I racconti di Alda: Una giornata perfetta
“Andiamo prima che arrivi l’autunno” avevo detto e così era stato.
Partimmo una mattina di fine settembre verso le dieci e trenta con un sole quasi estivo. La macchina filava tranquilla lungo le strade senza traffico, nonostante fosse sabato e il tempo invogliasse ad abbandonare la città. La nostra meta era il santuario della Madonna di Loreto. Attraversammo l’Umbria, tra i fianchi di una campagna verde di alberi e di colline popolate, qua e là, da piccoli paesi raggruppati tra loro come in un paesaggio da presepe. Eravamo allegri, tra parole scambiate con il piacere di ritrovarci, tutti e quattro insieme, per quella gita progettata da tempo e infine realizzata dall’oggi al domani. Lui e Lei davanti, noi due nei sedili posteriori.
“Allacciatevi le cinture” ci aveva ricordato Lui alla partenza e subito dopo aveva messo la musica. Era impensabile salire sulla sua macchina e non essere accompagnati dal suono di un pianoforte, di una tromba, di una voce, tutto a basso volume, come una carezza quasi impercettibile ma essenziale.
Attraversammo tunnel lunghi e brevi, quasi inseriti gli uni negli altri, come in un’enorme matriosca e, ogni volta che ne uscivamo, c’erano il sole e la natura a stupirci.
Ci lasciammo l‘Umbria alle spalle ed entrammo nelle Marche, tanto verde anche lì e poi, dopo un lungo e piacevole percorso, quasi all’improvviso, il mare.
“Civitanova” annunciò Lui “ qui ci fermiamo per il pranzo, ho prenotato in un ristorante nel quale non sono mai stato, ma che promette bene”.
Ci fidammo, d’altronde non avevamo alternative e l’ora era giusta per l’appetito che cominciava a farsi sentire. Proprio a quel punto ci fu l’unico momento di leggera tensione, così leggera da farci sorridere. Non si trovava la strada e tantomeno il ristorante, giravamo e rigiravamo tra la rotonda e il lungomare e noi, alle loro spalle, ci chiedevamo, sussurrando, per quale misterioso meccanismo psicologico, gli uomini alla guida non vogliono chiedere mai indicazioni a qualche passante. Fu Lei a sbloccare la situazione telefonando al locale. Scoprimmo così che c’eravamo passati davanti almeno tre volte.
Entrammo, subito accolti con gentilezza e premura, un cameriere ci accompagnò al nostro tavolo. La spiaggia era lì davanti a noi, con la sabbia sottile, quasi bianca e il mare calmo, solcato qua e là da imbarcazioni sempre più lontane, un bambino giocava con paletta e secchiello, una famiglia aveva allestito un tavolino per il pranzo al riparo di un ombrellone coloratissimo. Lui aveva scelto davvero bene, un ambiente soft e raffinato, ma con discrezione, senza eccessi ed era tutto buono, presentato e servito in modo inappuntabile. Sfoderando la sua professionalità di fotografo, riprese ogni minimo particolare della nostra tavola e delle nostre pietanze. Gli antipasti sfiziosi, i panini della casa, la frittura di pesce leggera, squisita e il vino bianco, freddo al punto giusto, profumato. Una pausa molto piacevole in cui tutto quello che avevamo detto e fatto si era concentrato in un totale, incantevole relax.
Questa fu la parte profana della nostra gita, ora ci aspettava la parte spirituale, quella per cui ci eravamo messi in viaggio. Lasciammo il mare e partimmo per Loreto.
Ci accolse la piazza della Madonna, ampia, bellissima nel sole e quando entrammo nella basilica già non eravamo più quelli del ristorante Galileo. Secoli d’arte attraverso i quali si erano alternati ed espressi grandi architetti, famosi pittori e scultori, tra marmi, ori, immagini e numerose cappelle che, nella loro semplicità, un poco contrastavano con la vastità e la ricchezza che le attorniavano. Ma fu nella Santa Casa che il senso mistico colpì più profondamente il nostro cuore. Lì era naturale pregare in un raccoglimento totale, esclusivo, nonostante la folla di visitatori stranieri e italiani che entravano e uscivano quasi in punta di piedi. Lì, proprio tra quelle due pareti di roccia, parte della casa dove aveva vissuto Maria, ci sentivamo diversi, proiettati fuori dal mondo esterno. Io credo ci siano momenti e luoghi in cui il sentimento religioso possa raggiungere il cuore di chiunque, anche di chi non crede.
Quando ci avviammo alla macchina per tornare a Roma, grazie all’ora legale il sole era ancora alto, così partimmo con la luce del giorno, nonostante fossero già le 18. Lui mise di nuovo un cd e ci furono musica e molti silenzi, infatti parlammo poco durante il viaggio verso casa, avevamo visto tanto, ci eravamo beati di tanta bellezza e ci sentivamo appagati. A poco a poco la luce cominciò a sbiadire e a catturarci fu il tramonto, anzi i tramonti, più ci avvicinavamo, più mutavano. Era stata una giornata perfetta, così perfetta da non farci avvertire nemmeno la stanchezza. Una giornata di fine settembre.
Poi è arrivato il ventisei ottobre e poi ancora il trenta e proprio in quei luoghi che, attraversandoli, avevamo sfiorato, la terra si era spaccata divorando interi paesi. Quelle immagini che ci rimandava la televisione erano soltanto distruzione, orrore, paura, dolore e disperazione. Forse, proprio per questo noi, nelle nostre case intatte, ancora ci aggrappiamo al ricordo di quella giornata così perfetta. Per difesa o semplicemente per un’idea di speranza. Perché la vita senza speranza non è più vita, per nessuno.