl)

Abbiamo già discusso di una certa Romagna enoica ed eroica alla quale non piacciono le luci dei riflettori, il chiasso mediatico e tantomeno l’inchiostro sulla carta.
C’è una Romagna vitivinicola che sta conoscendo, grazie a eccellentissimi produttori e bravissimi divulgatori, una nuova giovinezza, uno sprint di successi con l’asta della qualità che, sempre più alta, riscuote ampi consensi ma sembra aver necessità di dare continue comprove e certezze ad un mercato ricco di proposte, che non sempre si pongono all’altezza.
Esiste una Romagna che non toglie nulla ai suoi grandi vigneron quando già tanto stanno combattendo contro un clima bastardo e contro calamità sia naturali che di scaffale.
Di questa Romagna umile e nascosta è fatto il tessuto sottocutaneo di quelle zone tra mare, montagna e pianura.
A Cusercoli, a sud di Forlì, vado spesso, qui non posso esimermi dal fare una sosta, previo avviso, da Valeria che gestisce l’azienda di famiglia Giovanna Missiroli.
Ho già raccontato della valle del Bidente e non mi ripeto, di questi centri abitati arroccati sulle sponde del fiume Bidente che hanno alle spalle la diga di Ridracoli e davanti la sconfinata pianura, di queste ripide colline sulle quali i vigneti, sottoposti a interessanti escursioni termiche, affondano radici su terreni più che altro poveri e il clima non lascia spazio a distrazioni.
Qui da Giovanna Missiroli, nella sede dell’azienda con cantina annessa, succede qualcosa di magico, di mistico, qualcosa che non accade da altre parti.
Influssi esoterici, sortilegi o sciamanismo di sicuro non c’entrano ma sono le sapienti mani di Valeria che infondono ai suoi vini quell’alone di mistero che fa sussultare il cuore ogni qualvolta che assaggio un suo prodotto.
Qui lo si fa in modo semplice, genuino e non sono parole banali e quelle che ho usato per descrivere il lavoro di questa azienda ma pare che la produzione voglia ripercorrere quei gesti appunto essenziali e sinceri che il patriarca di questa famiglia, Annibale, usava verso la sua amata terra.
Valeria ci tiene a precisare che tutto il lavoro nasce in vigna, tiene ad affermare che senza le dovute cure al vigneto, sul campo, non si possano raggiungere buone basi per un corretto lavoro in cantina dove non ci sono solo persone o macchine ma ci sono cuori e memorie, passioni e fatica.
Dopo i Sangiovese Annibaldo dei quali non ho mai assaggiato un’annata oltre la 2018, ho preso in esame una bottiglia sempre di Sangiovese ma molto, molto diversa.
Nel 1985 ci si accorse di aver dimenticato per 8 anni in cantina una botte da 6 quintali colma di Sangiovese che non fu imbottigliato e dopo un confronto, tutta al femminile, si decise di prenderne in considerazione il contenuto e si stabilì di farlo analizzare.
Il colore del vino, certamente mutato, non suggeriva però brutti presentimenti e le analisi dimostrarono che il liquido dimenticato era conforme.
A differenza di altri grandi vini dimenticati in botte, dei quali conosciamo bene la storia, questo Sangiovese mantenne una certa nota zuccherina, una briosa acidità e un equilibrio inspiegabile. Ma non si poteva definire questo vino come riserva e non era né un passito, né una raccolta tardiva.
Fu infine deciso “vino da meditazione”.
Dopo attento studio, si scelse un nome che coniugasse il dio Bacco con la zona di produzione, il Colle del Farneto. Questo vino trasmetteva allora come oggi una ebbrezza dell’anima, una gioia, l’allegria della convivialità. Un inno alla vita.
Nacque così l’Allegretto del Farneto Sangiovese lasciato riposare in pace in una cantina del XVIII secolo al buio e in silenzio. Ora, per produrlo, rimane per 10 anni dentro grandi legni vecchi in rovere di slavonia e poi per un altro periodo che va dai 6 ai 12 mesi in bottiglia, in base alle annate. Questo vino così particolare non lo si produce sempre, ma devono esserci le corrette condizioni, le giuste congiunzioni.
Dell’Allegretto del Farneto sorprende la consistenza del liquido rosso rubino profondo con sfumature granate.
Il naso è un ampio aroma di marmellata di frutti rossi e mostarde con note di tabacco e cuoio. Il sorso, intenso e lungo, si sofferma su frutti neri maturi, prugna secca, mora, ciliegia stramatura, vaniglia e spezie. Il sorso è molto piacevole e, come già scritto, mantiene una dolcezza non aggressiva e una vivace acidità che si intrecciano in un suadente equilibrio, blandizie per l’anima. Una notevole persistenza accompagna delizie come crostate con marmellate di more e formaggi ben stagionati, biscotteria secca o erborinati anche tendenti al pungente. Mi incuriosirebbe però abbinarlo ad un piatto di cacciagione da pelliccia, come ad esempio uno spezzatino di capriolo cucinato alla valdostana, con bacche di ribes rosso. Un sorso di magia per nasi e palati preparati. Tanta roba!

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