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Zuppa di cavolo nero e Chianti Classico

Zuppa di cavolo nero

Il cavolo nero (o Kale) è un vero protagonista della tavola nei mesi più freddi ed è un ortaggio saporito, aromatico e gustoso, considerato un vero ”super food” per le notevoli proprietà benefiche. Contiene molto calcio e ha un potere antiossidante. Appartiene alla varietà dei cavoli ”da foglia” che, a differenza dei cavolfiori e dei broccoli, non sviluppa una testa centrale. Chiamato anche cavolo toscano, cavolo a penna o cavolo palmizio, è formato da un cespo di foglie lunghe e arricciate di colore verde scuro con sfumature bluastre. È un ingrediente versatile e protagonista di numerose ricette, bollito, saltato in padella, cotto a vapore o consumato crudo.
La parte edule per il consumo umano è rappresentata principalmente dalle foglie private dello stelo, le quali sono utilizzate per numerose preparazioni che in Italia comprendono la tipica ribollita, la zuppa, la bruschetta e il risotto. Il periodo migliore per utilizzarlo è quello invernale caratterizzato da temperature molto rigide perché, secondo l’opinione comune, nei periodi successivi alle gelate invernali di gennaio e febbraio le foglie risultano meno coriacee e più saporite.

ingredienti Zuppa di cavolo nero

Viene usato soprattutto nella cucina toscana. In Spagna viene usato per la preparazione del cocido, spesso con patate e vari tagli di carne suina. In Portogallo e in Galizia è alla base della preparazione del caldo verde.
Una curiosità, questo tipo di cavolo è usato in varie zone del mondo, in quantità moderata, come pianta da foraggio nell’alimentazione dei bovini da latte, in quanto favorisce la lattazione.

Ingredienti per 4 persone

  • 400 g di cavolo nero
  • 2 patate
  • 1 cipolla piccola
  • 1 carota
  • 1 costa di sedano
  • 250 g di fagioli secchi
  • 1 foglia di alloro
  • 200 g di conserva di pomodoro
  • Olio evo q.b.
  • Sale fino q.b.
  • Pepe nero macinato al momento a piacere

Preparazione
Questa ricetta è molto semplice. Utilizzo fagioli secchi, perché l’inverno non è stagione di fagioli freschi, ma si possono usare anche quelli surgelati in estate appena raccolti e sgranati dai baccelli. Usando quelli secchi, la sera prima si devono mettere a bagno in una ciotola di acqua.

Zuppa di cavolo nero

Prima di cominciare a cucinare, lavare accuratamente, una a una, le foglie di cavolo, scolarle, privarle della costa centrale e tagliarle a listerelle. Pulire e lavare patate, carote, sedano e cipolla. Tagliare le patate sbucciate a tocchetti. Tritare finemente sedano, carota e cipolla.
In una pentola capiente mettere a rosolare il trito con una buona dose di olio (quantità di olio a scelta a seconda di quanto si desidera che la zuppo sia condita).
Aggiungere la foglia di alloro e le patate e far insaporire per qualche minuto. Unire anche la polpa di pomodoro, i fagioli ben scolati e le foglie di cavolo nero.

Zuppa di cavolo nero

Mescolare bene il tutto in modo che si insaporisca e poi coprire con acqua calda. Salare e pepare a piacere, mettere il coperchio e far cuocere per almeno due ore a fuoco molto dolce.
A fine cottura, per rendere la zuppa più cremosa, si possono frullare una parte dei fagioli e delle patate che vanno poi aggiunti di nuovo al resto.
Far tostare un paio di fette di pane casareccio, impiattare la zuppa ben calda (in fondine, oppure in coccetti o in scodelle) e guarnirla con del pane casareccio tostato. Condire con un giro di olio extravergine di oliva crudo, come fanno appunto i Toscani, e il piatto è pronto per la tavola.

Ornella Bezzegato


vigneti tenuta Pèppoli

Il vino Chianti Classico Pèppoli 2019 Antinori
Ricordo ancora oggi un anziano amico pisano e produttore di vino e di olio extravergine di oliva in quel di Montalcino alla Lecciaia che in una taverna locale, appena servitagli un’appetitosa zuppa di cavolo nero fumante, ordinò l’olio extravergine di oliva che però in tavola mancava e quando gli dissero che non ce n’era più neanche in cucina respinse sdegnosamente il piatto e ci vollero santi e madonne per trattenerlo al tavolo a mangiare qualcos’altro per quanto si era infuriato, infatti lo ritrovai in seguito soltanto giù dalla Lucia.
Perciò mi appello al vostro buonsenso: senza l’olio extravergine di oliva (meglio ancora sarebbe quello nuovo appena fatto in autunno) questa zuppa non riuscirete a gustarla come si deve, quindi regolatevi! In quanto al vino, che dev’essere rosso e giovane non avete che una scelta fra due sole possibilità, fra due sole alternative: un Chianti Classico giovane  oppure… un altro Chianti Classico ancora più giovane!
Vero è che ai corsi di sommelier si cerca sempre di proporre sia un duraturo matrimonio d’amore secondo il principio ”mogli e buoi dei paesi tuoi” sia una scappatella con un’amante forestiera, ma con la zuppa di cavolo nero non si sfugge al mattarello in testa da parte della moglie se ci si prova. Chianti e basta, da qui all’eternità.
Ho avuto delle difficoltà a trovarne uno che si accordasse con le mie preferenze personali. In Chianti è successo di tutto e il contrario di tutto nell’ultimo mezzo secolo e ci sono in giro delle vere eccellenze, a prezzi adeguati appunto all’eccellenza e che ripagano giustamente i produttori ma che verrebbero a costare al bicchiere anche molto di più di ciò che costa la zuppa, come ci sono in giro anche troppe ciofeche che di Chianti disonorano il nome e di cui dovrebbero vergognarsi le commissioni d’assaggio per il rilascio della fascetta rosa della DOCG. Mi è venuto in soccorso però il buon Giansandro Moncalieri che, cercando un onesto buon Chianti tipico e senza  fronzoli mi ha fatto ricordare un amore di gioventù: Pèppoli.
Non mi piace parlare dei grandissimi produttori di vino perché ne parlano tutti, sono adorati da tutti e non hanno proprio bisogno di un altro cantore che si accoda al coro. Perciò è raro che possiate trovare qualche mio pezzo sui loro vini e soltanto in occasioni particolari, come questa, quando per me è difficilissimo scegliere un Chianti Classico da quando questa denominazione è scaduta nella volgarità di certi scandalosi imbottigliamenti destinati a discount, ipermercati e stazioni di carburante con tanto di fascetta rosa del Consorzio di Tutela (sic!) che penalizza così l’immagine dei veri Chianti Classico di grande levatura che sono sempre stati un vanto della produzione nazionale di vino di eccellente qualità.

vigneti tenuta Pèppoli

Ma quello che mi viene sempre in mente, come il primo amore che non si scorda mai, è Pèppoli fin dal 1985. Già allora questo ”Pèppoli” Chianti Classico piaceva al mio amico Loris Scaffei, al dott. Santoni e al marchese Niccolò, il padre di Piero che presiede oggi con capacità incommensurabile questa grande azienda diretta dalle figlie Albiera, Allegra e Alessia. È uno dei pochi vini che non si è fatto stravolgere, durante tutta la sua lunga storia, da quelle effimere mode di vinificazione estemporanea che hanno imperversato a sorti alterne come sirene o come chimere nel Chianti ed è restato sempre integro nella sua personalità (ricordo uno straordinario 1966 bevuto e goduto a Orvieto proprio con Loris nella tavernetta del cav. Foresi che affaccia sull’angolo del Duomo), a differenza del Santa Cristina che invece è stato declassato e sacrificato alle bizze del mercato.
Era stato concepito, infatti, per essere apprezzato nel pieno dell’espressione di un fruttato succoso da uve Sangiovese unite a varietà complementari coltivate nella tenuta Pèppoli di cui si conosce la storia dal Medioevo quando a curarne i vigneti erano i monaci Vallombrosani. Nel 1379, quando i Guelfi erano stati sconfitti dai Ghibellini, il monastero di Badia a Passignano era stato parzialmente distrutto e le sue estese proprietà, tra le quali appunto la tenuta Pèppoli, erano state divise tra i nobili fiorentini, tra cui i Gondi e poi i Cerchi che non si sono fatti sfuggire questa terra incantata, un anfiteatro naturale, una piccola valle dal microclima ideale perché mantiene il calore del terreno, pietroso, ricco di minerali e ventilato dalle brezze marine che donano al vino un bel fruttato, una insolita morbidezza e una certa vivacità.
Questa tenuta è diventata una proprietà dei Marchesi Antinori proprio dal 1985, l’anno in cui hanno festeggiato il secentesimo anniversario dell’attività vinicola dalla famiglia, con Niccolò e sua moglie Carla della Gherardesca. Mentre tutti gli invitati di ogni parte del mondo cognomi altisonanti si rimpinzavano in salone con una marea di pietanze rinomate della tradizione chiantigiana, i due marchesi erano rifugiati in una saletta riservata e lontana dal chiasso e si godevano in santa pace delle semplici zucchine bollite con un filo di ottimo olio extravergine di oliva. La tenuta si trova a cinque chilometri dalla tenuta Tignanello e ha una superficie totale di 100 ettari, di cui 27 sono coltivati a uliveto con 5.500 piante delle varietà frantoio, leccino e moraiolo, alcune delle quali secolari, per la produzione dell’olio biologico extravergine e 50 sono coltivati a vigneto (con una insolita esposizione Est-Nord/Est), proprio quello da cui nasce il ”Pèppoli” Chianti Classico DOCG.

vigneti tenuta Pèppoli

Il ”Pèppoli” Chianti Classico 2019 che ho bevuto con la zuppa di cavolo nero (ma vi consiglierei quello più giovane in commercio e c’è già il 2020) è stato fatto con uve sangiovese al 90% e uve merlot e syrah insieme al 10%. La vinificazione avviene separatamente. La fermentazione avviene in acciaio inox a una temperatura controllata di 26-28°C. Per il sangiovese con una macerazione per 10 giorni, mentre le altre uve complementari sono rimaste ancora a contatto con le bucce per altri 5 giorni circa. Dopo l’estrazione dei tannini soffici e la malolattica avvenuta separatamente per tutte e tre le varietà di uva, il vino è stato assemblato e fatto maturare per circa 9 mesi in botti grandi di rovere di Slavonia e in piccola parte in barriques (o in acciaio inox, a seconda dell’annata), prima di essere imbottigliato. Tenore alcolico: 13,5%.
La piacevolezza della beva è straordinaria e si preannuncia già dal colore, un rubino con riflessi purpureo/violacei, non granata come quasi tutti gli altri Chianti Classico. All’attacco emana profumi di frutta rossa succosa, come ciliegie e lamponi con sfumature di violetta, che introducono un bouquet molto aperto e ricco di rosa rossa, rosa canina, ribes rosso, susina con un tocco di pepe e radice di liquirizia. In bocca è brioso, saporito, succoso, delicato nella sua vena acidula grazie a un tannino carezzevole e al fresco apporto di sapidità. Il finale è lungo con un retrogusto fruttato e leggermente speziato piuttosto persistente che mette di buon umore e richiama subito la compagnia, la tavolata, la festicciola alla buona. Consiglierei di servirlo e di mantenerlo a una temperatura tra i 16 e i 18 °C  per goderlo meglio con le zuppe e con i primi piatti conditi con sughi di carne, le carni rosse grigliate, i salumi morbidi e freschi e i formaggi a media stagionatura.

Mario Crosta

Marchesi Antinori
Sede operativa: via Cassia per Siena 133, loc. Bargino, 50026 San Casciano val di Pesa (FI)
coord. GPS parcheggio: lat. 43.613867 N, long. 11.190341 E
Tel. 055.2359700 e 066.23595, sito web www.antinori.it, e-mail antinori@antinori.it

Ornella Bezzegato e Mario Crosta

ORNELLA BEZZEGATO - Ha iniziato la carriera lavorativa come segretaria di direzione, che ai suoi tempi si usava molto ed era proprio quello che desiderava fare! Con il passare degli anni le sue competenze si sono arricchite (le segretarie venivano pian piano sostituite dal pc...) e così è passata dall’industria alla moda per poi approdare alla finanza. Ha lavorato infatti vent’anni nella sede milanese di una banca d’affari internazionale dove si è occupata di societario e personale. E poi finalmente è arrivata la pensione, così ora può coltivare le sue passioni: il giardinaggio, la cucina e tutto ciò che arricchisce lo spirito. Con grande soddisfazione del marito Fabio (il buongustaio), degli ospiti, dei gatti, degli scoiattoli e dei ricci. MARIO CROSTA - Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, nonché per alcuni blog. Un fico d'India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.

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