“Estrecho” Monastrell Alicante 2014 Enrique Mendoza
La città di Alicante con l’omonima provincia, a sud di Valencia, è una delle più accoglienti zone turistiche di mare della Spagna, dove la vite esisteva già coltivata almeno 3.000 anni fa nei villaggi degli Iberi, ma la vera e propria vitivinicoltura è arrivata con i Fenici e i Greci fin dall’VIII secolo a. C. e si è sviluppata con i Romani. Ci sono notizie invece molto vaghe sui vini del Medioevo, a causa dell’invasione dei Mori di religione musulmana, ed è solo nel XVI secolo, con il re Filippo II, che i vini di Alicante entrano veramente nella storia documentata. I vigneti più importanti, all’incirca 10.000 ettari, si trovano però sull’altopiano a ovest del capoluogo, in una zona a denominazione di origine fin dal 1932.
Enrique Mendoza produceva vino artigianale per il consumo famigliare già negli anni ’70 del secolo scorso a Marina Maixa. Il vino era buono, valeva la pena d’investire e così nel 1989 sono uscite sul mercato le prime bottiglie e alle piccole vigne iniziali si sono aggiunti 15 ettari ripartiti fra due cantine, una a L’Alfàs del Pi, dove i vini maturano e vengono imbottigliati e commercializzati, e l’altra (finca El Chaconero) di coltivazione e vinificazione sull’altipiano a circa 60 km più a ovest, nell’agro di Villena. I nuovi vigneti si trovano in queste terre più fredde della sottozona Strada Yecla, nel Nord-Ovest della denominazione Alicante e in particolare nelle parcelle delle comarche Vinalopó-Alto e Vinalopó-Medio a occidente della città di Villena, vicino al Santuario de Nuestra Señora de las Virtudes, più conosciuta come Virgen de las Virtudes e chiamata popolarmente ”la Morenica”. Enrique aveva cominciato lentamente, chiedendo consigli per l’acquisto di macchinari a poco a poco, come fa un uomo della tradizione, tanto che aveva piantato tre terrazze di vigneti, una per ciascuno dei suoi figli.
Il maggiore, José (”Pepe”) Mendoza Gracia è diventato enologo e si è innamorato della campagna, mentre il fratello Julián Mendoza Gracia è presidente e anche direttore amministrativo e commerciale. I Mendoza hanno continuato a comprare terreni e a introdurre le tecnologie moderne, perché qui si trovano le condizioni più adatte dei suoli e del clima. I terreni sono sabbiosi e argillosi, con una granulometria e una consistenza particolarmente adatte alla coltivazione della vite. L’elevata porosità e la buona permeabilità facilitano il drenaggio e impediscono la ritenzione idrica stagnante. In questa maniera si evita in modo naturale la proliferazione di funghi fitopatogeni. Con un dosaggio adatto di concime organico e di sali di ferro, queste terre fanno miracoli, perciò i Mendoza hanno adottato la coltivazione biologica.
Attualmente hanno 120 ettari con 300.000 piante che producono circa 450.000 bottiglie all’anno. Sono fioccati subito i più ambiti riconoscimenti come il premio per il miglior vino di tutta la Spagna assegnato al Santa Rosa 2001 dal prestigioso circolo Enoforum del 2006. Sono vini la cui filosofia è trasmettere l’essenza e la cultura del paesaggio in cui sono cresciuti e sono fatti con la convinzione che il buon vino nasce in campo, sul ceppo. Qui si fanno trattamenti preventivi con l’omeopatia, mantengono rese basse che permettono di ottenere una maggiore concentrazione di sostanze nutritive nelle uve e producono così dei vini con una spiccata personalità, che rappresentano bene il paesaggio in cui sono cresciuti. Le basi per ottenere “il miglior vino” sono le migliori tecniche di viticoltura e le migliori uve.
Nella finca El Chaconero le vigne sono coltivate in modo ecosostenibile con l’ambiente (niente erbicidi né insetticidi, solo concime organico ottenuto naturalmente con il compost ricavato dalle deiezioni del bestiame aziendale. Si usano anche le tecniche più avanzate per interagire con piante come la dendrometria (per misurare lo stress idrico delle piante) o la viticoltura di precisione che permette un controllo esaustivo della pianta attraverso alcuni sensori per conoscerne lo stress idrico e intervenire nella maturazione di uve più fresche e ricche di sostanze. La prima misura nella pratica colturale è quella di un’aerazione adeguata dei grappoli, potando l’eccesso di verde e creando così un ambiente più arioso e sano, sfavorevole all’oidio. Non si usano fungicidi di sintesi, ma si spruzzano solo zolfo e cannella.
La tignoletta dell’uva, che è considerata il danno peggiore dei vigneti della penisola iberica, invece che con gli insetticidi si combatte in modo naturale, utilizzando la tecnica della confusione sessuale con feromoni. Il mal dell’esca, che causa la putrefazione del legno, è una malattia fungina conosciuta già nell’antica Grecia, presenta due patologie causate da due diversi tipi di funghi: una sviluppa striature brune e necrosi bruno-rosate nel fusto, e l’altra degrada il legno del fusto riducendolo a una massa spugnosa e friabile nota con il nome di carie bianca. Non esiste ancora un prodotto atossico in grado di curarla e la strategia di lotta comprende interventi sia in vivaio sia in vigneto, a partire dalla disinfezione preventiva della terra e dalle scrupolosità delle potature, evitando profonde fenditure (e comunque cicatrizzando quelle inevitabili con il mastice, potando prima solo tutte le piante sane mentre si contrassegnano quelle malate da potare alla fine, allontanando e bruciando i residui di legno e quelle morte o con la necrosi ormai rilevata al colletto.
A causa dei cambiamenti climatici rilevati negli ultimi 10 anni, con annate in cui le gelate hanno fatto strage di ceppi oppure la siccità e il calore torrido hanno fatto strage di uve si sono scelti vitigni molto resistenti e si sono evitate le densità troppo elevate di piante per ettaro. Ma nelle vigne di Mendoza sono già andati oltre, sia scegliendo vitigni molto resistenti alla siccità sia sperimentando coperture differenti delle piante con le reti ”antigrandine” di tre diversi gradi di ombreggiatura (90%, 34%, 13%) accanto a filari dalla più completa insolazione. Durante la maturazione si effettuano campionature a cadenza settimanale dell’invaiatura sia di grappoli interi sia di acini singoli e se ne registrano i parametri fondamentali per la qualità (come grado Baume, pH, acidità totale, IPT, IC e antociani). Si realizzano delle microvinificazioni per controllare la vinificazione delle uve diversamente ombreggiate con analisi di tutti i parametri: zuccheri residui, alcool, acidità totale, acidità volatile, IPT, IC, tannini e antociani (totali, copigmentati, liberi e polimerizzati), ionizzazione, polimerizzazione, HCl, etanolo e gelatina. Per ora si è rilevato che uno stress controllato e moderato della pianta con un rallentamento della maturazione delle uve dovuto a una certa ombreggiatura è un fattore di qualità e stabilità dei vini, ma queste sono solo le prime conclusioni derivate dallo studio che proseguirà ancora per anni.
Sin dalle origini, le bodegas Enrique Mendoza hanno optato per assemblare i vini derivati dai vitigni autoctoni di Alicante, come monastrell e moscatel romano (moscato di Alessandria), con quelli forestieri e si sono raggiunti ottimi risultati con syrah, cabernet sauvignon, pinot noir, petit verdot e merlot, la cui maturazione avviene in botti selezionate di rovere bianco delle migliori foreste del mondo: quelle francesi di Allier, Limousine e Nevers, quelle nordamericane del Missouri e dell’Oregon e quelle cecene e quelle russe. In ogni caso, il vino che mi è piaciuto di più viene dal monastrell, che è il vitigno più rappresentativo di questa terra ed è coltivato nei tre quarti dei vigneti di Alicante. La differenza del monastrell alicantino rispetto a quello delle altre zone più vicine della regione di Valencia è nella freschezza del suo vino, che si adatta anche molto bene all’assemblaggio con i vini di altre varietà. I grappoli sono di dimensioni medie, ma molto compatti e in grado perciò di sopportare le lunghe insolazioni e le peggiori condizioni di siccità per fornire vini di grande potenza aromatica e di alto livello, con una carica fenolica a elevate percentuali di resveratrolo, il miglior antiossidante per essere umano. È un’uva a maturazione tardiva e di solito la raccolta avviene verso la fine di settembre e in ottobre, ma può anche sovramaturare benissimo sulla pianta.
L’Estrecho Monastrell 2014 deriva da uve monastrell in purezza cresciute in un’unica parcella di vigna situata nella zona “Estrecho de Pipa” di Villena a 700 metri di altitudine sul livello del mare e con ideali caratteristiche morfologiche e attitudinali del suolo arenoso e alluvionale nel suo rapporto con le piante e l’ambiente circostante. Il vigneto cresce su sabbie fini molto povere di sostanze organiche, ma che permettono alle uve di raggiungere la maturità polifenolica perfettamente e senza stress. È un vigneto tradizionale con 1.500 piante per ettaro senza alcuna irrigazione di sostegno, concimata solo dal compost aziendale a base di deiezioni ovine e coltivata secondo il principio di rifiuti zero, cioè non ha mai ricevuto erbicidi, insetticidi e prodotti chimici di sintesi, ma solo zolfo in polvere, rame e il batterio “bacillus thuringiensis” contro i bruchi dannosi. Il mosto è stato vinificato in acciaio inox e il vino poi è maturato per 14 mesi in botti nuove da 500 litri di rovere di Allier. Il colore è rosso rubino con riflessi granati, senza complessi e senza ossessioni per l’estrazione, pulito, luminoso e allegro. Il bouquet degli aromi è ricco con un bel fruttato di piccoli frutti rossi, fichi e cedro su fondo di terra bagnata, leggere note balsamiche di ginepro e rosmarino e un accenno di sigaro dolce. In bocca l’attacco è piacevole, si sentono anche il buon cuoio e i tannini morbidi che accompagnano una bella freschezza. Il finale è piacevolmente acidulo e un po’ piccante, molto lungo e grasso.
Mario Crosta
Bodegas Enrique Mendoza
Partida El Romeral s/n, 03580 L’Alfàs del Pi (Alicante) SPAGNA
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