Terre Alfieri Nebbiolo Belgardo 2016

Degustatore: Andrea Li Calzi
Valutazione: @@@@
Data degustazione: 06/2021
Tipologia: DOC Rosso
Vitigni: nebbiolo
Titolo alcolometrico: 14%
Produttore: CASCINA VÈNGORE
Bottiglia: 750 ml
Prezzo enoteca: da 15 a 25 euro
Il secondo Nebbiolo presentato da Cascina Vèngore, realtà vitivinicola di Cisterna d’Asti, appartiene ad una denominazione, quella di Terre Alfieri, che a mio avviso merita molta attenzione. In queste terre la vite è allevata sin dai tempi dei romani, nel mio lungo articolo dedicato alla Cantina potrete leggere qualcosa in più; tuttavia è mia ferma intenzione ritornare nel breve periodo a porre l’accento su questa zona che rappresenta la sintesi ideale di Langhe, Roero e Monferrato. Già in antichità nel Feudo di Belgardo, da qui il nome in etichetta, la grande tradizione contadina allevava con amore, spirito di sacrificio e passione gli attuali ettari di Vèngore; inutile specificare quanta attenzione veniva riservata al re di tutti i vitigni piemontesi, sua maestà nebbiolo.
Con lo stesso spirito l’Azienda oggi gestisce 2,67 ettari in Cisterna d’Asti. Agricoltura biologica certificata e grande attenzione per la biodiversità, due filosofie per Vèngore essenziali per tutti coloro che ambiscono a far della viticoltura il proprio lavoro. Terreni tufacei, viti relativamente giovani, 5 anni, allevate a guyot con densità d’impianto pari a 4.280 ceppi/ettaro. Si utilizza solo letame e sovescio per la concimazione, rame e zolfo per i trattamenti, in vigna si pratica l’inerbimento. La fermentazione dura 8-10 giorni in vasche termo controllate a 28°C e successiva malolattica a 20 °C, l’affinamento è di 16 mesi in botti di rovere. Anche in questo caso è stata scelta l’annata 2016 non per stupire a ogni costo, semmai per dare la stessa possibilità a entrambi i vini presentati, il prodotto di due vitigni diversi che subiscono più o meno lo stesso protocollo di vinificazione e affinamento; sarà dunque il territorio a palesarsi all’interno del calice con le dovute differenze, s’intende.
Granato profondo, caldo con unghia mattone, archetti fitti e lacrime che faticano a precipitare. Avvicinando il naso è la dolcezza a trionfare, non in termini di frutta esasperata, l’esatto contrario, linee morbide e suadenti disegnate da frutti croccanti di bosco ed estivi: susina rossa, lampone, albicocca e fragolina. Ben presto la spezia dolce richiama suggestioni di noce moscata e cannella su mandorla tostata e toni boschivi di pino mugo; chiude il quadro olfattivo un richiamo salmastro che sa di bagnasciuga, sabbia bagnata, per certi versi tipico del territorio roerino.
Al palato mostra doti di grande equilibrio per via di un’ottima fusione tra acidità, sale e densità gustativa, volume; l’affinamento lieve ha giovato in tal senso, smussando angoli dati da un tannino protagonista e una freschezza che è sinonimo di grande attenzione in vigna e cantina. Un vino che a mio avviso avrà tanto da raccontare anche in futuro. Quattro chiocciole centrate in pieno. Interessante l’abbinamento con un piatto di gnocchi al ragù bianco di coniglio.