Fiano di Avellino 2002
Degustatore: Fabio Cimmino
Valutazione: @@@@@
Data degustazione: 04/2010
Tipologia: DOC Bianco
Vitigni: fiano
Titolo alcolometrico: 12,5 %
Produttore: MASTROBERARDINO – Azienda Vinicola Michele Mastroberardino
Bottiglia: 750 ml
Prezzo enoteca: da 7,50 a 10 euro
Avevo già recensito questo vino a giugno del 2003 (l’etichetta è quella odierna) e pensavo di essermi lasciato prendere un po’ la mano con le 4 chiocciole. Trattandosi di un vino “base” pensavo che molto difficilmente mi sarebbe stata data occasione di un riassaggio non avendone io bottiglie in cantina e non essendo facile trovare nella carta dei ristoranti vini “d’antan” in questa fascia di prezzo. Non, naturalmente, se il ristorante in questione è proprio il Morabianca, di proprietà dell’azienda. Sono trascorsi otto anni da quel fragile millesimo che, salvo rare eccezioni (come la Valtellina dove sono stati prodotti grandissimi vini), molti produttori hanno preferito velocemente archiviare, insoddisfatti della qualità di un raccolto funestato dalle piogge, ma anche perché il giudizio sull’annata da parte della critica è stato, quasi unanimemente, negativo. Una bocciatura che come spesso accade non mi aveva visto completamente d’accordo. E’ ovvio che se si preferiscono vini esuberanti, alcolici, materici, di sostanza annate più calde e mature sono più inclini a soddisfare questo tipo di aspettative. Se, invece, un pizzico di magrezza e diluizione non vi spaventano penso che annate considerate minori, quando lavorate con criteri severi di selezione, possano riservarvi delle straordinarie sorprese. Questo Fiano targato 2002 ha seguito il felice destino condiviso, tra l’altro, con altri bianchi della stessa denominazione in questa difficile vendemmia superando brillantemente la prova del tempo. L’aspetto, pur essendosi leggermente scaricato nel colore per gli anni trascorsi, trasmette ancora una invidiabile luminosa vivacità. Il naso è complesso con sfumati ricordi di frutta e inaspettate vibrazioni minerali. Una nota tipica del vitigno ma soprattutto del millesimo, quella di farina di castagne, dona a questo bianco un tratto di distinta originalità espressiva. Al palato ha la freschezza e la tensione giusta per stare a tavola e farsi bere con soddisfazione. Se vi capita, insomma, dimenticato tra gli scaffali di qualche enoteca o ristorante (l’importante è che gli sia stata riservata una conservazione quanto meno decorosa) non abbiate esitazione a stapparlo. Il minimo sforzo economico che vi sarà richiesto ha ottime possibilità di venir ricompensato con una trascinante bevuta. Da accompagnare alle mille interpretazioni-preparazioni di baccalà che (strano a dirsi) sono frequenti nella tradizione irpina. Non posso che confermare le 4 chiocciole e passarle a 5 per meriti acquisiti sul campo…