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Wilde Extraomnes con pepe di Kampot


Ingredienti: un brillante irlandese, il birraio dell’anno e il pepe più pregiato della storia


John Nolan e Luigi

La Wilde mette insieme due belle teste, Luigi “Schigi” D’Amelio, birraio di →Extraomnes, e medagliato Birrario dell’anno, e John Nolan, irlandese da anni in Italia, che anche in questo caso senza lodi non meritate, può essere definito un personaggio “storico” nel panorama romano, e parliamo degli anni dello sviluppo, non di ora, in cui si vive una forte improvvisazione stimolata dalla corrente.
Intraprendenza, rischio e innovazione, in un ambito che 10 anni fa non era così sulla bocca e nella gola di moltissimi, assumevano senza dubbio un altro sapore.

Logo ExtraomnesNel 2004 John apre a Roma il suo primo →Off Licence, beershop ed enoteca, in cui confluiscono una grande varietà di birre, vini e distillati. Dalle proposte sullo scaffale emerge un suo gusto particolare per le bitter di tradizione anglosassone, di facile bevibilità, un’attenzione alle basse fermentazioni tedesche, classiche ed intramontabili, e un ventaglio di nomi italiani ed esteri, non sempre necessariamente noti.
Va anche aggiunto, che chi conosce John sa bene quanto gli venga fin troppo spontaneo essere serio, lontano da atteggiamenti affettati e mirati a piacere (“piacioni” proprio direi, se non volessi ancora mantenere un registro, se non alto, almeno relativo alla lingua italiana), e restare focalizzato su una sua continua ricerca della qualità tra etichette già apprezzate e quelle ancora non lanciate nel panorama. Ecco quindi come sia un passaggio quasi istintivo arrivare ad una proposta di sperimentazione e collaborazione con uno dei migliori birrifici d’Italia.
Come mi racconta Schigi, tutto nasce da un’idea di John di avere una birra secondo i propri gusti, non troppo alcolica, chiara e molto secca, per l’estate e per la stagione non ancora fredda. Schigi si presta volentieri perché ha stima di John, e butta là subito un paio di nuove idee che intende provare: l’utilizzo di un ceppo di lievito saison, il french, diverso da quello generalmente utilizzato, il belgian, più che per il profilo aromatico finale, per attenuazione e velocità di lavoro.
E poi l’uso di una spezia in particolare, del tutto unica, il pepe di Kampot. Raccolto in Cambogia, nell’omonima provincia, dal colore rossastro o nero, secondo la tipologia, è considerato uno dei più pregiati al mondo, dal sapore intenso ma dalle note più aromatiche e fruttate del classico pepe nero.

Wilde lavagna

Ascoltando entrambi, è facile poi ritrovare le loro descrizioni tutte nel bicchiere: il colore è quello di fabbrica, legato ad Extraomnes, la Wilde è bionda ma velata, con una schiuma pannosa e persistente. Al naso immediato è il lievito, il luppolo e in seguito inizia a sentirsi il pepe. Il gusto è citrico, la sensazione richiamata è di note agrumate, quasi di pompelmo rosa.
Inizialmente è una birra molto rinfrescante, dopo qualche sorso arriva più decisa la pungenza del pepe, che nei primi sorsi tendeva a restare nel finale, ma in quelli successivi si fa avanti fin da subito, senza mai coprire. Proprio l’utilizzo del pepe di Kampot, l’unicità che definisce questa birra rispetto alle altre, rendendola molto interessante, dona una certa secchezza che invita ai sorsi successivi.
La bevibilità è inoltre accentuata dal fatto che nonostante l’amaro sia abbastanza pronunciato, merito anche della buona quantità di luppolo cascade, resta comunque equilibrato, così come e anche il tenore alcolico, che pur essendo di 6 gradi circa, non si avverte.

Birra Wilde Saison

Risultato, una saison oltremodo gradevole e senza dubbio beverina (disse colei che ne volle assaggiare almeno tre bicchieri per iniziare… Rousseau sarebbe orgoglioso di me, storie di approccio educativo, naturale e spontaneo). E d’accordo con me tutte le persone che nei giorni in cui ho presidiato Off Licence hanno dato un riscontro più che favorevole, diciamo svuotando completamente lo scaffale, oltre ai bicchieri dei locali romani che l’hanno inserita nelle proprie tap list.
Infine, etichetta e nome. Il disegno sulla bottiglia è molto particolare, opera di un artista di conoscenza di John, si discosta un po’ dalla classica tipologia di etichette che ci aspetteremmo, soprattutto da un prodotto Extraomnes (che ci ha abituato – e più che bene – al suo cave canem), ma del resto si tratta di qualcosa di diverso, una delle ottime ragioni per provarla.
Per il nome, beh, in effetti tra un lievito e un pepe, ho perso un po’ le sue origini, ma credo che il fatto che sia John che lo stimato amico Oscar siano originari di Dublino, non sia del tutto un caso. E neanche che una bella ragazza di nome Kim Wilde negli anni 80 cantasse Cambodia… immagino che quelli non siano bei ricordi di adolescenza solo per Schigi. Per tutto il resto, c’è Youtube.

Hilary Antonelli

Appassionata di birra artigianale, con un debole da anni per Franconia e West Coast USA coltiva quotidianamente la sua passione tra pub, amici publican, birrai e non, e viaggi fino all'altro capo del mondo. Lasciando poco spazio alle mode, il suo posto preferito era e resta il bancone del pub. Tra una birra e l'altra si occupa di promozione e tutela del Made in Italy agroalimentare nel mondo.

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