Le Tre Stelle di Barbaresco: Cascina delle Rose

Giovanna, Italo e Davide. Un terzetto da immortalare in mezzo alle rose, quelle che adornano un po’ ovunque il cortile della loro casa-agriturismo, quelle che si intravedono in testa a qualche filare in mezzo alle loro vigne e, soprattutto, quelle che spuntano delicatamente mettendo il naso sopra un bicchiere di nebbiolo dei loro Barbaresco. Quest’anno Alba Wines Exhibition per Lavinium è iniziata con due giorni di anticipo rispetto alla data ufficiale: un po’ per immergersi nell’atmosfera langarola con più distensione rispetto alla frenesia delle degustazioni cieche mattutine che da lì a poco ci avrebbero completamente assorbito, un po’ per testare dal vivo le eventuali novità di una delle tante piccole realtà di Langa che già ci è famigliare su questi lidi: Cascina delle Rose. E la novità è che tra le menzioni geografiche aggiuntive che il nuovo disciplinare del Barbaresco ha accolto, ce n’è anche una denominata “Tre Stelle“: è una porzione che sta in mezzo tra il famoso Rio Sordo e la Trifolera. Poco più in là, la vista si perde osservando il mitico Rabajà. L’oramai imprescindibile mappa dei cru del comune di Barbaresco redatta da Alessandro Masnaghetti, dona tutte le minuziose informazioni per chi volesse scendere nei dettagli.
Tra queste anche il fatto che c’è un unico produttore che al momento vinifica il nebbiolo proveniente da questa porzione separatamente. Come mai? Semplicemente per sfruttare una menzione aggiuntiva consentita per avere un’etichetta in più di Barbaresco oltre al Rio Sordo? Il dubbio verrà fugato dall’assaggio, oltre che dalle parole di Giovanna e Italo: “Il terreno è lievemente diverso dal Rio Sordo. Dalle marne sabbiose si passa alle marne blu“. Pur considerando la diversa età dei vigneti sui due differenti cru aziendali, del ’75 quelle del Rio Sordo, del ’97 quelle del Tre Stelle, a parità di filosofia produttiva, sia in cantina che in vigna, le differenze spiccano con disarmante nitidezza, già a partire dal colore. Più trasparente, delicatamente nebbiolesco il Tre Stelle, più carico, non solo nel colore, ma anche nella struttura e nel centro bocca il Rio Sordo. Più delicatamente fine, femminile, floreale il primo quanto austero e fitto nei tannini con un deciso tocco di spezie il secondo. E queste differenze, molto marcate, tra i due vigneti, colpiscono già dall’assaggio dei campioni da botte del 2007 che precederanno la nostra escursione tra le annate.
È la bellezza delle Langhe, nonché la sua pazzesca difficoltà: passeggi tra i filari di Rio Sordo, senza accorgertene sei in quelli del Tre Stelle e cambia tutto. o meglio, cambia se il produttore desidera che il fascino del terroir emerga. E questo è il caso di Cascina delle Rose. Grande cura in vigna, uso di botti grandi in cantina, ma soprattutto autentica e genuina attenzione durante la vinificazione. C’è curiosità, voglia di incunearsi nei meandri del nebbiolo: “le uve del vigneto della luna che oggi fanno parte della nuova menzione Tre Stelle sono sempre state vinificate comunque separatamente dalle vigne del Rio Sordo. Infatti, ogni nostra vigna è sempre stata, e sempre sarà, vinificata separatamente da tutte le altre, per capire le varie evoluzioni, i profumi, i tannini, le acidità che i diversi terroir generano attraverso le loro molteplici sfumature organolettiche“. Di fatto, come ci spiegano Italo e Giovanna, in cantina nulla è cambiato: al di là della possibilità di poter ora vinificare separatamente il Tre Stelle, le sue peculiarità e caratteristiche erano ben presenti da sempre, per merito della vinificazione separata delle singole vigne. A seconda delle annate decidevano quanto destinare del vino proveniente da questa parcella al Langhe Nebbiolo Rio Sordo e quanto al Barbaresco Rio Sordo (fino al 2005): “Non esiste matematica in natura e quindi ogni annata ci può proporre differenti soluzioni: il Langhe Nebbiolo potrà essere 100% Tre Stelle o Rio Sordo o un mix delle 2 menzioni geografiche. L’importante è avere un Langhe Nebbiolo che soddisfi il nostro gusto e la nostra filosofia di eleganza, finezza e carattere“.
Oggi non è possibile viaggiare indietro nel tempo per cercare di verificare la tenuta e l’evoluzione del Tre Stelle. Sicché il confronto tra le due etichette di Barbaresco non può che limitarsi all’annata 2006, a breve in commercio. Dedichiamo, quindi, ampio spazio, al viaggio tra le annate del Rio Sordo che ci ha riservato non poche sorprese ed altrettante conferme.
Barbaresco Tre Stelle 2006
Color granato luminoso e trasparente insieme per il nebbiolo di questa piccola frazione, che per altro dona il nome anche alla località dove risiede l’azienda. Colpisce per nitidezza, precisione e distensione: note di pesca e piccoli dolci lamponi, amaretto, una vena minerale, fresca, che ritroviamo come finale dopo averlo assaggiato. E poi le rose bianche e le violette, eleganti e suadenti. Dritto, quasi dissetante, ha una struttura decisamente meno prorompente del vicino Rio Sordo: potrebbe sembrare più diluito e sotto alcuni aspetti lo è, ma non in senso negativo. Intorno alla piacevole trama sapida e fresca, c’è sostanza, nervosa se vogliamo, con tannini più pronti e delicati. Finale di grande persistenza. Sfiora già ora l’eccellenza.
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Barbaresco Rio Sordo 2006
Menta e un tocco di liquirizia, pepe nero ed un frutto di ciliegia di fresca incisività. Il naso rivela subito toni più decisi, potenti, così come il colore, meno trasparente del Tre Stelle. Largo, pieno, con un tannino vivo e di tessitura importante, giovane, ma già di buon equilibrio, coniuga bene irruenza e freschezza di beva. Si farà, ma è un grande esempio di interpretazione di un’annata che da queste parti è stata di bel respiro, aromaticamente meno difficile e ostica del 2005.
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Barbaresco Rio Sordo 2005
Tra gli assaggi alla cieca dello scorso anno durante le degustazioni di Alba Wine Exhibition ci aveva colpito per pulizia, specie nella trama tannica, in un’annata di non semplice decifrazione per i nebbiolo della denominazione. Meno esplosivo aromaticamente rispetto al 2006, più austero e ritroso a darsi, si caratterizza per la convincente definizione delle spezie, qui di bella profondità. Anche il tannino è meno raffinato rispetto se confrontato al 2006, ma lo slancio fresco, la tensione della struttura, un piacevole retrogusto di agrumi, fanno ben sperare per un’evoluzione che potrebbe dare grandi soddisfazioni agli amanti della classicità.
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Barbaresco Rio Sordo 2004
Quest’annata di grande solarità, prontezza espressiva e maturità del frutto fin dalla sua uscita si rivela col passare degli anni grande, piacevole e dalle caratteristiche inconfondibili: il timbro delle spezie, tipico di questo cru, ritorna preciso e ben definito, note terrose, ma soprattutto un gran frutto, maturo, ciliegioso e cremoso insieme. Ottimo il centro bocca, con una trama tannica di grande finezza, viva, ed una persistenza di grande classe ed allungo che richiama la liquirizia e la macchia mediterranea.
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Barbaresco Rio Sordo 2003
La naturale riserva idrica del vigneto è riuscita a non stressare le viti nella oramai storica e siccitosa annata. E anche nel bicchiere colpisce la piacevole e presente freschezza, il frutto maturo ma non cotto, che insieme alle note di cannella e liquirizia compongono un quadro pulito e senza forzature. La nota meno convincente risiede, come è tipico in quest’annata, nel tannino, meno fine nella sua grana. Ma ce ne fossero di 2003 così piacevolmente agevoli da bere!
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Barbaresco Rio Sordo 2002
Molte volte, riassaggiando ora i nebbioli di Langa di quest’annata, è facile cambiare il giudizio negativo che aveva contraddistinto i commenti della prima ora, avara di maturità del frutto ed equilibrio fenolico. Il timbro del Rio Sordo lo ritroviamo anche in questo millesimo, nelle spezie che mai lo abbandonano. Il frutto, delicato e sottile, di lamponi e ribes, si affianca alla scorza di arancio. Una certa diluizione nel centro bocca, un tannino ancora acerbo e lievemente verdeggiante, una struttura che fatica a trovare equilibrio ed armonia non intaccano una beva succosa e nervosa. Difficile chiedere di più.
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Barbaresco Rio Sordo 2001
La grande aromaticità del frutto, la sua maturità espressiva di prugne e confettura di ciliegie, ribes e viole, tende ad avvicinarlo al 2004. Delicatamente fresco, ha polpa, tannini di grana fine ed ancora irruenti. E’ in gran forma, gli anni non gli pesano affatto ed è ancora alla ricerca di un definitivo equilibrio che lo renderà completamente eccellente.
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Barbaresco Rio Sordo 1999
Eleganza e fragranza, un naso composito e fresco. E’ decisamente, in questo momento, in uno stato di grazia: prugne e ciliegie nere, pesca ed un floreale di viole e rose nitido, quasi dirompente, note di tabacco e di cardamomo. In bocca sfodera un tannino setoso, terroso, vivo ed equilibratissimo. Lunga la persistenza con un festival di spezie gentili che invade il palato ed il naso dopo averlo deglutito. Non c’è che dire: grande annata e grande espressione territoriale e varietale.
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Alessandro Franceschini