“Coltello in festa”: l’arte fabbrile nella città di Maniago
Destinazione Maniago, città del coltello
Si è conclusa il 4 settembre “Coltello in Festa” la kermesse friulana che ha avuto come protagonista l’arte fabbrile maniaghese, l’occasione giusta per conoscere una maestria italiana rinomata in tutto il mondo.
Utilizzato da sempre, al contrario della forchetta arrivata solo nel Rinascimento, il coltello fa parte della quotidianità, in bella mostra sulla tavola e indispensabile in cucina; ce ne sono di tutti i tipi, per forme e dimensioni, ognuno con una specifica funzione, ma raramente ci si sofferma a guardarne la praticità e bellezza.

Maniago (PN) è il posto giusto dove conoscerne la produzione e i segreti: dal 1400 centro di produzione di lame e utensili in ferro, è ancora oggi capitale del distretto del coltello e un’importante realtà economica con 80 aziende del settore. La sua forza è stata quella di riuscire ad adattarsi ai cambiamenti di mercato e delle mode, proponendo prodotti sempre innovativi e di grande qualità, senza mai perdere l’arte della lavorazione manuale, a lato dell’inevitabile industrializzazione.
La due giorni dedicata alla coltelleria ha richiamato a sé un vasto pubblico di professionisti, di appassionati e di curiosi per ammirare e acquistare coltelli di tutti i tipi ma anche forbici, cavatappi, temperini, strumenti per dentisti, per l’orticoltura, l’apicoltura e tante altre curiosità. Numerose le bancarelle in piazza per la grande mostra mercato della coltelleria maniaghese e frequentatissimi i laboratori per grandi e piccini sul tema. Molto interessanti sono state le visite organizzate alle officine della zona che hanno aperto le loro porte ai numerosi curiosi, come l’azienda Fama, la coltelleria dei Fratelli Antonini attiva dal 1929 e arrivata alla 5 generazione, produttrice di coltelleria da cucina e l’Antica Forgia Lenarduzzi dove, forse l’ultimo fabbro della zona, Michele Massaro, produce a mano coltelli on demand per i più grandi cuochi al mondo.
Il cuore dell’evento è stato il Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie, nel centro di Maniago, un vero luogo della memoria, profondamente radicato nel territorio, che racconta la storia e l’evolversi dei processi di lavorazione del prezioso metallo. Ma non solo.
Il museo e la sua comunità
Inaugurato nel 1997 grazie a un gruppo di appassionati che hanno evitato si disperdesse una cultura così antica, e rinnovato nell’allestimento nel 2004, il Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie di Maniago ha sede nell’azienda “Co.Ri.Ca.Ma.” (Coltellerie Riunite Caslino Maniago), nata all’inizio del ‘900 per la produzione industriale di lame e chiusa nel 1972. Dopo un periodo di abbandono l’edificio è stato destinato a museo, divenendo il cuore dell’arte fabbrile e della comunità che vive nel piccolo centro, famoso in tutto il mondo.
Al piano terra l’allestimento inizia con la fucina del mago, con le macchine dell’ambiente tipico dell’officina, e con dettagli interessanti sulle tipologie di lame, sui materiali e sul design del coltello. Al piano superiore sono 26 gli espositori suddivisi per temi: si trovano i coltelli per la cucina, per la tavola, per la salumeria, per la macelleria e la pesca subacquea ma anche i cavatappi, le forbici e tutta la storia della produzione maniaghese, compresi i coltelli a serramanico e i multi-lama da tasca, specialità locale venduta in tutto il mondo. Chiude questa prima parte dell’esposizione il tema del coltello come simbolo nella storia dell’arte e nelle tradizioni popolari friulane.
È questo, poi, un museo amplificatore di molti racconti e memorie. Perché la storia del coltello maniaghese e delle valli vicine è profondamente legata a tutta la comunità che affonda le proprie radici nel metallo: se un maniaghese non è un coltellaio, ha certamente gran parte della sua famiglia coinvolta nella produzione. Ieri come oggi. Da qui è partito il progetto “LAMEmoria”, il nuovo spazio del Museo, dove è stata ricostruita la mappa e i nomi delle officine grazie al ricordo degli anziani del paese che sono diventati i narratori di un patrimonio storico e culturale partecipato. C’è poi la varia umanità, facce marcate dalla fatica, dai sacrifici e dalla povertà, che si ritrovano nelle foto ingiallite dei lavoratori delle officine d’antan: i maniaghesi o chiunque abbia un pezzo di memoria da condividere può andare nel museo e, ricordando i colleghi, può aggiungere un post-it con scritto il nome della persona riconosciuta. Per non dimenticare la memoria di un tempo che non esiste più, all’interno del percorso, è stata data voce a chi ha lavorato nelle officine, molte le donne, quando ancora con il grembiule delle elementari addosso si entrava in fabbrica.

L’arte del Batafier
La lavorazione del ferro a Maniago affonda le sue radici nel ‘400, quando il conte Nicolò deviò il corso di un canale, costruendo una roggia sulla quale, grazie alla forza motrice dell’acqua, nacquero le prime officine dette “batafier o favri da gross”, cioè battiferro produttrici di oggetti grezzi per il lavoro dei campi e nella quotidianità. Solo nel secolo XVIII la lavorazione del ferrò cambiò a favore dei “batafier da fin” quindi con la produzione con oggetti più rifiniti. Per questi ultimi non era più necessaria la vicinanza all’acqua ma solo un banco da lavoro e una mola a pedale: il lavoro si postò, dunque, in abitazioni private coinvolgendo spesso tutta la famiglia, anche i più piccoli. È così che Maniago si sviluppò attraverso una sequenza di cortili chiusi dove si affacciavano le varie officine al piano terra.

Con l’inizio del lavoro in fabbrica, a cavallo tra ‘800 e ‘900, iniziò la fase dell’industrializzazione del prodotto con nuovi macchinari che ne permettevano lo stampaggio ma questo coincise anche con la salvezza dell’economia della zona e dei suoi abitanti, in una regione a grande vocazione emigratoria.
L’esperienza, la professionalità e la manualità dei coltellai maniaghesi hanno permesso alle attività di sopravvivere anche nel periodo post-industriale dove ogni officina si è specializzata in una parte della lavorazione: ogni prodotto finale è, oggi, il risultato di una serie di passaggi fatti in più laboratori.
Ci sono due tipi di lavorazioni per la produzione industriale di coltelli: lo stampaggio, eseguito a caldo, dove la forma viene data dagli stampi grazie al maglio a caduta verticale su una lamiera, per poi essere smerigliata, lucidata, con vari passaggi abrasivi sempre più fini, e affilata. Per la forgiatura, a freddo, questa viene eseguita grazie ad una pressa ottenuta plasmando un elemento semilavorato, poi temprato, lucidato e affilato. Le lame forgiate, più pregiate e costose, sono molto le più resistenti e bilanciate.

Il mondo dei coltelli da cucina
È uno degli strumenti più importanti in cucina e ogni preparazione ha il proprio coltello dedicato, differente per forma, durezza, peso, ergonomia e dimensione.
Il primo e il più importante è naturalmente il coltello da chef utile per tagliare, affettare e tritare una vasta gamma di alimenti, lungo tra i 15 e i 30 cm, dalla lama larga e pesante e una curvatura particolare che permette di eseguire tagli precisi. Tra i 6 e i 10 cm è invece lo spelucchino, utilizzato per molte lavorazioni, come pelare alcuni alimenti. Ci sono poi i coltelli da intaglio o per affettare la carne, il secondo più lungo e dalla lama più stretta, anche nella tipologia per affettare a mano il prosciutto con punta arrotondata.

Il mannarino è un coltello con lama larga e rettangolare, utile per fendere e spaccare carne e ossa, dalla lama pesante e spessa in tutta la sua interezza. Il disossatore è invece utilizzato per rimuovere le ossa dalla carne affettata: è un coltello fino, con lama lunga circa 12–15 cm, più rigido per carne di manzo o suina, e più flessibile per pollame e pesce. Il coltello più flessibile e leggero è lo sfilettatore, con lama tra i 15 e i 28 cm per sfilettare il pesce da crudo o per tipi di taglio sulla frutta e la verdura. Vi è poi la mezzaluna dalla tipica forma semicircolare e due manici alle estremità che permettono di tritare e sminuzzare con un taglio rapido, efficace e veloce.
La lama è formata dalla parte tagliente detta filo e la parte superiore chiamata costa; l’elemento che collega la lama e il manico è detto bottone o nodo mentre la punta è anche detta capo della lama. La lama in base agli usi può essere, ad esempio, cuneata, per i coltelli molto taglienti come quelli per filettare, o a rasoio, la più tagliente. Anche la costa può avere forme diverse, in base alla funzione del coltello.
I coltelli possono essere in acciaio, lega di ferro e carbonio, il materiale più utilizzato per le lame o in acciaio inox, in leghe di ferro caratterizzate, oltre che dalle proprietà meccaniche tipiche degli acciai al carbonio, da una notevole resistenza alla corrosione. La durezza di un coltello è poi una caratteristica fondamentale: rappresenta la capacità del materiale di resistere ad ammaccature o ai graffi, e ci sono diversi modi per testarla. La più utilizzata è la sigla HRc dove HR Hardness Rockwell indica la durezza secondo Rockwell e c per l’inglese “cone”, perché si basa sulla capacità di penetrazione di un cono di diamante. Un valore HRc tra 52 e 58 indica una lama più morbida, tra 59 e 60 una lama media tipica nei coltelli da chef, mentre tra 61 e 65 una lama molto dura che taglia meglio ma, essendo più rigida, può risultare più fragile. Gli acciai più duri mantengono il filo per più tempo rispetto a quelli più “morbidi”, ma sono anche più difficili da affilare e sono necessari utensili di affilatura specializzati.
La capacità di tagliare di un coltello dipende dall’angolo a forma di V formato dalla due facce della lama, che in base a come si congiungono, provocano una maggiore o minore capacità di taglio, e dalla forma della punta del coltello. Le lame “molto affilate” presentano angoli inferiori a 15 gradi per ogni parte del filo, fino a 10° per parte negli acciai più duri. Le lame usurate sono le più pericolose, perché forzano a esercitare più pressione, mettendo a rischio l’utilizzatore con movimenti incauti. I tagli netti e precisi, poi, non rovinano i cibi e riducono gli sprechi.
La dentellatura sul dorso della lama, presente nel coltello per affettare il prosciutto e il salmone permette di ridurre l’attrito tra la superficie della lama e il prodotto che si sta affettando, estraendo il coltello con minore sforzo ed evitando che l’alimento cada durante il servizio verso il piatto.
I manici, archiviati per normative igieniche quelli in legno, sono sempre più in plastica o in acciaio.
Alessia Cipolla