Le Secche 2019
Degustatore: Roberto Giuliani
Valutazione: @@@@@
Data degustazione: 10/2022
Tipologia: IGT Bianco
Vitigni: ansonica, biancone, procanico, malvasia e altre locali
Titolo alcolometrico: 14%
Produttore: PARADISO DEI CONIGLI
Bottiglia: 750 ml
Prezzo enoteca: oltre 50 euro
Tutto è partito da qui, a Le Secche, una zona situata a nord-ovest dell’isola visibile solo via mare, raggiungibile via terra a piedi o con un’ape ma fino a un certo punto. Siamo in prossimità del Faro di Punta Fenaio, costruito nel 1833 e da alcuni anni divenuto proprietà privata e resort dove si può dormire e mangiare. Io ho vissuto l’esperienza di cenarci al tramonto e vi assicuro che il panorama è semplicemente superbo, con l’isola di Montecristo in primo piano, nelle giornate terse si vedono bene l’Elba e la Corsica.
Quando Massimo Piccin ha visto quel lembo di terra dove c’era una piccola vigna abbandonata, non ci ha pensato due volte e ha deciso di investire sull’isola, buona parte delle piante sono state preservate, 60 anni non si buttano, soprattutto quando sai che quei cloni si sono perfettamente acclimatati e hanno superato ogni difficoltà; l’allevamento è parte ad alberello gigliese e parte a spalliera. L’immagine può farvi comprendere quanto sia oneroso e complesso gestire un vigneto del genere…
Il vino Le Secche nasce proprio da questi 7000 metri vitati, prima annata in commercio la 2019; la fermentazione alcolica si svolge in acciaio inox mantenendo il contatto con le bucce e parte dei grappoli comprensiva dei raspi. L’affinamento avviene in anfore “Cliver”, in gres porcellanato, per circa 10 mesi. Non ha subito filtrazioni per lasciare integre tutte le sue proprietà organolettiche.
Nel calice ha un colore che richiama il “classico” orange wine, sebbene alla luce sembra ricalcare certe tinte date dagli ultimi bagliori del sole prima che scompaia all’orizzonte sul mare. Accostato al naso non lascia dubbi, il contatto con la buccia e i raspi lascia il segno richiamando l’uva principale dell’isola, l’ansonica (qui chiamata ansonaco, quindi al maschile), ma anche tutta la vena salmastra e la pietra esposta al sole fanno parte di un bagaglio espressivo davvero avvincente. Si sentono note di ginestra, miele di zagara, finocchietto selvatico, arancia amara, leggero vegetale che rimanda al raspo, ma maturo e per nulla fastidioso; poi arriva lo iodio, la macchia mediterranea, lo zenzero, salvia, eucalipto e menta essiccata, altri frutti non comuni come il corbezzolo e il sorbo. L’elenco potrebbe continuare ma preferisco soffermarmi sull’assaggio (rigorosamente a una temperatura di poco inferiore ai 16 gradi!), dove emerge chiara la presenza tannica, di cui l’ansonaco è dotato, non polverosa ma semplicemente percepibile, fornisce tonicità al sorso. Tutta la materia rimanda alle sensazioni olfattive, c’è energia, movimento, ma anche coesione ed equilibrio, come in un perfetto abito di moda. Un vino terragno, intenso e persistente, i cui accenti lo avvicinano in parte a un rosso, ma mantenendo grande finezza e mineralità.
Unico suo limite il numero di bottiglie, un migliaio, e inevitabilmente il prezzo che va ben oltre i 50 euro, ma a mio parere ci sta tutto, è un grande vino che è costato tanta fatica e dedizione. Però lo potrete assaggiare a Terre di Vite il 22 e 23 ottobre prossimi!