Degustatore: Andrea Li Calzi Valutazione: @@@@ Data degustazione: 03/2024
Tipologia: Vino Spumante di Qualità Rosato Vitigni: pinot noir 60%, chardonnay 40% Titolo alcolometrico: 12,5% Produttore: GROSJEAN Bottiglia: 750 ml Prezzo medio: da 22 a 26 euro
Veniamo al secondo metodo classico proposto da Hervé, Simon, Didier e Marco, terza generazione della famiglia Grosjean, oggi al timone dell’azienda vitivinicola omonima situata a Quart, piccolo borgo in provincia di Aosta. Questa volta troviamo un Rosé Extra Brut composto da uve pinot noir (60%) e a saldo chardonnay. Mentre il primo proviene da uno tra gli appezzamenti più alti (800-900 m s.l.m) e storici di famiglia, tra i più vocati del comune sopracitato – alludo alla vigna Tzeriat – lo chardonnay viene allevato un po’ più a sud su terreni ricchi si sabbia con pendenze dal 60-80%; le vigne sono state piantate nel 2014. In cantina si parte da una pigiatura con uva intera e macerazione in pressa per alcune ore, segue la fermentazione alcolica in acciaio a bassa temperatura. La sboccatura avviene dopo 15/18 mesi di affinamento sui lieviti, e nel caso del campione che mi appresto a degustare in etichetta viene riportata anche l’annata, ovvero la 2023; scelta che condivido appieno per ragioni legate alla trasparenza nei confronti del consumatore. Le “nobili bollicine” rosé, fortunatamente più dei vini rosati fermi, negli ultimi anni stanno incuriosendo sempre più anche il mercato italiano. Personalmente sostengo da sempre una vera e propria battaglia nei confronti dei preconcetti attributi alla categoria “rosa” del mondo enoico. Il più delle volte la versatilità di questi vini non ha pari, soprattutto nei confronti dell’abbinamento gastronomico. La cucina italiana tra l’altro, dove il pomodoro gioca quasi sempre un ruolo da protagonista, dovrebbe essere tra le prime a sposare questa tipologia di etichette. L’Extra Brut Rosé Montmary prende il nome dall’omonima vetta (2815 m s.l.m.) considerata per i Grosjean la “montagna di casa”. Versato all’interno del calice mostra una tinta color rosa tenue con riflessi buccia di cipolla, le bollicine sono simili a piccoli spilli e implementano di fatto la luminosità del vino. Il respiro non è per nulla sfacciato, tutto il contrario, cogliere le sfumature è un gioco appassionante. Nell’ordine: ribes rosso, fragolina di bosco e un agrume dolce che ricorda il mandarino; liberata un po’ di carbonica in eccedenza pennellate floreali di rosa, iris e un richiamo quasi balsamico. Nitida la scia minerale che avverto tanto anche al palato, mediante una sapidità ragguardevole e una freschezza mai in secondo piano. Rispetto al Mas du Jario Extra Brut Blanc de Noirs sfuma leggermente in anticipo, a mio avviso è un prodotto ideato per momenti conviviali dove l’estrema bevibilità deve risultare sempre il primo comandamento, ed infatti così è. L’ho abbinato ad una pizza Margherita e devo riconoscere che la bottiglia è letteralmente “evaporata”.
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Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
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