Trento Maximum Rosé sboccatura 2015 Ferrari
A fine dicembre, tornando dalla Polonia alla Sardegna per le feste natalizie, ho fatto scalo a Milano Linate e nell’atrio superiore degli imbarchi ho scoperto lo Spazio Bollicine delle Cantine Ferrari. Uno dei migliori posti dov’è possibile ristorarsi con qualcosa in attesa del proprio volo, velocemente ma in tranquillità. Ristorarsi, nel mio caso (e diciamocela giusta…), significa soprattutto bere un buon vino ed eventualmente accompagnarne i calici con appetitosi stuzzichini. Ho abbandonato da tempo la solita birra con la pizzetta o il panino, anche se spendo di più, perché abbatto lo stress del viaggio in modo molto più efficace, ritagliandomi un momento di pace dei sensi assolutamente invidiabile. Ogni volo, del resto, potrebbe essere l’ultimo, perciò… tanto vale presentarsi da San Pietro senza puzzare di fast food. Non vi sto prendendo in giro. Con la misera pensione che mi passa la previdenza sociale non potrei neanche permettermelo se non fossi anche dotato di una certa dose di follia, ma pur di concedermi un attimo di vera goduria nell’anticamera del paradiso preferisco piuttosto vivere il resto del tempo anche soltanto a pane carasau “guttiau”, magari rinforzato da filetti di sardine marinati in olio extravergine di oliva, cipolla e ginepro oppure spalmato con lo stracchino di Arborea.
Hanno un menu ricco di specialità appetitose di ogni tipo, dagli antipasti ai primi piatti, dai secondi piatti ai formaggi, dalle insalate ai dolci. Stavolta ho voluto cominciare da un calice di Ferrari Maximum Brut con degli stuzzichini di pesce: tartara di salmone fresco, carpaccio di pesce spada, code di gamberetti in marinata, tonno rosso affumicato e salmone affumicato. La fantasia del cuoco lo ha accompagnato con una ciotolina d’olio marinato con aglio nero ed erbe aromatiche e un piattino di pomodori ciliegini. Il buon brut da uve Chardonnay in purezza non reggeva però in pieno la potente aromaticità delle squisitezze di pesce. Quindi ho chiesto un calice di Ferrari Maximum Rosé, ma da una bottiglia nuova, promettendo che se l’abbinamento si fosse rivelato perfetto me la sarei poi bevuta tutta. Detto, fatto. Il sorriso complice del cameriere mi ha anticipato l’arrivo in tavola del secchiello con ghiaccio in acqua e una bottiglia stappata come Dio comanda a bordo tavola.
L’armonia di questo gran vino della sboccatura 2015, fatto da Pinot Nero al 70% e Chardonnay al 30%, era straordinaria e si sposava perfettamente già al primo attacco con il tonno rosso affumicato, perciò… «Lasci qui la bottiglia, che ci penso io!». È vero che di solito a pasto si dovrebbe spendere per il vino almeno come per la pietanza, secondo il mio modesto parere, ma l’occasione era davvero ghiotta, data l’alta qualità sia del pesce che del vino, a un prezzo più che onesto, visto una bottiglia si trova in commercio normalmente a circa 20 € e qui (in aeroporto e in tavola!) mi è stata professionalmente servita con tutti i crismi della sommellerie a soli 32 €.
Vino dal colore rosa antico elegante e luminoso, con aromi fragranti di lievito di pane e melograno che si prolungavano in bocca con piacevolezza, ricordando anche la fragolina di bosco e il pompelmo rosa, verso un finale persistente di buccia d’acino e crosta di pane sfornato da poco. Eccellente. Le uve sono state raccolte manualmente nella prima metà di settembre, per conservarne la freschezza anche nel vino che poi è maturato per almeno 36 mesi sui lieviti selezionati in colture proprie. Del resto, di esperienza con il metodo classico rosato ne hanno da più di vent’anni: mi sembra di ricordare che il primo millesimo è stato quello del 1990.
Il sogno, però, risale al 1902, quando Giulio Ferrari fondò a Ravina, nel comune di Trento, le Cantine Ferrari. Cinquant’anni dopo, non avendo figli, si era cercato un successore degno di proseguire con passione e talento la sua produzione di neanche diecimila bottiglie l’anno e lo aveva trovato in Bruno Lunelli, titolare di una mescita di vino a Trento, che nel 1952 (la mia data di nascita, perciò porta bene…) per 50 milioni di lire rilevò marchio, tenuta e cantina, tenendolo comunque al suo fianco a lavorare ancora fino alla morte. Bruno Lunelli ha creato una solida realtà per i suoi figli Franco, Gino e Mauro che, subentrati negli anni ‘70, sono riusciti a fare delle Cantine Ferrari il leader del metodo classico in Italia. Oggi è la terza generazione della famiglia Lunelli che guida le Cantine Ferrari, con i cugini Marcello, Camilla, Matteo e Alessandro.
Il segreto del successo sono le uve coltivate soltanto sulle pendici delle montagne trentine che, dai 300 ai 600 metri s.l.m. costituiscono un habitat unico per dei meravigliosi Pinot Nero e Chardonnay da spumantizzare, grazie alla forte escursione termica tra giorno e notte a fine estate che garantisce una corretta maturazione aromatica e il mantenimento di un’acidità bilanciata, quella che conferisce freschezza e longevità alle migliori riserve. E qui, ormai veramente soddisfatto del Ferrari Maximum Rosé, quando sono andato a pagare… mi sono concesso una festa: un calice di Riserva del Fondatore Giulio Ferrari 1999, un metodo classico di ben 16 anni. Mi avevano offerto ancora del pesce e del pane, ma ho voluto soltanto pulirmi bene la bocca con l’acqua e sgranocchiato un po’ di pane per concentrarmi solo su questo metodo classico eccezionale.
Senza nulla togliere al protagonista dell’articolo, il Ferrari Maximum Rosé (che, tra l’altro, è appunto quello che mi ha permesso di accedere anche a questa ciliegina finale sulla torta), vorrei spenderci due parole, perché mi ha mandato letteralmente in trance. Ero in partenza per Alghero e, quando ho messo il naso nel calice, ho avvertito subito il salmastro del bagnasciuga, il profumo di ricci, gnacchere e altri frutti di mare, poi mi sono trovato al sole fra gli aromi di macchia mediterranea, borragine e maggiorana. E sono letteralmente partito per la tangente: in un solo calice annusato e centellinato per mezz’ora non vedevo e non sentivo più niente intorno, ma chiudevo gli occhi e sognavo, immerso in un finale di miele di corbezzolo, fiori di campo, covoni di fieno e (chissà dove) anche thè di montagna a seccare sopra la pietra focaia. Vinificato con una decina d’anni di lunghissimo affinamento sui lieviti eppure dal colore vivo, brillante, d’oro con riflessi verdolini, in bocca era sapido, vibrante, con un nerbo notevole, molto gustoso, davvero sorprendente.
Mi ha stupito la freschezza marina di questo vino che non sembrava di avere sedici anni e di trovarsi nella sua adorabile adolescenza. Si tratta di un blanc de blancs da uve Chardonnay in purezza che provengono dalla più alta delle vigne dei Lunelli, circa dodici ettari tra i 500 e i 600 metri s.l.m. a pergola nell’agro del Maso Pianizza con una densità di 4.500 ceppi per ettaro sulla collina più sassosa a est di Trento, esposta e sud-ovest.
Sono rimasto a bocca aperta, perché mi ha ringiovanito per qualche minuto di almeno quarant’anni e mi ha trasportato sulla scogliera di Balai ad assaporare il mare prim’ancora dell’aereo.
Secondo me i Lunelli hanno fatto la scelta giusta: già da tempo non usano più insetticidi o acaricidi e si stanno dirigendo verso l’agricoltura biologica pur producendo quasi 5 milioni di bottiglie l’anno (oltre la metà dell’intera produzione del Trento DOC e circa un quarto di quella italiana). Con questi punti di ristoro, inoltre, hanno trovato la chiave giusta per far crescere la cultura dello sparkling menu, che è sempre più in grado di destagionalizzare i consumi di metodo classico in Italia, anche grazie alla vendita al calice e non solo dell’intera bottiglia. In Italia, infatti, c’è un retaggio del passato ancora difficile da sconfiggere: quello di concentrare i consumi di metodo classico in poche giornate l’anno. Il periodo più importante resta, purtroppo, quello delle festività, dove si concentra il 40% delle vendite poiché, nonostante il ciclo economico negativo, ai brindisi importanti non si rinuncia. I vini spumanti a rifermentazione in bottiglia si potrebbero invece bere tutto l’anno e pasteggiando, come avviene già presso quei coraggiosi ristoratori che sempre più spesso li propongono anche al calice, soprattutto all’estero, a compendio dei loro menu, grazie alla vasta gamma degli abbinamenti possibili, veramente invidiabile, con quasi tutte le pietanze di carne, pesce, salumi, formaggi e dessert.
Vorrei terminare complimentandomi con il personale dello Spazio Bollicine Ferrari dell’aeroporto di Milano Linate. Ero già uno dei “viziati” da quello altrettanto professionale e simpaticissimo dello Spazio Bollicine Ferrari dell’aeroporto di Roma Fiumicino, ma qui ho trovato un servizio ai tavoli davvero superlativo e un’atmosfera da vecchi amici, d’immediata spontaneità. Come le loro bollicine…
Mario Crosta
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