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Zuppa di scarola e lenticchie abbinata con Cilento Fiano

Zuppa di scarola e lenticchie

L’uso in cucina della scarola è antico, particolarmente in Campania, dove la ritroviamo in svariate preparazioni. Vista la presenza di molta acqua, questa verdura risulta poco saporita – scaròla o scariòla dal tardo latino scarìola, derivazione di escarius (”commestibile”) – quindi gli antichi contadini avevano l’abitudine di unirla con altri ingredienti; da qui il suo felice matrimonio con i legumi – nel nostro caso le lenticchie – che danno vita a un piatto povero unico, sostanzioso e allo stesso tempo saporito ed economico.
Io cucino quella ”liscia”, che si presenta con un colore vede chiaro al vertice delle foglie e bianco sul fusto, ma che, a cespo aperto, nel cuore racchiude delle piccole foglie di colore giallo sempre più chiare e sempre più fitte.

Zuppa di scarola e lenticchie

Ci sono anche altre tipologie, per esempio la ”riccia” sia grossa sia fine, la “gigante” e la “bionda”, ma la scarola liscia in versione di zuppa cremosa diventa un classico della tradizione partenopea e, insaporita dalla nota piccante conferita dal peperoncino e completata dalla croccantezza dei crostini di pane tostato (ideale il pane del giorno prima) arricchito da un giro a crudo di olio extravergine di oliva per rafforzarne il carattere, con le lenticchie è anche una ricetta perfetta. Se avete amici o familiari vegetariani, senza considerare che le lenticchie sono uno dei pochi legumi che, anche quando li comprate secchi, non hanno bisogno di essere messi a bagno per ore prima di cuocerli.

Quantità per 4 persone

  • 500 g di scarola liscia
  • 250 g di lenticchie secche di montagna
  • 1 costa di sedano
  • 1 carota piccola
  • 2 spicchi di aglio
  • 1 foglia di alloro
  • mezzo peperoncino
  • olio e.v.o. q.b.
  • 4 fette di pane tostato
  • sale fino q.b.

Procedimento
Lavate bene la scarola, eliminando eventuali residui di terriccio, tagliatene grossolanamente le foglie e mettetele in un tegame con uno spicchio d’aglio sbucciato e mezzo peperoncino, quindi chiudete con il coperchio e stufatela a fuoco basso, per farla appassire un po’.
Eliminate l’acqua in eccesso e ripassate la scarola in un tegame con un giro di olio extravergine di oliva e un pizzico di sale.

Zuppa di scarola e lenticchie

Nel frattempo dedicatevi alle lenticchie, facendole cuocere per circa 15/20 minuti in acqua con alloro, sedano e carota tagliati a cubetti e uno spicchio d’aglio sbucciato. Una volta cotte, unite la scarola, aggiustate di sale, condite con l’olio extravergine di oliva (potrebbe essere ideale quello della varietà moraiolo) e mescolate bene il tutto, cuocendolo a fuoco basso per qualche minuto, in modo che si insaporisca ottimamente il tutto.
Ponete delle fette di pane su una teglia e lasciatele tostare per circa 5 minuti nel forno anche solo funzione grill o a 180°C. A questo punto servite la zuppa in piatti fondi o ancora meglio nei tradizionali coccetti di terracotta, condite quindi con olio extravergine di oliva e accompagnatela con del pane tostato.

Fosca Tortorelli


Il Colle del Corsicano

Il vino consigliato: Cilento Fiano Licosa 2020 dell’azienda agricola Il Colle del Corsicano
Il giovane Alferio Romito ha trascorso la sua vita in vigna fin da bambino con la nonna Rosa che lo portava alle vendemmie in vigna e l’ha appassionato al punto tale fin dai banchi delle elementari che ha scelto proprio il mondo del vino per dedicarci la vita intera. A 14 anni, durante il primo anno di scuola superiore da perito agrario, aveva impiantato il suo primo vigneto e poi aveva continuato a fare esperienza in altre cantine, mentre proseguiva gli studi.
Si è laureato nel 2009 in Viticoltura, Enologia e Scienze Agrarie presso la Facoltà dell’Università Federico II di Portici sotto le direttive del professore Luigi Moio. Può vantare anche esperienze maturate sul campo presso l’azienda di Luigi Maffini con cui ha collaborato. La sua famiglia produceva già olio e vino sfusi da trent’anni e nel 2013, quando ha ereditato la vecchia vigna, ha cominciato a gestirla in proprio fondando l’azienda Il Colle del Corsicano Vignaioli in Castellabate che nel nome richiama quello del ripido colle dove nel 2017 ha portato a termine con successo la sua prima vendemmia.
L’azienda si trova in provincia di Salerno a San Marco di Castellabate, una tra le località più belle del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, un vero paradiso immerso nella macchia mediterranea a pochi metri dal mare di quel Cilento che dall’Unesco è stato dichiarato, non a caso, Patrimonio dell’Umanità. In totale si tratta di una superficie di 10 ettari circa a conduzione biologica certificata dal 2020 con le vigne suddivise in due corpi, uno dei quali lambisce il mare di Punta Licosa.

Il Colle del Corsicano

Scendendo in campo, Alferio è andato ad accrescere l’esigua pattuglia dei viticoltori del Cilento, che però rimangono sempre pochi, data la qualità dei vini che questa terra sa esprimere. Da lui il suolo viene nutrito con sostanze organiche e con elementi minerali rilasciati dallo sfalcio degli inerbimenti spontanei o seminati che vengono rinterrati. Si adotta l’inerbimento totale sia nelle vigne che negli oliveti per proteggere il suolo contro l’erosione e dalle alte temperature estive che sono ormai sempre in aumento. La protezione delle piante avviene tramite l’uso di sani prodotti biologici, di copertura, a protezione dell’ambiente.
Alferio ha scelto la coltivazione biologica perché crede nei valori della sua terra e non per moda o per cavalcarne la tendenza, ma perché crede ciecamente nei valori della propria terra natia, la terra dove ha deciso di restare quando poteva benissimo guadagnare altrove molto di più e con meno fatica, dandole il risalto che merita grazie ai vini che produce.
Le etichette in commercio sono tre: il bianco Fiano ”Licosa”, il rosso Aglianico ”Patrinus” e il rosato Furano. A San Marco di Castellabate si trovano i terreni storici di famiglia dove si coltivano le vigne a bacca rossa aglianico e primitivo. A Punta Licosa, invece, a pochi metri da uno splendido mare, ha impiantato un vigneto di 2,5 ettari su un terrazzone roccioso che s’innalza rassicurante sopra le onde in questo magnifico luogo, una terra suggestiva di miti e leggende dove si coltivano prevalentemente uve fiano. Non a caso, il termine Licosa, deriva dal greco Leukosia che significa bianca.
Licosa è un’autentica espressione del vitigno fiano del Cilento che qui dona dei vini caratterizzati da una struttura intensa e da un gusto armonioso, con note organolettiche tipiche di fruttato a polpa gialla. Durante l’ulteriore affinamento in bottiglia che può tranquillamente svolgersi per parecchi anni, dato che sono vini particolarmente longevi, si sviluppano note floreali che ricordano i fiori bianchi, già in nuce nella loro giovinezza come precursori d’aroma.
Durante la maturazione, inoltre, le uve di fiano coltivate in questa sola vigna di Punta Licosa si giovano della brezza marina proveniente dal mare, denominata Furano nel linguaggio cilentano, che evidenzia ulteriormente la sapidità. La vicinanza con il mare, infatti, ha un’influenza enorme perché il periodo vegetativo della vite, dal germogliamento fino alla maturazione, è maggiore che all’interno e questa crescita più allungata conferisce al vino una struttura che presenta una maggiore corposità e alcolicità.

Cilento Fiano Licosa 2020 Il Colle del Corsicano

Le viti del Cilento Fiano ”Licosa” 2020 sono coltivate su terreni dai suoli  sabbiosi e misti sabbiosi argillosi con esposizione sud/ovest, nord/ovest e sono allevate a controspalliera semplice con potatura a Guyot. Le uve di fiano sono state raccolte a mano in piccole cassette da 15 kg e vinificate in purezza con una fermentazione di 40 giorni. Il loro vino è maturato per 7 mesi in vasche di acciaio a temperatura controllata e si è affinato in vetro per altri mesi prima della commercializzazione con un tenore alcolico del 13,5%. La bottiglia ha un tappo tecnologico Nomacorc che non soltanto impedisce quella contaminazione fungina che diffonde il ”sapore di tappo”, ma permette anche di scegliere quanti mg di ossigeno lasciar traspirare ogni anno.
Nel calice mostra un bel colore giallo paglierino luminoso con riflessi verdi. All’attacco i profumi di zagare, biancosino e ginestra aprono un bouquet ricco di aromi fruttati vivaci, con le note di nespola, albicocca, pesca bianca e agrumi tra sfumature di mirto e di timo. In bocca si avvertono anche l’ananas, la mela e la pera con il muschio, la salvia e lo zafferano in un’atmosfera sapidamente marina. Nel finale esprime una notevole persistenza mentre appaiono anche cenni di frutta secca come fichi e nocciole. È un vino di buon corpo dalla struttura intensa con una matrice lievemente acida che dona freschezza e persistenza. Il sorso è morbido, delicato, rotondo, succoso, fresco, aggraziato,molto gradevole nella sua finezza che è in armonia con la sua corroborante energia.
Lo servirei a una temperatura da mantenere in glacette a 10°C e lo consiglierei anche abbinato con i gustosi piatti della tipica cucina cilentana di mare, crudité di pesce, insalate di riso, carni bianche in salse nobili e in gelatina, antipasti di salumi misti, morbidi latticini.

Rolando Marcodini

Azienda Agricola Il Colle del Corsicano
Contrada Franco, 84048 Castellabate (SA)
coordinate GPS: lat. 40.252107 N, long. 14.959912 E
cell. 339.8471226
sito www.ilcolledelcorsicano.it, e-mail info@ilcolledelcorsicano.it

Fosca Tortorelli e Rolando Marcodini

FOSCA TORTORELLI - È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, Ambiente e Storia, la tesi sperimentale dal titolo “Reinterpretare le Cellae Vinariae. Ambiente, Processo, Produzione” e una successiva pubblicazione in collaborazione con la Prof. Muzzillo F. dal titolo “Vitigni del Sud: tra storia e architettura” (Roma Natan Edizioni, 2012). Ha conseguito il Master Sommelier ALMA-AIS (luglio 2016) presso ALMA a Colorno (Parma). Fa parte dei Narratori del Gusto e insieme al Centro Studi Assaggiatori di Brescia partecipa a panel di degustazione di rilievo nel settore enogastronomico. Fa parte anche dell’associazione Donne del Vino, ha scritto sulla rivista l’Assaggio, oltre che su diverse testate registrate e ha preso parte alle degustazioni per la Guida Vitae, per la guida Slow wine 2017 e per la guida Altroconsumo. Dal 2018 è giornalista pubblicista. ROLANDO MARCODINI - Ha smesso di giocare in cortile fra i cestelli dei bottiglioni di Barbera dello zio imbottigliatore all'ingrosso per arruolarsi fra i cavalieri di re Nebbiolo e offrire i suoi servigi alle tre principesse del Monte Rosa: Croatina, Vespolina e Uva Rara. Folgorato dal principe Cabernet sulla via dei cipressi che a Bolgheri alti e stretti van da San Guido in duplice filar, ha tentato l'arrocco con re Sangiovese, ma è stato sopraffatto dalle birre Baltic Porter e si è arreso alla vodka. Perito Capotecnico Industriale in giro per il mondo, non si direbbe un "signor no", eppure lo è stato finché non l'hanno ficcato a forza in pensione da dove però si vendica scrivendo di vino in diverse lingue per dimenticare la bicicletta da corsa, forse l'unica vera passione della sua vita, ormai appesa al chiodo.

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