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La pasta secca italiana: il punto di vista degli attori della filiera

Pastifici storici in Via Roma a Gragnano
Pastifici storici in Via Roma a Gragnano

La pasta secca è senza dubbio un segno identitario dell’Italia a tavola, divenuta ormai da tempo l’icona della cucina italiana, incarna la perfetta immagine di una cultura che paradossalmente trova nella varietà delle declinazioni locali la sua cifra unificante e distintiva. Centinaia i formati e migliaia le ricette che in ciascuna preparazione ne raccontano storie, esperienze, tradizioni, gusti.
Una cultura che sembra appartenerci nel profondo, ma quanto la conosciamo veramente?
Questa incredibile varietà di forme e di sapori si riconduce tuttavia a una parola e a una sostanza, la pasta secca, fatta di un solo ingrediente, la semola di grano duro.
Cerchiamo di fare chiarezza per entrare nel merito di questo prodotto e capire come e cosa si differenzia nella produzione e nel suo risultato finale. Una panoramica che vede protagonisti gli attori diretti della produzione; tre realtà della Campania attraverso la voce del Pastificio Leonessa, del Consorzio di Tutela della Pasta di Gragnano IGP, del Pastificio Cuomo e della realtà del Pastificio Agricolo Mancini.

Le Cortecce del pastificio Leonessa
Le Cortecce del pastificio Leonessa

La materia prima è fondamentale, perché non soffermarsi e chiedersi che sapore ha la pasta?
Partiamo dalla materia prima, ossia dalla semola che, come evidenziato da Oscar Leonessa, proprietario del Pastificio Artigianale Napoletano Leonessa con sede a Cercola, afferma: ”Va da sé, che devo partire dalla semola per poi essere attento agli accorgimenti tecnici necessari. Gli italiani sono i più grandi consumatori di pasta, un grande vantaggio, che però diventa solo una conoscenza empirica, perché tante cose vengono date per scontate. Mentre chi ne mangia meno si fa molte domande, Ancora oggi non si parla in modo adeguato della semola. Si pone senza dubbio sempre più attenzione nella indicazione in etichetta di paste prodotte con 100% di grano italiano, con l’obbligo di indicarne l’origine, fattore che diventa elemento di trasparenza e che ha portato a un profondo cambiamento sugli scaffali dei supermercati, dove si è assistito alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine italiana del grano impiegato. Ma non si parla mai del gusto della pasta, anche gli stessi operatori fanno riferimento al tecnicismo”.

Oscar Leonessa
Oscar Leonessa

Quindi dove si dovrebbe spostare l’attenzione? Possibile che sia importante solo la tracciabilità della materia prima?
“Oggi per l’industria si valutano solo le proteine, che sono importanti sia per il processo di definizione della texture, sia della consistenza in cottura, ma a mio avviso non basta. La pasta è al dente, ma il sapore quale è? Da cosa è determinato? Come ci si interroga per il vino, perché non posso fare lo stesso con la pasta? Noi da alcuni anni, in collaborazione con Roberto Rubino, presidente dell’“Anfosc” (Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo) e membro del comitato scientifico del consorzio del Metodo Nobile, abbiamo messo in campo un percorso in tal senso. La voglia quindi di mantenere viva la tradizione con uno sguardo attento alla ricerca e all’innovazione, alla tracciabilità e al genuino, attraverso una produzione che ha come nuovo ingrediente il “metodo nobile”, già applicato negli ultimi anni al latte e dal 2018 applicato anche al grano. “Metodo nobile” significa produrre meno per fare più qualità – come illustra Roberto Rubino – ossia ridurre la produzione significa concentrare tutta una serie di elementi disponibili nel terreno, che donano maggiore sapore e valore nutrizionale ai cibi”. Un progetto messo in campo dieci anni fa e che ha avuto una grande evoluzione, partita dalla terra e dalla coltivazione con Metodo Nobile.
Il pastificio artigianale Leonessa presenta un metodo di coltivazione attento non solo al rispetto della qualità e del territorio, ma anche al divieto dell’uso di Ogm, diserbanti, concimi chimici, erbicidi e insilati. “Celebrare la tradizione con uno sguardo attento alla ricerca e all’innovazione, alla tracciabilità e al genuino è da sempre la linea guida della nostra azienda.”
La parte relativa al lavoro scientifico è lunga, bisogna seguire il discorso fatto nel latte, che è partito prima dal discorso della percentuale di materia grassa, fino al quantitativo di latte prodotto dall’animale e dal mangime che gli viene dato e che inevitabilmente caratterizza il sapore stesso del latte. Lo stesso concetto va trasferito sul grano, se quell’ettaro produce 60 quintali di grano o 10 quintali la concentrazione cambia. Anche sul grano dunque ci sono tanti fattori che entrano in gioco e che vanno messi in campo.

Fior di Grano Leonessa
Fior di Grano Leonessa

La certificazione e la provenienza: il punto di vista del Consorzio di Tutela della Pasta di Gragnano IGP
Parlando di Pasta non si può prescindere dalla realtà di Gragnano, Città della Pasta, dove storia e cultura di questo alimento ne hanno caratterizzato il percorso. In questa piccola cittadina dell’entroterra campano, troviamo la sede del Consorzio di Tutela della Pasta di Gragnano IGP che nasce nel 2003 dall’unione di alcune aziende storiche produttrici di Pasta di Gragnano.

Giuseppe Di Martino
Giuseppe Di Martino

La sua mission come sottolineato dal suo presidente Giuseppe di Martino: ”è la tutela e lo sviluppo del prodotto Pasta di Gragnano in Italia e nel Mondo, come ambasciatore del Made in Italy e di uno stile di vita sostenibile, sano e naturale. L’azione congiunta dei soci ha portato nel 2013 all’ottenimento dell’Indicazione Geografica Protetta, primo riconoscimento comunitario di qualità assegnato alla pasta in Italia e in Europa. A Gragnano i primi pastifici a conduzione familiare risalgono al XVI secolo e nel 1845 da Ferdinando II di Borbone fu concesso ai maestri pastai gragnanesi l’alto privilegio di fornire la corte di tutte le paste lunghe, atto che sancisce formalmente la nascita della Città della Pasta. L’IGP vincola ulteriormente la Pasta di Gragnano al suo territorio, dove solo il peculiare microclima di questo altopiano, collocato tra il mare e i Monti Lattari, e l’acqua pura e sorgiva che da qui sgorga creano un prodotto unico quando si uniscono alla semola di grano duro”.

Trafila Di Martino
Trafila Di Martino

Tanti i controlli, in aggiunta a quelli previsti dalla legge per tutti gli altri, a Gragnano si sa che ci sono delle regole approvate prima in Italia e poi in Europa ed è questo il valore aggiunto da difendere, anche da parte di chi è fuori dal consorzio per motivi personali.
Un prodotto che è emblema non soltanto dell’Italian Food, ma anche dello stile di vita sostenibile, sano e naturale che lo caratterizza.

Foto storica pasta Di Martino
Foto storica pasta Di Martino

Tra gli obiettivi del programma del Consorzio, rendere la Pasta di Gragnano IGP sempre più riconoscibile fin dal primo sguardo sullo scaffale e tutelarne la reputazione sui mercati nazionali e internazionali. La pasta di Gragnano è l’unica pasta Europea con disciplinare restrittivo, il nostro compito è quello di far comprendere non solo quanto è buona, ma anche che è parte di una storia di Italia. Si ragiona su 300 formati di pasta e su nomi legati alla storia del nostro Paese come patrimonio della storia italiana.

Museo della pasta Cuomo
Museo della pasta Cuomo

Legame con la storia, il valore aggiunto del Pastificio Cuomo
Non tutte le realtà di Gragnano rientrano nel Consorzio come nel caso del Pastificio Cuomo che vanta un nome e una storia antica nel campo del prodotto Pasta Secca.
Come racconta Amelia Cuomo, titolare insieme al fratello del Pastificio Cuomo di Gragnano:
”Per noi produrre pasta a Gragnano ci congiunge con le nostre origini bicentenarie, per il momento abbiamo scelto di non fare parte del Consorzio IGP perché non abbiamo ben chiaro in cosa si concretizzi la forma di tutela che vogliono perseguire; per il momento reputiamo che sia un gruppo troppo eterogeneo per poterne fare parte. In ogni caso noi stiamo facendo il nostro percorso di crescita, essendo tra i pastai piú antichi al mondo, per cui dobbiamo tutelare l’immagine della nostra azienda e della nostra famiglia.

Pasta Cuomo
Pasta Cuomo

Magari nel prossimo futuro è possibile che cambieremo idea. Cerchiamo di garantire al consumatore la qualità del nostro prodotto in modo trasparente. Ci stiamo affacciando al bio e a molti progetti orientati a valorizzare la nostra città di Gragnano e la nostra Campania, tali da tutelare la filiera produttiva, ovviamente orientandoci sull’uso di grano italiano. La nostra pasta subisce un processo di essiccazione lenta e a basse temperature in celle statiche. Attraverso la comunicazione che facciamo, forniamo le indicazioni su provenienza della materia prima e sistema di lavorazione. Inoltre per noi è molto importante far comprendere il valore del prodotto attraverso il racconto della sua storia. Da qui è nata l’idea del museo della pasta, ossia dal desiderio di voler mostrare al mondo i risultati della ricerca storica sulla nostra famiglia. La ricerca è durata 3 lunghi anni durante i quali è stato possibile mettere in luce quanto emerso. Attraverso la collaborazione dell’emerito professore di storia economica della Federico Secondo Silvio del Majo e della sua assistente Francesca Caiazzo, abbiamo ridato vita alla nostra tradizione storica che dal 1820 a oggi si è svolta negli stessi spazi di sempre.
La nostra in realtà è stata una scelta di vita che ci ha portato a tornare a casa dopo tanti anni di vita lontani da Gragnano”.

Massimo Mancini
Massimo Mancini

Valorizzare il grano: dal campo allo scaffale
Massimo Mancini, titolare dell’omonimo Pastificio Agricolo di Monte San Pietrangeli, in provincia di Fermo, ha raccontato la sua realtà aziendale sottolineando la garanzia di tracciabilità del loro prodotto certificata da costanti analisi di laboratorio. Per la produzione della loro pasta usano solo varietà coltivate nei loro campi, che sono state scelte seguendo specifici criteri agronomici. Intorno al pastificio, tra le colline marchigiane, si coltivano i campi da cui nasce la Pasta Mancini, come lui stesso racconta: ”Ho deciso di produrre pasta perché rappresenta la via migliore per valorizzare il grano duro che produciamo nella nostra azienda agricola. Nelle Marche c’è un’importante tradizione nella coltivazione di questa coltura e il territorio è particolarmente vocato. Attraverso la trasformazione del nostro grano duro in pasta stiamo cercando di comunicare anche i nostri valori personali e di organizzazione”.

Spaghetti Mancini linea classica
Spaghetti Mancini linea classica

In casa Mancini la tracciabilità è garantita, così come l’assenza di residui chimici, certificata da costanti analisi di laboratorio.
“La trasparenza della nostra organizzazione è alla base di tutte le scelte che partono dal fatto di comunicare tutti gli appezzamenti di terra dove coltiviamo il grano duro utilizzato per la produzione della pasta. Su ogni confezione è possibile rintracciare il giorno di produzione, di molitura e l’annata agraria. Abbiamo realizzato video che mostrano chiaramente i principi di qualità del nostro processo. Abbiamo raggiunto la certificazione BRC e IFS che sono fondamentali per garantire la sicurezza alimentare nei confronti in particolare degli Stati Uniti e anche in alcuni paesi orientali. Senza queste attestazioni praticamente non è possibile esportare in America. Abbiamo cercato anche di “imparare” dalle procedure collegate a queste certificazioni che ci stanno aiutando a migliorare tutto il processo di produzione. Queste certificazioni hanno senso anche per chi lavora con la grande distribuzione”.  
Oltre alle diciture di legge che impongono di riportare sulla confezione il paese di provenienza del grano e il paese di macinatura il Pastificio Mancini afferma che la produzione del grano viene fatta direttamente da loro, evidenziando i principi fondamentali di coltivazione del grano e quelli della cosiddetta lavorazione artigianale: “l’utilizzo delle trafile in bronzo e l’essiccazione a basse temperature. Questi ultimi aspetti sono comunque molto generici ed è necessario entrare nello specifico per capirle meglio. Noi lo facciamo creando del materiale più dettagliato”.

Il pastificio agricolo Mancini
Il pastificio agricolo Mancini

Anche per Massimo Mancini andrebbe fatta una riflessione sul sapore della pasta e sui fattori che lo influenzano.
“Per quanto mi riguarda pongo molta attenzione al sapore della pasta che coerentemente con la nostra filosofia produttiva deve sapere di grano. Non tutti si pongono questa domanda perché abituati a un prodotto “neutro” che sostiene il sugo; a mio avviso questo aspetto deve e sta maturando. Il primo punto importante per percepire il sapore di grano sulla pasta è il metodo con cui si mantiene la materia prima subito dopo la raccolta: è fondamentale pulire e refrigerare il grano per conservarne la fragranza per tutto l’anno fino alla raccolta successiva. Una volta che il grano è stato macinato, la semola ottenuta deve essere pastificata nel più breve tempo possibile. L’impasto equilibrato e l’essiccazione a basse temperature contribuiscono ulteriormente alla percezione del sapore.

Treccione pastificio Cuomo
Treccione pastificio Cuomo

L’Italia è sicuramente sinonimo di pasta nel mondo, un prodotto che tutti crediamo di conoscere, ma su cui, come raccontato dai nostri protagonisti, andrebbe fatta maggiore attenzione.
Come per tanti prodotti e alimenti bisognerebbe soffermarsi meno sulle notizie che guardano al prodotto in modo superficiale, sulla cattiva informazione spesso legata solo ai processi tecnologici o che enfatizza la dicitura “artigianale” – a oggi non ancora codificata – ma cogliere la differenza che la materia prima usata, nel caso della Pasta secca la semola di grano duro, riesce a conferire al prodotto finito, creando una differenza sostanziale nel suo sapore, tale da permetterci di scegliere con maggiore coscienza quale prodotto portare sulla nostra tavola.

Fosca Tortorelli

Fosca Tortorelli

È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, Ambiente e Storia, la tesi sperimentale dal titolo “Reinterpretare le Cellae Vinariae. Ambiente, Processo, Produzione” e una successiva pubblicazione in collaborazione con la Prof. Muzzillo F. dal titolo “Vitigni del Sud: tra storia e architettura” (Roma Natan Edizioni, 2012). Ha conseguito il Master Sommelier ALMA-AIS (luglio 2016) presso ALMA a Colorno (Parma). Fa parte dei Narratori del Gusto e insieme al Centro Studi Assaggiatori di Brescia partecipa a panel di degustazione di rilievo nel settore enogastronomico. Fa parte anche dell’associazione Donne del Vino, ha scritto sulla rivista l’Assaggio, oltre che su diverse testate registrate e ha preso parte alle degustazioni per la Guida Vitae, per la guida Slow wine 2017 e per la guida Altroconsumo. Dal 2018 è giornalista pubblicista.

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