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Lugana: il frutto salato del Garda

La Città del Gusto a NapoliUna premessa. La mia amicizia con Paolo De Cristofaro mi mette in una condizione di evidente conflitto di interessi non, di certo, in merito ai vini in degustazione ma nel raccontare, innanzitutto, del luogo dove quest’evento ha avuto luogo lo scorso martedì 30 giugno. Evitare, però, per questo motivo, di parlarvi della Città del Gusto di Napoli (by Gambero Rosso con il quale Paolo collabora, oltre che per la Guida ai Vini d’Italia, in qualità di responsabile eventi) mi sembrerebbe ingiusto e sbagliato. Perché la riuscita di una manifestazione, grande o piccola che sia, è sempre una combinazione di più fattori nessuno dei quali può, assolutamente, essere mai trascurato.
Quando sono arrivato, 2 ore circa prima dell’apertura al pubblico, per la mia degustazione “privé”, seduto e coccolato dai premurosi e bravi sommelier dell’Ais Napoli in collaborazione con i “resident” della Città del Gusto, eravamo in molti a chiederci, perplessi, chi mai sarebbe venuto ad una degustazione di Lugana a Napoli. Nulla contro la denominazione lombardo-veneta che ha dimostrato di poter esprimere bianchi dall’indubbio, anche se non eccelso, valore qualitativo ma, effettivamente, bisogna ammettere che la stessa non sia proprio conosciutissima al sud. Non ho idea di quante enoteche o ristoranti partenopei possano avere in carta (al di là di qualche blasonata etichetta, mi riferisco al Brolettino di Cà dei Frati) un Lugana, penso poche. Eppure quando sono, letteralmente, scappato via verso le 21.30 mi trovavo nel bel mezzo di una folla entusiasta di oltre 600 persone. Senza voler sminuire il ruolo che avrà sicuramente giocato la curiosità di assaggiare un bianco poco diffuso dalle nostre parti, la bravura nel comunicare l’evento nella giusta direzione o la cultura enoica dei miei concittadini, mi è sembrato di notare che la presenza di così tante persone fosse dettata, principalmente, dalla voglia di andare proprio lì, a passare una piacevole serata in questa splendida location.
Siamo nell’area di Bagnoli, della ex Italsider, eternamente work in progress, dove è nata la Città della Scienza e all’interno della cui struttura è stata allestita la costola napoletana del progetto Città del Gusto (la cui sede principale rimane quella di Roma ndr). Un grande salotto, decisamente, accogliente e ben attrezzato che può godere di un ampio spazio all’aperto a due passi dalle onde del mare. In una sera d’estate (molto calda anche se il tempo aveva fatto i capricci per tutta la giornata) non si può desiderare di meglio. Un’organizzazione quasi perfetta, il servizio attento, musica e finger food (che io non amo ma che sono l’unica possibilità quando bisogna affrontare una folla così numerosa) dagli standard davvero molto elevati hanno, sicuramente, contribuito al successo ed al riuscitissimo abbinamento tra location e evento.

Logo Consorzio LuganaI vini: lo stato dell’arte. E’ il momento di passare a vini. “Lugana armonia senza tempo” era il titolo coniato e scelto per accompagnare il banco d’assaggio organizzato, con una rappresentanza praticamente esaustiva di tutti i produttori, dal Consorzio del Lugana a voler sottolineare la capacità d’invecchiamento del bianco gardesano. Ma, come avrete notato, ho preferito rielaborare un titolo diverso per il mio pezzo e ritengo importante spiegarne il perché. Se si fosse pensato ad una degustazione dimostrativa del potenziale d’invecchiamento di questi vini sarebbe stato, a mio avviso, preferibile presentare meno etichette e invitare, piuttosto, le aziende a portare qualche vecchia annata da confrontare con quelle più giovani. Le aziende hanno, invece, portato tutte le etichette (o quasi) privilegiando l’ultima annata in commercio. In questo modo sono emersi altri aspetti molto interessanti ma sicuramente non quello di una prova del tempo. Solo i vini con qualche anno in più sulle spalle come alcune versioni “superiore” e qualche “selezione” hanno potuto lasciar intravedere questo potenziale ancora in divenire.
La cosa che mi ha più colpito, però, di questi bianchi è stata un’altra, più immediatamente apprezzabile e riconoscibile: la persistente salinità del palato che anche vini dal profilo olfattivo un po’ scontato e monocorde (più difficile cogliere, al naso, nei campioni degustati la decantata mineralità) hanno saputo imporre e, per la quale, farsi apprezzare. Ma andiamo con ordine. Il personale quadro che mi sono fatto di questa denominazione alla fine della degustazione di oltre 50 etichette (non effettuata alla cieca, sia ben chiaro, per trasparenza nei confronti di chi mi legge) è stata quella di una gran voglia di fare e di sperimentare, anche troppo. Da un lato vini d’annata, talvolta troppo semplici e anonimi, dall’altro versioni passate in legno con una dose eccessivamente generosa di rovere ancora da mettere a punto. Nel mezzo i vini più interessanti e buoni, alcune selezioni d’annata (soprattutto quelli ottenuti da cru), diversi Lugana Superiore e, raramente, qualche versione, giudiziosamente, affinata in legno.
Tra i vini d’annata voglio ricordare i Lugana 2008 di Olivini e Cascina Maddalena, il “Molin” di Provenza, il “Cascina Alberone” di Pasetto, l'”Ella” di Ancilla (Maria Teresa Rossi) e l’ “Hamsa” di Cascina Le Preseglie. Mi è piaciuto lo stile rigoroso, secco e asciutto dei vini di Otella e la buona personalità delle due etichette di San Giovanni. Su un gradino più in alto troviamo la Riserva del Lupo 2006 di Ca’ Lojera ed il Lugana Superiore “Vigne di Catullo” 2007 di Tenuta Rovaglia. Tra le versioni spumantizzate merita una citazione Hirundo, il metodo classico di Selva Capuzza, sicuramente il più riuscito in questa tipologia. Il più interessante e, lasciatemi passare il termine, dimostrativo è stato, sicuramente, il Lugana 2003 “affinato in bottiglia 5 anni” (così recita l’etichetta) di Ca’ dei Frati, in grado di coniugare gli aspetti caratteriali del vitigno con quelli più fascinosi del terroir confermando, con la sua complessità e piacevole sapidità, quella auspicata positiva capacità di evolvere nel tempo. Più in generale, la scelta produttiva che mi è sembrata dare i migliori risultati è quella del lungo affinamento sulle fecce fini in grado di apportare un maggiore volume e, soprattutto, persistenza aromatica a questi vini. Tra le versioni acciaio e legno, ho preferito quasi sempre le prime.

uva turbiana Brevissimi cenni sulla denominazione. Il disciplinare fa riferimento al Trebbiano di Soave, localmente chiamato Trebbiano di Lugana. Le più recenti indagini assicurano, però, che il genoma del vitigno da cui si ottiene il Lugana è diverso dal Trebbiano veronese, come è diverso dal Verdicchio marchigiano. E’ importante, pertanto, sapere che si tratta di vitigno indigeno, dichiarato dall’Università degli Studi di Milano esclusivo di questa zona di produzione. Nonostante la rivendicazione autoctona di una “turbiana” di Lugana distinta dal comune trebbiano non posso nascondere, da degustatore (o semplice forza della suggestione), di aver rilevato, comunque, nelle sue migliori interpretazioni il varietale nobile dei pochi grandi trebbiano italici. Con 830 ettari a vite, la Lugana è arrivata nel 2008 a vendere 8 milioni di bottiglie e punta ai 10 milioni. La Doc si riferisce a un fazzoletto di terra adiacente alla sponda meridionale del Lago di Garda, che abbraccia il comune veronese di Peschiera del Garda e quelli bresciani di Sirmione, Desenzano del Garda, Pozzolengo e Lonato. Un tempo qui c’era solamente la Selva Lucana, una foresta acquitrinosa popolata da cinghiali, cervi e daini. Il sottosuolo tradisce la sua remota origine morenico-glaciale ed è costituito da una variegata combinazione di argilla prevalentemente calcarea, ricca di sali minerali. Appunto l’arma segreta, quei sali che conferiscono l’inconfondibile timbro sapido ai bianchi che nascono dalle uve coltivate in queste vigne.

La degustazione. Avevo in un primo momento deciso di non pubblicare un resoconto dettagliato, etichetta per etichetta, della degustazione ma mi è sembrato corretto dare spazio in questo modo a tutte le aziende che erano presenti sperando di non far torto a nessuno. Tre ore per 50 vini non sono l’optimum, dal punto di vista della professionalità, ma rimango a disposizione se qualche produttore volesse avere ulteriori chiarimenti e le brevi note, da me appuntate, sui vini. Note che ho tradotto, come di consueto, in chiocciole, un giudizio sempre sintetico ed efficace. (Per la cronaca assente non giustificato il Lugana Selezione Fabio Contato 2007 di Provenza, 3 bicchieri sulla guida di quello stesso Gambero Rosso, ospite del Lugana tour…)

Ancilla – Rossi Maria Teresa
Lugana Ella ’08
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Lugana La Ghidina ’06
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Argillaia – Fabiano F.lli
Lugana Argillaia’08
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Avanzi
Lugana Doc Sirmione Vigna Bragagna ’08
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Lugana Superiore Sirmione Vigna Bragagna ’06
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Lugana Spumante M.Ch.
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Bottacini
Lugana Corte Sermana ’08
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Cà dei Frati
Lugana I Frati ’08
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Lugana Brolettino ’07
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Lugana I Frati ’03
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Cà Lojera
Lugana Riserva del Lupo ’06
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Caorsa
Lugana ’08
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Cascina Le Preseglie
Lugana Hamsa ’08
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Cascina Maddalena
Lugana ’08
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Lugana Spumante M.Cl.
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Citari
Lugana Vigneto La Conchiglia ’08
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Lugana Vigneto La Torre ’08
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Lugana La Sorgente ’08
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Feliciana
Lugana Feliciana ’08
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Lugana Sercè ’07
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Lugana Spumante M.Ch.
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Fraccaroli
Lugana Pansere ’08
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Lugana Superiore I Fraccaroli ’06
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Lugana Vègnie Vecie ’05
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Le Morette – Valerio Zenato
Lugana Mandolara ’08
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Lugana Benedictus ’07
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Marangona
Lugana Trecampane ’08
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Lugana Superiore ’07
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Lugana Superiore ’06
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Olivini
Lugana ’08
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Lugana Superiore Demesse Vecchie ’06
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Ottella
Lugana ’08
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Lugana Le Creete ’08
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Lugana Spumante M.Ch
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Lugana Superiore Molceo ’07
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Pasetto Emilio – Cascina Albarone
Lugana Cascina Albarone ’08
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Lugana I Calmi ’08
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Perla del Garda
Lugana Perla ’08
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Lugana Madre Perla ’07
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Lugana Superiore Madonna della Scoperta ’07
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Pilandro
Lugana Terècrea ’08
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Provenza
Lugana Molin ’08
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S. Cristina
Lugana ’08
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San Giovanni
Lugana Il Lugana ’08
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Lugana Busocaldo ’07
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Sgreva
Lugana ’08
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Lugana Affinato in Legno ’07
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Lugana Spumante M.Ch ’07
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Tenuta Roveglia
Lugana ’08 Lugana Superiore Vigne di Catullo ’07
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Villabella
Lugana Cà del Lago ’08
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Fabio Cimmino

Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comincia a girovagare, senza sosta, per le cantine della sua Campania Felix. Diplomato sommelier ha iniziato una interminabile serie di degustazioni che lo hanno portato dapprima ad approfondire il panorama enologico nazionale quindi quello straniero. Ha partecipato alle più significative manifestazioni nazionali di settore iniziando, contemporaneamente, le sue prime collaborazioni su varie testate web. Ha esordito con alcuni reportage pubblicati da Winereport (Franco Ziliani). Ha curato la rubrica Visioni da Sud su Acquabuona.it e, ancora oggi, pubblica su LaVinium. Ha collaborato, per un periodo, al wineblog di Luciano Pignataro, con il quale ha preso parte per 2 anni alle degustazioni per la Guida ai Vini Buoni d'Italia del Touring. Nel frattempo è diventato giornalista pubblicista.

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