Vallée d’Aoste Petite Arvine Vigne Rovettaz 2020

Degustatore: Andrea Li Calzi
Valutazione: @@@@
Data degustazione: 02/2022
Tipologia: DOC Bianco
Vitigni: petite arvine
Titolo alcolometrico: 13,5%
Produttore: GROSJEAN
Bottiglia: 750 ml
Vino BIO: sì
Prezzo enoteca: da 15 a 25 euro
Difficilmente in Valle d’Aosta si inizia a degustare una batteria di vini escludendo il Petite Arvine; il vitigno omonimo, ma attenzione in questo caso diventa la petite arvine, è tra le cultivar a bacca bianca più importanti della regione. Il suo nome deriva dalla varietà arvine e dalla piccola taglia (petite in lingua francese) dei suoi acini, la maturazione è tardiva. Grosjean, in ottica di valorizzazione del vigneto e dei vari cru dell’Azienda, già in etichetta riporta il nome ovvero “Vigne Rovettaz”. La stessa è situata all’interno del comune di Quart (Ao), superficie totale di 1,8 Ha, con esposizione sud sud-ovest.
Le uve vengono allevate a guyot a ciglioni e a ritocchino, sistema d’allevamento piuttosto tipico delle zone di montagna o comunque dove sono presenti declivi importanti. Filari baciati dal sole posti su terreni franco-sabbiosi con scarsa profondità (minore di 50 cm) e abbondanza di scheletro. Le pendenze da queste parti sono notevoli, più del 70%, la resa è pari a circa 7000 piante/ha. Come già ampiamente rimarcato all’interno dell’articolo dedicato alla Cantina, l’agricoltura biologica (certificata dal 2015) è la filosofia intrapresa, un traguardo fortemente voluto che è il frutto di tre generazioni d’impegno costante nei confronti della salvaguardia del territorio valdostano. Le concimazioni sono eseguite con l’apporto di sostanze organiche, nella fattispecie letame maturo di bovino.
La vigna in questione è stata impianta in un periodo che va dal 1985 al 2010. Solitamente le operazioni di vendemmia vengono effettuate durante la prima decade di ottobre, durante questo periodo avviene una scrupolosa selezione. La vinificazione è in bianco con uso di pied de cuve, segue affinamento: in entrambi i casi sur lie, tuttavia il 70% della massa riposa 8 mesi in acciaio e il 30% 8 mesi in barrique di rovere francese. In entrambi i casi vengono effettuati due bâtonnage a settimana nei mesi di novembre e dicembre, affina ulteriori 90 giorni in bottiglia prima della vendita; vengono prodotte dalle 17.000 alle 18.000 bottiglie a seconda dell’annata.
Veniamo al vino, versato all’interno del calice mostra una trama cromatica paglierino vivace piuttosto solare, timidi riflessi oro antico; archetti mediamente fitti precipitano con lentezza. Il respiro, per nulla sfacciato, conquista spessore poco alla volta. Dapprima piccoli fiori di malga, erba falciata e un goloso accento tropicale; pochi istanti dopo il frutto appare protagonista, distinguo mango, banana e mela annurca. Trascorsi 20-25 minuti, con lenta ossigenazione, c’era d’api e curcuma, chiude su nitidi ricordi di calcare.
In bocca è ricco di virtuosismi: succoso, slanciato, agile, riempie il palato per poi liberarlo sul finale, dove un ritorno di frutta fresca anticipa tanta sapidità ancora leggermente fuori controllo. È un vino giovane, qualche anno di affinamento gioverà all’insieme, d’altronde la potenza del terreno e dell’ottima materia prima non passano inosservati.
L’ho abbinato ad un piatto di crespelle di grano saraceno con besciamella ripiene di prosciutto cotto alla brace di Saint-Oyen e fontina d’alpeggio, due tra i prodotti gastronomici più noti della Valle d’Aosta. Quattro chiocciole che puntano in alto.