Valdarno di Sopra Day: si punta alla prima doc biologica d’Italia, ma con qualche difficoltà
Martedì 16 maggio presso Il Borro, sito in località San Giustino Valdarno nel comune di Loro Ciuffenna (AR), si è svolto un interessante convegno con ospiti italiani e internazionali dedicato al territorio della DOC Valdarno di Sopra, evento che ha visto la partecipazione di numerose personalità politiche e del mondo del vino. Tre ore in cui sono stati evidenziati i temi, le priorità e gli obiettivi che il Consorzio di Tutela si prefigge di raggiungere.
Valdarno di Sopra è una piccola denominazione, riconosciuta nel 2011, che occupa un territorio triangolare circoscritto dalle province di Arezzo, Firenze e Siena e coinvolge l’intero territorio dei comuni di Bucine, Castelfranco Piandiscò, Castiglion Fibocchi, Cavriglia, Civitella in Val di Chiana, Laterina, Loro Ciuffenna, Montevarchi, Pergine Valdarno, San Giovanni Valdarno e Terranuova Bracciolini, tutti in provincia di Arezzo.
A oggi comprende anche due sottozone: Pietraviva (Bucine, Cavriglia, Civitella in Val di Chiana, Montevarchi, Pergine Valdarno e San Giovanni Valdarno) e Pratomagno (Castelfranco Piandiscò, Castiglion Fibocchi, Laterina, Loro Ciuffenna e Terranuova Bracciolini).

Il Consorzio, nato grazie all’iniziativa di un drappello di produttori che avevano un progetto comune,
ha però intenzione di apportare delle modifiche piuttosto rilevanti all’attuale disciplinare, per le quali ha già avviato la procedura di richiesta al Masaf. Fra queste c’è proprio l’eliminazione delle due sottozone (in controtendenza con i consorzi di altri territori che invece puntano fortemente ad istituirle), l’inserimento di alcuni vitigni autoctoni, fra cui il trebbiano toscano che da secoli dimora in Valdarno al fianco del sangiovese, e un aggiornamento delle basi ampelografiche di alcune tipologie. La proposta di modifica al disciplinare comprende inoltre l’allargamento dell’areale di produzione, prevedendo non solo il Valdarno di Sopra della provincia di Arezzo ma anche quello della provincia di Firenze, allo scopo di ricostituire l’integrità storica e geografica del territorio vitivinicolo.

Quindi, come ha sottolineato il direttore del Consorzio Ettore Ciancico, una denominazione che mette al centro il territorio prima del vitigno, sebbene alcuni interventi, come quello dell’enologo Maurizio Alongi, abbiano sottolineato l’importanza del sangiovese, che in questo territorio dà vini molto attuali, moderni, con ph equilibrati, struttura ed estratto mai sovrabbondanti. Secondo Alongi nel Valdarno i vini a base sangiovese sono in grado di competere con quelli di territori ben più noti della Toscana. Quindi il suo consiglio è di non puntare solo al territorio ma anche al vitigno, sangiovese ovviamente.
La nota giornalista Monica Larner (Robert Parker Wine Advocate), invece, condivide una visione più legata al territorio, tanto che fu proprio lei anni fa a decidere di cambiare l’approccio con la Toscana, passando da un articolo generico a un maggiore dettaglio zona per zona.
Ma al centro del convegno ci sono altri temi di estrema importanza, come i cambiamenti climatici e la sostenibilità. Il noto meteorologo e conduttore televisivo Paolo Sottocorona è intervenuto in video call evidenziando l’importanza del microclima come elemento specifico per comprendere i sempre più violenti mutamenti climatici. Al centro c’è la ormai appurata responsabilità dell’uomo e del suo stile di vita, infatti i cambiamenti climatici sono sempre avvenuti, ma con passaggi millenari, mentre negli ultimi 120 anni la quantità di anidride carbonica è aumentata del 50%, ma di questa il 35% nei primi 100 anni, mentre in soli 20 è aumentata del restante 15%, a testimoniare come il processo sia esponenziale e, per questa ragione, tutte le manifestazioni climatiche diventino sempre più estreme e frequenti.
Oggi, anche se si fermasse totalmente la produzione di CO2, ci vorrebbero decenni per vederne i benefici a livello climatico, ma certamente la direzione urgente da prendere è in quella direzione, per contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi, che è il limite da non superare in alcun modo.
La sensazione che rimbomba nell’aria è che nessuna classe politica del pianeta ha interesse al futuro, ma guarda esclusivamente all’oggi, senza alcuna progettualità né reale intenzione di cambiamento.
Tema per il quale il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella sottolinea l’importanza dell’approccio scientifico nei confronti dei mutamenti climatici e delle possibili strade da intraprendere per contenerli e, al contempo, imparare a conviverci.
La dott.ssa Gabriella De Lorenzis dell’Università degli Studi di Milano (Unimi) ritiene che gli strumenti di contrasto che abbiamo a disposizione siano numerosi, alcuni a breve altri a lungo termine, nel primo caso si parla di miglioramento genetico, portainnesti e nuove varietà, nel secondo di molecole naturali che vengono sintetizzate in laboratorio, a doppio filamento, le cosiddette molecole Dsrna, naturali perché la pianta le produce già, che sono in grado di inibire, bloccare, alcune funzioni che la pianta svolge durante il suo ciclo vitale, per preservarla in caso sia sottoposta a prolungati stress ambientali. In viticoltura il miglioramento genetico tradizionale va affiancato quindi da quello più moderno, che richiede però una maggiore sperimentazione e la possibilità di farla non solo in laboratorio ma direttamente sul campo. Purtroppo in Italia e in Europa non è per niente facile, poiché qualsiasi prodotto è soggetto a un iter legislativo decisamente lungo, che pone davvero troppi vincoli, in contrasto con la forte urgenza di trovare soluzioni prima possibile.
Tornando al territorio, l’elemento che ne identifica maggiormente i diversi caratteri è la vigna, il ben noto “cru”, elemento sul quale il Consorzio di Tutela intende puntare con convinzione attraverso una zonazione che identifichi e classifichi le parcelle vitate che compongono la denominazione, anche qui in controtendenza rispetto ad altre denominazioni dove sono state introdotte le MGA e le UGA.
Ma l’argomento centrale della giornata è il biologico. Partendo dal fatto che sia i 19 soci produttori che gli altri 3 esterni al consorzio sono già certificati bio, si vuole mirare in alto, creando l’Associazione VigneBio Valdarno e puntando a ottenere la prima DOC interamente biologica.
Su questo punto, però, ci sono dei problemi a mio avviso insormontabili sul piano squisitamente legislativo. Ma andiamo per gradi. A testimoniare che in Europa c’è già un caso che è andato in questa direzione, è stata invitata Nicoletta Dicova, wine writer e ambasciatrice della D.O. Cava in Italia, che ci ha raccontato come il consorzio della nota denominazione spagnola sia riuscito a ottenere la certificazione biologica obbligatoria per gli spumanti di categoria “Reserva” a partire dalla vendemmia 2025.

Mi sembrano due obiettivi del tutto differenti, infatti la nota D.O. spagnola (per la quale si prevede una produzione di Reserva Bio di 20 milioni di esemplari), con l’introduzione di questo obbligo non impedisce ad alcun produttore di far parte della denominazione, ma solo di produrre spumanti Reserva se non sono certificati bio.
Completamente diverso è l’intento del Consorzio di Tutela del Valdarno di Sopra Doc, che intende rendere obbligatoria la certificazione come elemento di accesso alla denominazione. A mio avviso è un obiettivo irrealizzabile perché renderebbe la doc subalterna, dipendente da un altro disciplinare, in questo modo viene meno il significato stesso della denominazione di origine, che ha una valenza istituzionale, nazionale, mentre il biologico è soggetto a diversi enti certificatori privati, con le loro differenti regole.
Inoltre non si può porre un veto su una denominazione, impedendo il libero ingresso a quei produttori che hanno vigneti che possono essere iscritti alla doc, solo perché non hanno la certificazione.
Le mie perplessità hanno avuto conferma dopo essermi consultato con il “vicino di banco” Angelo Peretti (InternetGourmet), che di questioni legislative è un esperto, e dopo avere ascoltato l’intervento della dott.ssa Roberta Cafiero del Masaf, che ha sottolineato proprio queste difficoltà legislative.
Quale che sarà il futuro del progetto bio del Consorzio del Valdarno di Sopra, va detto che mai come in questo caso ho sentito una così forte convinzione che il biologico sia l’unica strada percorribile se si vuole salvaguardare il territorio e chi in esso vive, pensando proprio alle generazioni future, alle quali abbiamo il dovere di lasciare la migliore eredità possibile.
Roberto Giuliani